Per il momento, si limitano a regalarci perle di cultura tra una premiazione e una predica, tra un’intervista e una passeggiata sulle acque. Ma sento che non è lontano il giorno in cui le star della cucina assurgeranno agli scranni del Parlamento. Hanno tutto quel che occorre per ricoprire i ruoli chiave del Paese: fame di palcoscenico, passione per la tuttologia e un bagaglio di incrollabili certezze. Ma il tratto distintivo che sembra legare più saldamente politici e chef di grido è un’innata vocazione per gli strafalcioni storici e grammaticali, declinati con la massima sicumera.
Valerio Massimo Visintin, il critico mascherato, ha la sua rubrica fissa sulla rivista mensile Gambero Rosso
A fine febbraio, per esempio, Iginio Massari si è difeso dalle critiche mosse al prezzo delle sue chiacchiere di Carnevale (100 euro al chilo), intavolando una surreale lezione di italiano: ?«Lo sai la differenza che c’è tra caro e costoso? – ha spiegato all’incolto pubblico – È caro tutto ciò che si vende a un valore superiore della qualità che ha. Costoso: non tutti se lo possono permettere». Ovvio che, per il divino Iginio, i prodotti in uscita dal suo laboratorio siano destinati crudelmente a una élite. Come dargli torto? Ma la pretesa didattica sulle differenze tra caro e costoso è un’invenzione senza alcun fondamento linguistico.
Il super campione di citazionismo metafisico, tuttavia, resta Massimo Bottura, uno dei maggiori pensatori italiani. Lo intercetta Eleonora Cozzella (direttrice de Il Gusto) nel sottopalco di Identità Golose. Magistrale: il lìder Màximo è riuscito a parlare enfaticamente per tre minuti senza dire niente, ma regalandoci passaggi indimenticabili. «Il cuoco è un artigiano. I romani usavano la parola artiere: cioè, un artigiano ossessionato dalla qualità». A parte il fatto che la definizione pare lo slogan di una fabbrica di divani, a quali romani si riferisce? A una compagnia di suoi amici? Alla squadra di calcio? Certo non ai romani della latinità, che non avevano quel termine in vocabolario.
Il vertice della fertilità parolibera lo tocca, però, tirando in ballo Pablo Picasso. «Picasso diceva sempre: copiare te stesso è un esercizio sterile, rubare agli altri è necessario». Inutile dire che la vera frase attribuita a Picasso è di tutt’altro segno: «I cattivi artisti copiano. I buoni artisti rubano».
Potete immaginare sino a qual punto mi rapiscano i calembour del predicatore modenese: “Rendere visibile l’invisibile”, “cossienza e conossienza”… “trentatré trentini”, per esempio. Tuttavia, non posso fare a meno di notare un’inversione cronologica nella sua frase più iconica: «La cultura genera conoscenza, la conoscenza apre la coscienza».
Com’è noto, la cultura non è materia prima. È lei che fiorisce dalla conoscenza, senza la quale non può sussistere. Pazienza. Sorridiamone con misura. Se tutto va bene, questi saranno i nostri nuovi ministri.
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