Lo spiegone

Buoni pasto, scendono le commissioni: cosa cambia per chi li usa (e cosa per chi li accetta)

Da lunedì 1 settembre 2025 le commissioni massime sui buoni pasto scendono al 5%, ecco chi godrà delle nuove regole e a chi non cambia nulla

  • 02 Settembre, 2025

Da lunedì 1° settembre 2025 scende al 5 per cento il tetto massimo sulle commissioni dei buoni pasto che ad oggi potevano arrivare fino al 20 per cento. La norma, inserita nel ddl Concorrenza approvato a dicembre 2024, è pensata per alleggerire il peso dei ticket su ristoranti, trattorie, alimentari e bar. Attualmente, infatti, gli esercenti sono tenuti a stipulare contratti con aziende emettitrici di buoni pasto che prevedono commissioni che, in alcuni casi, raggiungono il 15-20 per cento. L’introduzione di queste nuove regole consentirà agli esercenti di ottenere un guadagno aggiuntivo di 1,20 euro per ogni buono pasto da 8 euro utilizzato nel loro locale.

Buoni pasto: vantaggi e svantaggi per i lavoratori

Per i 3,5 milioni di italiani che usano ogni giorno i buoni pasto non cambia nulla. Il valore del buono resta fermo a 8 euro esentasse per il buono elettronico e 4 euro per quello cartaceo. E con sé restano tutti i problemi già discussi in passato partendo dalla difficoltà di coprire un pasto con 8 euro, un importo che fino a qualche anno fa poteva bastare, ma che oggi, con i prezzi in continua crescita, raramente copre un pranzo, soprattutto nelle grandi città.

A guadagnarci davvero, almeno sulla carta, dovrebbero essere quindi bar, trattorie e ristoranti che avranno meno commissioni sui buoni e saranno quindi più inclini ad accettarli. Se il meccanismo funzionerà, i lavoratori potranno beneficiare indirettamente di un’offerta più ampia di locali disposti a ricevere i ticket, riducendo quel paradosso nel quale molte persone si ritrovano: avere i buoni in tasca, senza avere la minima idea di dove usarli.

Resta quindi un grande nodo centrale che non si riesce a superare, un problema che è stato più volte sollevato dalle associazioni di categoria: l’adeguamento della soglia esentasse a 10 euro per i buoni elettronici come accade già in altri paesi così da far aumentare il potere d’acquisto del lavoratore e la possibilità di utilizzo del buono. Perché se per molti l’abbassamento delle commissioni è una boccata d’ossigeno il vero nodo rimane quello di coprire una pausa pranzo con un buono di 8 euro in un paese dove anche un piatto di pasta costa spesso di più.

Un argomento che divide

Giancarlo Banchieri, presidente di Fiepet Confeserenti, la Federazione italiana esercenti pubblici e turistici, sostiene che questa mossa permetterà agli imprenditori di risparmiare complessivamente fino a 400 milioni di euro l’anno e che aiuterà bar e ristoranti a respirare in un periodo storico dove la materia prima costa sempre di più ed i margini di guadagno calano a picco. Ma non tutti sono di questa idea dato che l’Ansemb, l’Associazione nazionale società emettitrice buoni pasto, sostiene che con il tetto al 5% il rischio è quello di un innalzamento dei costi del 6% per le aziende che tradotto in numeri sono circa 180 milioni di euro l’anno.

Il problema del POS unico

La Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, ha sottolineato che il tetto del 5% deve valere per l’intero percorso del buono pasto, fino alla fase di fatturazione. Questo perché negli ultimi anni si è diffuso il cosiddetto POS unico, cioè dispositivi messi a disposizione da aziende terze, e non dalle società emettitrici, che consentono di accettare con un solo terminale tutte le tipologie di ticket. L’uso di questi POS non è obbligatorio né vincolato a un’emittente specifica, ma rappresenta una scelta libera dell’esercente. Una scelta che però comporta un costo fisso non trascurabile di circa 250 euro all’anno.

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