Lo stato di emarginazione che affligge il Quarticciolo è cronaca, del presente e non solo del passato. Una vecchia storia del tessuto urbano di cui il comune di Roma aveva preso atto già nel dopoguerra adottando delle misure per scongiurare l’isolamento deleterio di quest’estensione del quartiere Alessandrino, ricordata ancora oggi come costola eroica della Resistenza. Poco dopo l’intervento pubblico degli anni Ottanta, la borgata contava una scuola elementare, due cinema e un mercato coperto. La realizzazione di una linea tram — il 14 — e della Palmiro Togliatti poi avrebbero dovuto favorire maggiore accessibilità e vitalità a uno spazio cittadino allora palcoscenico del teatro sperimentale e impegnato di Dario Fo.
Adesso, con il caldo afoso sembra di camminare in un deserto su cui è calato il buio: saracinesche dei negozi abbassate — il mercato non esiste più — con piani terra delle stesse attività commerciali lasciati all’incuria. Lo spaccio e la monocultura del crack, insieme all’assenza di servizi pubblici essenziali (il consultorio di via Manfredonia lavora “a mezzo servizio”), non rendono la situazione delle migliori. E alla criminalità, alla povertà, all’alto tasso di disoccupazione e dispersione scolastica lo Stato ha risposto solo muscolarmente imponendo il modello Caivano, un piano straordinario applicato ad altri comuni, concepito per ristabilire la legalità e riqualificare un territorio “degradato”, ma che non terrebbe realmente conto della dimensione sociale, quanto possa aiutare i residenti a uscire fuori dalla situazione di precarietà infrastrutturale. La recente partecipazione dal basso però ha riacceso le speranze di chi, lasciato solo dalle istituzioni, si era rassegnato. Grazie a volontari e attivisti che hanno messo in piedi doposcuola, ambulatorio e palestra la gente del quartiere può appoggiarsi finalmente a qualcuno per informazioni e sostegno. Rema nella stessa direzione il progetto autogestito di Bottega Quarticciolo, che raggruppa alcune di queste iniziative per trasmettere una diversa consapevolezza alimentare alle 6 mila anime che abitano il posto.
La voglia di rianimare il quartiere e far ripartire la sua economia orienta molte delle attività organizzate dal collettivo Quarticciolo Ribelle, contenitore di una serie di realtà di “presidio” come il Doposcuola Quarticciolo e l’Ambulatorio Popolare Roma Est, forme alternative di assistenza sociale e culturale, in sinergia fra loro e diventate riferimento alla luce delle carenze mostrate dal pubblico nella zona. Basta guardarsi intorno. «Se entri al Quarticciolo la prima cosa di cui ti accorgi è che non si trova una saracinesca alzata. Sono poche le attività superstiti; resistono il mitico Sergio con la sua macelleria, il bar di Rosy e quello del teatro, la pasta all’uovo di via Molfetta, la farmacia e la tavola calda/casalinghi di Carmine (commerciante che ha dovuto integrare l‘offerta per non chiudere)». A parlare è l’architetta e ricercatrice in studi urbani Flavia, fra le più operative di Bottega Quarticciolo, progetto che ha vissuto sabato 31 maggio all’interno della Casa di quartiere di via Ugento probabilmente una delle tappe più rilevanti: il ritorno di un mercato “rionale”, considerando che erano passati 20 anni dall’ultima volta, prima che la grande distribuzione prendesse il sopravvento.
Per arrivare sin qui, l’impegno dei contadini Matteo Tunesi ed Edoardo di Rebel Farm si è rivelato cruciale. Anche perché degli artefici dell’iniziativa, gli altri del collettivo Quarticciolo Ribelle sono partiti quasi da zero: «Quando veniva ad allenarsi – racconta Flavia – Teo ci portava le cassette di verdura. La proposta del mercato nasce così nella Palestra Popolare Quarticciolo. Insieme a lui, che rifornisce con i prodotti dei suoi campi a Zagarolo diversi ristoratori e botteghe della città — dall’enoteca L’Antidoto, passando da Pizzicarola fino a Piccola Bottega Merenda — abbiamo attivato un gruppo d’acquisto che prevede la consegna di ortaggi ogni giovedì. Piano piano stiamo costruendo una mailing list con persone che vogliano acquistare. Abbiamo ampliato peraltro la disponibilità attraverso una rete di produttori frutto di un’operazione di networking fatta di concerto con Matteo». Il mercato viene inteso dal comitato di organizzazione come un’opportunità di aggregazione per confrontarsi sui temi dell’alimentazione a fronte delle capacità di spesa che qui sono limitate.
Parte del banco dell’azienda Agricola Janas
L’esigenza di educare al consumo le persone offrendo un’opzione diversa rispetto al supermercato, rendendo magari accessibile l’agricoltura di qualità, deriva dalla constatazione di comportamenti alimentari sbagliati e diffusi tra i residenti (sarebbero molti i bambini ad avere problemi di sovrappeso). Come confessa Pietro, uno dei membri del collettivo e fra le voci di Bottega Quarticciolo che ha pianificato il mercato: «A fare pugilato assieme ai ragazzi di 9 anni scopri che fanno colazione con la bevanda energetica Red Bull. Ci siamo allora interrogati nel tentativo di capire in che modo potessimo risolvere queste criticità di fondo». In tal senso dibattiti e documentari previsti negli incontri sono volti a indirizzare la collettività locale verso una dieta più sana.
Flavia ci racconta infatti che le scelte d’acquisto non sarebbero dettate solo dalle difficoltà economiche esistenti: «Ci poniamo la sfida di portare gli abitanti del Quarticciolo ad abbandonare un certo tipo di schema mentale e di spesa. Qua le famiglie non è che non spendano per mangiare. Semmai lo fanno male; possono farsi una cena fuori, in un ristorante di periferia che in realtà non vale il prezzo: non è così buono rispetto a quanto costi. Allo stesso tempo, si rivolgono alla grande distribuzione comprando all’Esselunga qui vicino. E confrontando i prezzi (insieme a quelli di mercati e piccoli alimentari) non è che vi sia questo gran risparmio. Perciò stiamo tentando di portare avanti un discorso di sensibilizzazione». Per farlo, il mercato, il gruppo d’acquisto settimanale a esso connesso e lo sportello nutrizionale dell’ambulatorio autogestito possono rivelarsi essenziali.
I mercati rionali nella loro vecchia configurazione però stanno morendo. Oggi il mercato richiede attività ricreative che diano nuova linfa al modello di un tempo, costituito semplicemente dai banchi di vendita. Prospettiva chiara al Quarticciolo Ribelle che, come avvenuto il 31 maggio, intende integrare il “momento” con laboratori, presentazioni di libri ed esibizioni musicali. Conscio che nel 2025, a prescindere dal contesto popolare in cui ha luogo il mercato, occorre ragionare in primis sulla sua sostenibilità economica: produrre e distribuire cibo “sostenibile” implica costi diversi da quelli delle filiere su cui si reggono le catene dei supermercati.
Nei mesi scorsi numerose tappe intermedie si sono susseguite per preparare il terreno al ritorno del mercato al Quarticciolo. Appuntamenti che hanno visto come protagonisti alcuni nomi noti del mondo gastronomico: La Baia a Fregene, Iotto a Campagnano, Mangiadischi e Sacro Trattoria Agricola nella Capitale. Sinora ogni “Cena di Quartiere” ha ospitato sempre un ristorante e una cantina. E mercoledì 25 giugno sarà il turno di Taverna Cestia in mezzo al verde di via delle Ciliegie. Un’altra serata in cui poter vivere attimi di rara condivisione; l’architetto Flavia ne sottolinea con entusiasmo la “peculiarità”: «La cosa bella di queste cene è che allo stesso tavolo si trovano a conversare persone di estrazione sociale diversa. Una persona del quartiere Prati seduta accanto a una di quarto lotto di Quarticciolo».
Entire Brewing + Birrificio Popolare Quarticciolo
Per capire meglio dove stia andando il progetto del mercato — da considerare insieme alle altre iniziative di Bottega Quarticciolo — abbiamo chiesto direttamente a Matteo Tunesi, che vorrebbe diventasse a tutti gli effetti un appuntamento fisso: «Abbiamo fatto un tot di cene d’avvicinamento all’evento di oggi affinché non venisse percepito come un corpo estraneo. L’idea è di riaprire un mercato rionale più o meno permanente per consentire a chi non ne avrebbe le possibilità di rifornirsi di prodotti salutari e di qualità (altrimenti accessibili a poche nicchie dei quartieri gentrificati o benestanti). Sarebbe bello riuscire a coinvolgere appieno la gente del quartiere all’interno di una dimensione in cui il produttore non è il classico orto mercato ma siamo noi aziende agricole (senza intermediari). Un po’ quello che facciamo già altrove, nei territori in cui utilizziamo l’agricoltura per costruire comunità e nuove economie territoriali. Fra l’altro tutti i produttori presenti concepiscono il lavoro agricolo — organico e rigenerativo — quale forma di attivismo».
Intanto possiamo dire che quella del 31 maggio è stata un’iniziativa di successo. Il “primo” mercato ha alimentato pure l’interesse e il coinvolgimento di entità dal tenore istituzionale (da Slow Food al Consiglio del cibo di Roma), oltre a produzioni virtuose quali L’orto di Teo e Agricola Janas. Tra agroalimentare, artigianato e food & beverage circa 20 banchi sistemati nell’area della Casa di Quartiere a ridosso del parco Modesto di Veglia. Una giornata di sole all’insegna della convivialità, accompagnata da grigliate di carne e panini golosi preparati dal Laboratorio di Ristorazione, squadra di cucina guidata da Arianna che arruola donne di Quarticciolo e dintorni disoccupate o in condizioni di lavoro precario, con l’obiettivo di garantire loro presto la piena professionalizzazione. Da bere anche la birra del Birrificio Popolare Quarticciolo, ulteriore segmento di Bottega Q. che agevola l’autofinanziamento del collettivo facendo cassa con la produzione, in collaborazione con il mastro birraio Tiziano dell’azienda Entire Brewing. In ogni caso la manifestazione ha avuto risonanza mediatica. Soprattutto, un’ottima risposta sul territorio con flussi di interessati da altre aree della città. Pure i più scettici del quartiere si sono avvicinati all’evento. Ne saranno felici le signore del Quarticciolo che a lungo hanno sostenuto che dalla chiusura del vecchio mercato il quartiere avesse preso una brutta piega.
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