Ma non stavamo diventando tutti vegetariani? Doveva essere la frontiera delle tendenze alimentari del futuro, invece scopriamo che da 15 anni mangiamo sempre più prodotti di origine animale e cibi ultraprocessati, carne rossa e salumi in primis. Un binomio – grassi saturi e proteine di origine animale e cibi ultraprocessati (UPF) – che dal punto di vista della salute rischia di diventare una vera e propria bomba sanitaria. Non solo. Sembra che siamo diventati tutti più attenti alla linea, al wellness, tutti più cauti su grassi, calorie e alcol, ma poi scopriamo che se da una parte uno studio americano conferma come i cibi ultrapocessati siano responsabili di significativi aumenti di peso, casi di obesità e altre malattie rispetto a chi se ne astiene, dall’altro lato registriamo che ormai quasi un quarto delle calorie che assumiamo in Italia vengono da cibi industriali nati da lunghe lavorazioni e con ingredienti di dubbia provenienza. Insomma, sul fronte cibo la chiarezza e la coerenza sembrano essere orizzonti ancora lontani.
Foto di Polina Tankilevitch da Pexels
Ma partiamo dall’inizio. Uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità condotto dal 2005 al 2020 e pubblicato in questi giorni su Frontiers in Nutrition, ha rilevato un aumento del consumo di alimenti ultra-processati in Italia: rappresentano sì “solo” il 6% del peso del cibo consumato quotidianamente, ma forniscono il 23% dell’apporto energetico giornaliero. Un peggioramento delle abitudini alimentari che riguarda soprattutto gli adulti, mentre donne e anziani sembrano essere più accorti.
La Direttrice del Reparto Alimentazione Nutrizione e Salute dell’Iss, Laura Rossi, non ha dubbi: «I risultati della nostra ricerca – dice la ricercatrice che ha coordinato lo studio – un eccesso nel consumo di alimenti di origine animale, in particolare la carne rossa e i salumi, e uno scarso consumo di alimenti vegetali e in particolare di fonti di proteine vegetali, come i legumi». Questo in contrasto con le linee guida dello stesso Iss per una sana alimentazione. «Tendiamo a criminalizzare i carboidrati e a consumare molti alimenti voluttuari come snack dolci e salati, vino e birra – dice Rossi – In particolare questo è vero per gli adulti, mentre per gli anziani e le donne la situazione è lievemente migliore». Sulla base dei risultati dello studio gli italiani tra i 65 e i 74 anni, in particolare le donne, seguono abitudini alimentari più sane di quanto non facciano gli adulti (18–64 anni). E mentre nel tempo gli anziani hanno migliorato la loro alimentazione, gli adulti hanno mostrato un peggioramento della loro dieta.
«Un altro dato significativo emerso dalla ricerca – afferma la Direttrice Rossi – riguarda il cambiamento nel consumo di alimenti processati ossia quegli alimenti molto lavorati soprattutto a livello industriale e che hanno additivi, coloranti e simili». Tanto che, nei 15 anni esaminati per la ricerca, la loro percentuale di apporto energetico è quasi raddoppiata rispetto al 2005-2006 (consumo 5%; energia 12%). Ma di quali alimenti parliamo? «Gli ultra-processati che troviamo più frequentemente sulle nostre tavole sono le bevande zuccherate, gli snack dolci come merendine o biscotti, e salati, quali per esempio patatine fritte, caramelle, cioccolatini, carne e pesce trasformati, piatti pronti», spiega la ricercatrice.
Cosa fare? Innanzitutto, non vanno demonizzati a tutti i costi e senza distinguo. “Gli alimenti ultra-processati – afferma la Direttrice del Reparto Alimentazione Nutrizione e Salute dell’Iss – sono una vasta gamma di prodotti, la cui eterogeneità compositiva e tecnologica rende difficile un giudizio univoco sul loro impatto sulla salute. In Italia, dove il consumo di UPF è ancora relativamente contenuto ma in crescita, le Linee guida nutrizionali dovrebbero evolvere verso un approccio più sfumato, che non si limiti a demonizzare il livello di trasformazione, ma valorizzi la qualità nutrizionale e la matrice alimentare. I dati mostrano infatti che alcuni sottogruppi di UPF, come i cereali integrali o le alternative vegetali alla carne, possono persino associarsi a un rischio inferiore per la salute rispetto ad altri come le bevande zuccherate o certi prodotti animali ultra-processati. Questo indica la necessità di una strategia di sanità pubblica che non sia binaria, ma che consideri anche gli ingredienti, i pattern di consumo e i contesti culturali dell’alimentazione».
Le indicazioni possono essere riassunte in pochi punti essenziali:
1 . Non tutti gli UPF sono uguali: leggere le etichette e valutare cosa c’è dentro, scegliendo alimenti freschi.
2 . Meglio gli ultraprocessati senza zuccheri aggiunti, con poco sale e con meno additivi.
3 . Usare gli UPF in modo oculato e non sempre come sostituti abituali degli alimenti freschi.
4 . Ridurre gradualmente il consumo di bevande zuccherate o dolcificate.
5 . Fare attenzione a zucchero, sale e grassi saturi anche negli alimenti apparentemente “non processati” o tradizionali.
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