Ieri, sullo scaffale di uno dei piรน grandi Elite di Roma, cโera rimasta solo una bottiglia di Gran Fruttato Monini 100% italiano. Un segnale del fatto che lโolio extravergine di oliva italiano (ovvero prodotto con olive 100% italiane) sta scomparendo? Forse sรฌ, un segnale chiaro e preoccupante o almeno una coincidenza inquietante che dร corpo concreto alle preoccupazioni che in questi mesi stanno attraversando il mondo della produzione olivicola nazionale. Preoccupazioni che non sembrano perรฒ interessare piรน di tanto la politica, che da anni e anni sta lasciando il mondo agricolo senza una visione di riferimento, senza orizzonti e in molti casi senza speranze. Ma andiamo in ordine e partiamo dai dati che abbiamo a disposizione.
Secondo i Registri Telematici dellโOlio (RTO) โ rileva un articolo di QuiFinanza a firma di Federica Petrucci โ al 30 giugno 2025 le giacenze complessive di olio in Italia erano pari a 176.529 tonnellate, ma meno della metร โ solo il 42,1% โ รจ di origine italiana. In un solo mese, tra maggio e giugno, le disponibilitร di olio EVO nazionale sono calate di circa 5.000 tonnellate, una flessione dellโ8,6%, molto piรน accentuata rispetto al prodotto importato, sceso solo del 3,6%. ร un segnale preciso: il nostro olio sta diventando sempre piรน raro e, di conseguenza, piรน caro. Una situazione paradossale per un Paese che consuma piรน olio di quanto produce: la produzione copre appena un terzo del fabbisogno nazionale, costringendo aziende e frantoi a ricorrere allโimportazione per soddisfare la domanda interna.
La campagna olearia 2025-2026 segnerร probabilmente una contrazione del 20% rispetto alla media degli ultimi cinque anni, complice un clima impazzito, tra siccitร al Sud e piogge torrenziali al Centro-Nord. Mentre le nostre campagne producono meno, i mercati esteri continuano a chiedere olio italiano, drenando parte della poca produzione disponibile. Il risultato รจ che sugli scaffali dei supermercati italiani lโolio comunitario โ soprattutto spagnolo e greco โ prende il sopravvento. Grazie anche a una precisa politica commerciale della Grande Distribuzione che sembra tornare indietro di anni nelle sue pratiche.
Nella Grande Distribuzione, i numeri parlano chiaro: nel primo quadrimestre 2025 โ segnala Alberto Grimelli di Teatro Naturale โ la quota di mercato dellโolio italiano รจ scesa al 21%, mentre nel 2023-2024 oscillava attorno al 33-34%. Se il trend continuerร , entro fine anno resterร un misero 8-10%. Nello stesso periodo, le vendite di olio comunitario sono salite da 5,3 milioni di litri (aprile 2024) a 9,3 milioni (aprile 2025). Unโinvasione silenziosa favorita anche dal ritorno delle bottiglie da un litro, piรน economiche e funzionali alla logica del prezzo civetta.
Le promozioni incessanti della GDO hanno trasformato di nuovo lโextravergine in un semplice โtraffic builderโ, un prodotto sottocosto utile ad attirare clienti nei punti vendita. Cosรฌ, sugli scaffali torna lโolio a 2,99 euro al litro: un prezzo che nessun produttore italiano puรฒ sostenere senza rimetterci.
Dietro questa corsa al ribasso cโรจ la mano dei colossi spagnoli โ denuncia Grimelli โ che hanno rafforzato la propria filiera aggregando produzione e domanda, arrivando a controllare i flussi di approvvigionamento anche in Nord Africa e Portogallo. LโItalia, al contrario, รจ rimasta frammentata, priva di grandi marchi capaci di contrattare alla pari con la Grande Distribuzione. Il risultato? I buyer italiani guardano sempre piรน direttamente alla Spagna per riempire le private label dei supermercati, riducendo lo spazio per i brand nazionali.
Questo scenario rischia di generare una โtempesta perfettaโ: meno spazio sugli scaffali per le bottiglie 100% italiane, meno visibilitร per i produttori locali, meno vendite e quindi meno redditivitร per lโolivicoltura. La stessa struttura agricola nazionale rischia di crollare sotto il peso di una competizione che non รจ solo commerciale ma strategica, con la Spagna pronta a conquistare in modo silenzioso il nostro mercato interno.
La politica sembra ignorare lโemergenza. Non esiste un vero Piano olivicolo nazionale capace di coinvolgere la GDO come interlocutore obbligato nella tutela della filiera. Manca una visione che consideri lโolio extravergine italiano non solo come prodotto agricolo, ma come bene strategico e culturale, parte integrante del nostro stile di vita e della dieta mediterranea.
Il rischio รจ che il consumatore medio perda la percezione del valore dellโolio 100% italiano, schiacciato dalla logica del prezzo. Che senso ha investire in qualitร , certificazioni DOP o IGP, se poi la bottiglia sugli scaffali viene sostituita da un generico โolio comunitarioโ venduto a metร prezzo?
Cosรฌ si scava una trincea culturale prima ancora che economica. Lโolio non รจ solo un ingrediente: รจ un simbolo della nostra identitร , della biodiversitร agricola, della storia delle nostre campagne. Se scompare dagli scaffali, scompare anche dalle coscienze.
La sovranitร dellโolio extravergine di oliva italiano non รจ mai stata tanto minacciata. Senza interventi decisi, lโItalia rischia di diventare solo un consumatore di olio altrui, perdendo un patrimonio che ha costruito nei secoli. Serve una strategia integrata che coinvolga produttori, istituzioni e GDO: incentivi alla produzione sostenibile, promozione dellโacquisto consapevole, accordi che garantiscano margini equi ai frantoi e ai piccoli produttori.
Perchรฉ se la bottiglia di Gran Fruttato Monini rimasta sola sullo scaffale รจ davvero il simbolo di qualcosa, allora รจ il simbolo di un vuoto: quello di una politica incapace di difendere uno dei pilastri del Made in Italy. E quel vuoto rischia di diventare presto irreversibile. ยซLa sovranitร dellโolio extravergine di oliva italiano โ commenta Alberto Grimelli โ non รจ mai stata tanto minacciata, nel silenzio generaleยป.
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