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La Reunion

Chiamateli Beck’s Boys: storia di una generazione cresciuta alla Pergola

All'Ineo dell'Hotel Anantara di Roma si sono riuniti per la prima volta i Beck's Boys: in tre per una cena a sei mani. Ricordando tutta la squadra degli allievi di chef Heinz

  • 24 Giugno, 2025

Se ne parla più nel mondo del vino, dei team giovani che interpretano l’anima di un terroir. Abbiamo scritto dei Barolo Boys, dei Catarratto Boys, dei Verdicchio Boys… giusto per citarne alcuni di cui abbiamo scritto nel corso degli anni. Poi, abbiamo citato – ma spesso in singole storie – gli allievi usciti da scuole e cucina importanti: i Marchesi Boys in primis. Ma anche i Colonna Boys e i Genovese Boys… e ancora i Pinchiorri e i Trovato Boys. Ci mancavano, però ancora, i ragazzi usciti da una grande scuola di cucina e di ristorazione: quella che illumina da 30 anni Roma dalla collina di Montemario. Parliamo della Pergola dell’Hilton (ora del Rome Cavalieri), ovvero dei Beck’s Boys. Nel senso di Heinz, lo chef giunto nella Capitale proprio mentre uno come Antonio Sciullo (unica Stella romana, in quel periodo) lasciava il Relais le Jardin al Lord Byron. In quegli anni “il tedesco” allievo del grande Winkler comincia a riscrivere il fine dining capitolino in un dialetto romano che però punta a farsi capire nel mondo intero. Quello gourmet, almeno. E ci riesce. Da lì, dalla Pergola, sono usciti alcuni dei migliori talenti ai fornelli d’Italia e non solo.

La prima Reunion dei Beck’s Boys

La prima Reunion dei Beck’s Boys è andata in onda la sera del 23 giugno, ai tavoli del ristorante Ineo dell’Anantara Palazzo Naiadi a Roma. Padrone di casa Heros De Agostinis (a destra nella foto di apertura) che con Beck ha passato almeno dieci anni divisi in più fasi e periodi. Con lui i colleghi incontrati durante il percorso in Italia e all’estero (Londra in primis) nelle cucine firmate da Heinz Beck: Delfo Schiaffino (al centro nella foto di apertura) – ora è titolare di un relais in un borgo del ‘700 in Umbria, Il Posto, e cucina allo stellato La Speranzina di Sirmione – e Gianluca Renzi (a sinistra nella foto) che da un anno è diventato Resident Chef al Relais Le Cattedrali by Cannavacciuolo (sempre con Stella), nel cuore di Langhe, Roero e Monferrato. Sono loro tre i primi a proporsi in un progetto di cena a sei mani: piatti diversi, molto molto diversi, eppure allo stesso tempo assolutamente coerenti tra loro in un percorso riconoscibile e altamente godibile.

Chi sono i Beck’s Boys

Non sono solo loro, però, i membri della squadra dei Beck’s Boys, anzi. Non è facilissimo trovarli, perché lo chef tedesco naturalizzato romano è abbastanza – e si capisce anche! – geloso dei suoi ragazzi, li vorrebbe tutti per sé nei suoi progetti in giro per il mondo. Loro però, ogni tanto si staccano ed emergono. E si distinguono, anche, per la loro cucina gioiosa, pulita, salutare, ma anche godibile e goduriosa. Uno di loro, per esempio, è Federico Zanellato (a destra nelle foto sopra) vero fuoriclasse che tiene alto, anzi altissimo, il buon nome della cultura gastronomica italiana nel mondo, a Sidney in particolare: il suo LuMi Dining ha ottenuto le Tre Forchette per la nostra Top Italian Restaurant in the World ed è stato Ristorante dell’Anno nel 2018, ha aperto uno dei migliori bistrot della cittadina australiana e ha dato vita a una bakery che è la migliore della capitale del Nuovo Galles del Sud e tra le più grandi città australiane.
Nella squadra dei vincenti c’è anche Carmine Amirante (a sinistra nella foto sopra) che dopo La Pergola a Roma e l’esperienza di Beck a Tokyo, è approdato al Cà di Dio, iconico hotel 5stelle di Venezia dove è executive chef del fine dining Vero, del ristorante Essentia e del cocktail bar Alchemia.

Di Gianluca Renzi parleremo meglio attraverso i suoi piatti, ma la sua storia vede 10 anni con Beck prima in Pergola e poi come executive al castello di Figline in Toscana e in un passaggio da Attimi a Milano. Delfo Schiaffino ha una storia più articolata e global, avendo cominciato con Winkler in Baviera, poi passato alle cucina tristellata di Jonnie Boer (lo chef che si è spento un paio di mesi fa) in Olanda e ancora al fianco di Heros De Agostinis al Brown’s di Londra e ancora in Portogallo e a Taormina (oltre che in Pergola) sempre per il vessillo di Beck.

E ancora, tra i Beck’s Boys, non possiamo non citare Giuseppe Molaro (nella foto qui sopra) con il suo stellato Contaminazioni a Somma Vesuviana (NA)

e Davide Pezzuto che ha una stella rossa e una verde a Montepagano (Teramo) con il suo ristorante diffuso D.one. E ancora Luca Piscazzi che dopo aver preso le due stelle al Four Season Trinity Square di Londra è approdato al Pelagos di Atene (sempre all’interno del Four Season) ottenendo un’altra stella. Per non parlare poi di un’altra stella – questa volta però della panetteria –

roberta pezzella_pagnotta ape|roberta pezzella|roberta pezzella|roberta pezzella croissant|pane di roberta pezzella|pane di roberta pezzella|pane di roberta pezzella|roberta pezzella|pane di roberta pezzella|roberta pezzella e gabriele bonci|pezz de pane roberta pezzella||Frosinone e Roberta Pezzella

che porta il nome di Roberta Pezzella (foto qui sopra) – che in Pergola si occupava di bakery – e del giovane Daniele De Santi che era stato party chef con Heros al Lanesborough di Hyde Park Corner sempre a Londra e sempre per Beck e ora è l’executive pastry chef dell’Anantara Palazzo Naiadi di Roma. Qui a Roma dove chef Heros è tornato dopo vorticosi giri del mondo tra Europa e Asia, le stelline della Rossa non si sono ancora fatte vedere. Ora – certamente non vogliamo interferire con le logiche e con le scelte della guida francese – se c’è un ristorante a Roma che merita la stella crediamo sia davvero questo dove Heros propone con coraggio la sua “cucina meticcia”, fatta di territorio e di mercato (quello etnico dell’Esquilino) e di tradizioni familiari divise (o meglio intrecciate) da Eritrea e Abruzzo. Un’affermazione, questa, confermata ancor più dalle cena dei tre colleghi-amici nella sala dell’Anantara a Roma.

La nuova Pergola di Heinz Beck apre a maggio||

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L’insegnamento di chef Heinz

«Facendo due conti, abbiamo calcolato che noi tre abbiamo dato oltre 30 anni a chef Beck», sorridono i tre chef protagonisti della cena all’Ineo di Roma. Hanno dato, ma cosa hanno preso? Gianluca Renzi: «Applicazione e perseveranza, ordine e pulizia, tanta disciplina. A me chef Heinz ha insegnato quasi tutto in cucina: anche perché 16 anni fa non c’era la possibilità di scambio sui social che c’è oggi. Mi ha insegnato come si costruisce un piatto, partendo dall’impiattamento prima anche di arrivare al gusto. Ho fatto l’Universita in Pergola e mi ha fatto gestire Figline ad appena 24 anni».
Delfo Schiaffino: «Chef Beck mi ha insegnato come gestire una cucina a livello europeo. Nei piatti ho capito come mettere leggerezza e gusto in una nuova idea della cucina italiana anche dal punto di vista della salute».
Heros De Agostinis: «Mi ha insegnato tutto. Ho iniziato a 18 anni e ho conosciuto chef Heinz nel suo momento più energico. Aveva 31 anni: per la ristorazione romana è stata una sferzata vera».

La bella cena dei tre Beck’s Boys

Dopo i piattini di benvenuto che hanno preparato alla cena, comincia lo scorrere dei piatti. Ecco i “Pomodori e pomodori ghiacciati” (foto qui sopra) di Gianluca Renzi: un inno all’ingrediente principe dell’estate con i pomodori gestiti in 13 diverse consistenze, temperature e strutture. Piatto molto particolare al primo contatto visivo, ma poi assolutamente godibile in bocca con l’aroma dei pomodori che scorrazzano tra le papille cedendo profumi e consistenze che si rincorrono fino alla fine.

Segue lo “Storione bianco ai tre caviali, rafano, ponzu affumicato e menta” di Delfo Schiaffino. «Per fare un caviale perfetto, serve un pesce perfetto. Eccolo…», sorride lo chef. Così il pesce è trattato come un prosciutto, tra macinatura e affumicatura e poi passato a bassa temperatura per giungere ai 45 gradi al cuore. Un burro e al tempo stesso una carne grintosa: un modo assolutamente insolito di mangiare lo storione che lascia del tutto soddisfatti con accostamenti armonici e nervosi al tempo stesso tra caviale “vero” di salmerino, caviale “finto” di ponzu e super caviale di storione stesso.

È la volta di Heros con i raviolini – in realtà lui li chiama Berlingot, dal nome di una caramella a forma triangolare tipica di Carpentras (cittadina della regione Alpi-Provenza-Costa Azzurra) creata all’inizio del ‘400 da chef Sylvestre per il Papa Clemente V: sono ripieni di muhammara – salsa mediorientale a base di pomodori, peperoni, noci e melassa di melograno – e conditi con frutti di mare e baharat (un misto di spezie) dello chef. Piatto molto gustoso e centrato, dove l’italianità è data dalla pasta ripiena e dai frutti di mare, mentre le salse e le spezie parlano la lingua dell’altra sponda del Mediterraneo. Con un piccolo omaggio – nella forma – alla regione dove Heros ha cucinato al fianco del grande Marc Veyrat.

Torna un piatto di Renzi: omaggio al Piemonte, sua attuale patria, e alla gallina bianca di Saluzzo che va a riempire i raviolini del Plin conditi con un ristretto di funghi e salse di Parmigiano e di Gorgonzola.

Ed ecco il mare ligure con Delfo, originario di Portofino da cui ad appena sei anni è salpato per Dortmund: il Morone è un pesce di fondale della famiglia dei merluzzi. Ma la particolarità sta nell’abbinamento a panna, burro e formaggio. «Ho voluto sfatare questi pregiudizi propri sprattutto della tradizione italiana: basta dosare e armonizzare con criterio e gusto gli ingredienti, insieme a una buona tecnica: sentirete che sapore tira fuori questo pesce!» Ha ragione: un pesce bianco come non l’avete mai mangiato. Bella esperienza e tanta golosità, neppure mezza stonatura.

Siamo così giunti al piatto forte di Heros, l’anatra con finferli, ciliegie, datteri rosso e lattuga di mare. Innanzitutto, colpisce la qualità della materia prima. Non è facile, assolutamente no, trovare un’anatra di questo livello: viene dalla Francia ed è allevata dalla famiglia Mieral al pascolo negli stessi campi dove ruspano i polli di Bresse. È un grande esempio di cacciagione: dall’Alto Adige vengono le ciliegie – sono impresse nel diario di bordo dello chef che a Merano ha passato diversi anni – e anche i fingerli. La lattuga di mare ricorda il mare, sempre amato da De Agostinis e dall’Indonesia – altra tappa professionale – il pepe Cubebe, che fa davvero la differenza in un piatto costruito su più livelli e toni di sapori e aromi, intrigante e appagante. Un piatto che non richiama immediatamente un’impronta beckiana, ma che riflettendoci un po’ su è del tutto coerente con l’impostazione che lo chef bavarese ha passato a questi “ragazzi”.

 

 

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