Apre il bistrot delle Lazzarelle. Dalla torrefazione del carcere di Pozzuoli al centro di Napoli

14 Lug 2020, 15:28 | a cura di
La Cooperativa Lazzarelle opera nel carcere femminile di Pozzuoli da dieci anni, con l’obiettivo di favorire l’inclusione sociale e lavorativa delle donne detenute, abbattendo la recidiva. E ora il progetto della torrefazione delle Lazzarelle si arricchisce di un nuovo tassello: un bistrot nel centro di Napoli.

Il prossimo 22 luglio il bistrot delle Lazzarelle aprirà finalmente le porte. Alla Galleria Principe di Napoli, dove il progetto vedrà la luce per iniziativa della cooperativa Lazzarelle, l’ultimo anno è trascorso tra rinvii e continui ostacoli da superare: “Abbiamo scontato diverse battute d’arresto, prima la difficoltà di accedere al credito, poi la chiusura della Galleria, sancita un anno fa per l’impossibilità di garantirne l’agibilità in sicurezza. E a marzo scorso, quando finalmente ci apprestavamo ad aprire, l’emergenza sanitaria, che ci ha costretto a procrastinare ancora”. A parlare è Imma Carpiniello, presidente della cooperativa di sole donne che nel 2010 ha avviato un bel progetto di inclusione e formazione professionale all’interno del carcere femminile di Pozzuoli (la più grande casa circondariale femminile in Italia), oggi conosciuto anche per il caffè delle Lazzarelle, prodotto nella torrefazione aperta nel carcere.

La Galleria Principe di Napoli

Il lavoro della cooperativa Lazzarelle con le detenute di Pozzuoli

Un’opportunità di riscatto reale per le detenute che partecipano al programma, seguendo l’intero processo di lavorazione, a partire dai chicchi di caffè forniti dalla cooperativa Shadilly, che a propria volta promuove progetti di cooperazione con i piccoli produttori impegnati nelle piantagioni, per assicurargli il giusto compenso. E dunque uno dei più consolidati esempi di economia carceraria in Italia, che ha il merito in più di operare nel carcere femminile, “dove è ancora più lampante il fatto che se le donne detenute avessero avuto l’opportunità di fare scelte differenti non sarebbero incappate in questa istituzione. Sappiamo troppo poco della vita in carcere, spesso immaginiamo gli istituti di pena popolati di criminali efferati, e invece l’80% dei detenuti è povera gente. Percorsi di riscatto come il nostro servono anche a sollecitare l’attenzione, far conoscere l’universo del carcere. E il bistrot ci aiuterà con una vetrina in più”. Il bistrot delle Lazzarelle, infatti, è la prima attività extra carceraria intrapresa concretamente dalla cooperativa: ha richiesto anni per essere definita e finanziata, e sarà centro di aggregazione culturale fondato sul ruolo conviviale del cibo. Si occuperà, inoltre, di promuovere tutte le produzioni carcerarie d’Italia, come pure i prodotti frutto di operazioni “sociali”, come quelli in arrivo da beni confiscati alle mafie. E insieme sosterrà i piccoli produttori del territorio.

Il caffè e le tazzine delle Lazzarelle

Il lavoro in carcere contro il rischio di recidiva

Per questo è un traguardo importante per la cooperativa, anche se apriamo in un momento complicato. Ma ci piace pensare di ricominciare col piede giusto, raggiungendo quello che è sempre stato l’obiettivo auspicato: chiudere il cerchio, offrendo alle detenute che iniziano il percorso all’interno della torrefazione l’opportunità di cimentarsi con un lavoro all’esterno, pur in regime di libertà controllata, per un graduale reinserimento nel contesto sociale. Sappiamo, perché ce lo dicono i dati, che lavorare durante la pena consente di abbattere notevolmente la recidiva (a oggi il 90% delle “lazzarelle” non sono rientrate in circuiti criminali, ndr)”. Il bistrot, quindi, è un progetto ideato per (e con) le detenute: “Lavorerà con noi solo chi sta ancora finendo di scontare la pena. Quando termina la pena, termina il contratto con noi. Solo così possiamo assicurare a più persone di partecipare al progetto, seguendone sempre poche alla volta, per accompagnarle in tutto e per tutto in un percorso che dovrà assicurargli l’indipendenza e l’autonomia una volta all’esterno”. In questi dieci anni di attività, la torrefazione del carcere di Pozzuoli ha visto avvicendarsi una sessantina di detenute, dando loro la possibilità di imparare un mestiere (regolarmente retribuito), acquisire coscienza dei loro diritti e delle loro possibilità.

La macchina del caffè al bistrot delle Lazzarelle

Dalla torrefazione di caffè al bistrot in Galleria

Ma a beneficiare di questa cura è anche il prodotto: tostato lentamente, secondo l’antica tradizione napoletana, poi fatto raffreddare all’aria, portato a maturazione nei silos e infine macinato, e imballato sottovuoto, in materiale plastico senza alluminio, adatto a essere riciclato: “Anche negli ultimi mesi il lavoro in torrefazione non si è mai fermato, la direzione del carcere è stata molto capace di gestire la situazione di emergenza. E ci è stata anche concessa l’autorizzazione per continuare a lavorare, chiaramente nel rispetto delle norme di sicurezza”. Tra pochi giorni, il caffè delle Lazzarelle sarà uno dei fiori all’occhiello dell’offerta del bistrot in Galleria, aperto dalle 10 del mattino alle 23. Il luogo è storico, pur martoriato dal degrado che un anno fa obbligava alla chiusura della galleria realizzata nella seconda metà dell’Ottocento: “Ora i lavori sono stati portati a termine, alcune attività hanno già riaperto, in autunno apriranno nuovi locali, e un’altra parte è già stata messa a bando, per trovare nuovi soggetti interessati”. Anche il bistrot contribuirà alla sua rinascita, puntando ad accogliere i visitatori del Museo Archeologico Nazionale, che è proprio di fronte.

Aperitivo con birra Vale la pena e crostini

Ci sarà la caffetteria, e una proposta di gastronomia calda, al momento in arrivo da un laboratorio esterno (“in attesa di poter realizzare una cucina all’interno del locale, non appena avremo accesso al credito”), ma con i prodotti e secondo le ricette indicati dalla cooperativa: “C’è sempre stato un discorso di appoggio reciproco ed economia solidale con le altre cooperative che operano nelle carceri e nel sociale in Italia. Per questo al bistrot useremo i loro prodotti, disponibili per l’acquisto in bottega e protagonisti dell’offerta gastronomica. Penso ai pomodori secchi e alla pasta di mandorle della cooperativa L'Arcolaio di Siracusa, ai cracker del carcere di Varese, alle birre di Vale la Pena, ai sottoli in arrivo da un terreno confiscato alla mafia, e via dicendo”. E lo spazio ospiterà anche incontri, letture, eventi culturali.

Lazzarelle Bistrot – Napoli – Galleria Principe, 25 – dal 22 luglio 2020 - www.facebook.com/Lazzarelle/ - https://caffelazzarelle.jimdofree.com/

 

a cura di Livia Montagnoli

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