Nella zona sud-est di Milano, dove la cittร cambia pelle, ha preso forma una delle aperture piรน attese dellโestate: l’Oasi Caโ Granda, unโarea agricola che si fa anche luogo di incontro, cultura del cibo e ospitalitร rurale. Siamo a due passi dal cuore della metropoli, precisamente in via Ripamonti, ma lโatmosfera รจ quella della bassa padana preindustriale, solo che oggi si parla di agroforestazione, sostenibilitร e filiera corta. Il progetto nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Patrimonio Caโ Granda, che gestisce oltre 8.000 ettari di terreni storici dellโantico Ospedale Maggiore e Floresta, una giovane impresa agricola fondata da Christian Russo e Omar Bertoni, due ragazzi con radici nella comunicazione e nellโarchitettura, che hanno scelto di sporcarsi le mani, letteralmente, per dare forma a un nuovo ecosistema rurale.
Lโestate 2025 segna lโavvio della programmazione pubblica dellโOasi, e lo fa nel segno della convivialitร . Dal 26 giugno, ogni giovedรฌ, venerdรฌ, sabato e domenica, il campo si trasforma in salotto agricolo. Si passeggia tra orti sinergici e frutteti in agroforestazione, ci si affaccia sulle aree umide dove tornano aironi e rospi, si pratica yoga o si ascolta musica su un palco circolare fatto con balle di fieno. E poi, finalmente, si beve e si mangia. Il format รจ semplice e curato: due cocktail agricoli e un cestino gourmet per due persone a 30 euro. Gli ingredienti parlano di terra vera e fornitori locali: pomodorini, fragole e peperoni dellโOasi (a seconda della stagionalitร ), focaccia genovese e pane di BUM, il forno artigianale di fronte allโingresso, latticini di Zipo, piccole chicche scelte con attenzione. Un menu semplice, ma onesto, costruito per valorizzare quello che la terra e la filiera corta hanno da offrire.
Ma il cuore del progetto batte giร oltre lโaperitivo. Floresta e la Fondazione stanno lavorando al recupero degli edifici rurali della Cascina Brandezzata, che diventeranno una foresteria, una bottega agricola, un mulino per la trasformazione del grano coltivato in loco e soprattutto un bistrot contadino, dove la cucina sarร diretta estensione dei campi. Qui il piatto non si costruisce sulla carta, ma nasce dalla relazione quotidiana con il suolo, le stagioni e gli ecosistemi. Non si tratterร di un agriturismo classico, nรฉ di un ristorante urbano con orto scenografico, ma di un modello nuovo, radicalmente agricolo, dove la cura del seme รจ parte integrante dellโideazione gastronomica. Una sorta di โcucina circolareโ, dove ogni gesto agricolo ha una conseguenza sulla tavola.
Oasi Caโ Granda non รจ un caso isolato, ma parte di un movimento piรน ampio che sta riscrivendo il rapporto tra cittร e agricoltura. A Milano, ad esempio, Cascina SantโAmbrogio, gestita da CasciNet, รจ diventata un punto di riferimento per lโagricoltura sociale e la rigenerazione urbana, con progetti che spaziano dalla permacultura alla ristorazione sostenibile. Poco piรน a nord, nel Parco Nord, lโOrtoComune Niguarda coinvolge i cittadini in un orto-giardino collettivo, dove si coltiva insieme e si sperimentano varietร rare, con un forte impatto sociale e formativo. Ma, anche fuori dalla Lombardia, il fermento รจ evidente: a Torino, la startup Citiculture sta piantando vigneti urbani in contesti aziendali e scolastici, mentre a Cascina Falchera si sperimenta un modello di agricoltura periurbana condivisa. A Bologna, progetti come Kilowatt e VETRO stanno trasformando ex serre e spazi dismessi in hub agricoli e culturali. Quello che distingue lโOasi Caโ Granda, perรฒ, รจ la sua profondissima stratificazione storica: essa, infatti, haย radici nei lasciti del Quattrocentoย e una posizione logistica unica, tra i campi e la cittร , a pochi passi dalla metropolitana e in una Milano che riscopre, forse senza saperlo, una cittร che coltiva, cammina, degusta, ascolta e si prende tempo.
Oasi Caโ Granda non gioca alla sostenibilitร : la pratica, la semina, la coltivazione fanno parte di una visione concreta e quotidiana. Qui, ogni porzione di campo ha una funzione che va oltre la produzione: รจ osservazione, apprendimento, relazione. Non si tratta di un allestimento rurale da fotografare, ma di un ambiente agricolo reale, che si offre alla cittร come spazio vivo e accessibile. Il cibo, in questo contesto, non รจ un racconto costruito: รจ un fatto. Ha un’origine tracciabile, una stagionalitร rispettata, una lavorazione essenziale. L’idea, insomma, รจ quella di ripartire dal paesaggio agricolo come infrastruttura culturale. Di dare al cibo un tempo lungo, unโorigine vera, una narrazione che parte dalla zolla e arriva al bicchiere. E chissร che, magari tra qualche estate, potremo dire che la migliore tartare di Milano non si mangia in centro, ma in un campo di fronte agli aironi.
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