Il Tribunale per il commercio internazionale (Court of international trade – Uscit) ha dichiarato illegittima la decisione di Donald Trump di applicare, da gennaio 2025, i dazi sui beni di importazione negli Usa. Quei dazi che il presidente americano, con tanto di tabella, aveva annunciato in diretta televisiva e reso operativi nei mesi scorsi, gettando nel caos i mercati mondiali, sarebbero infatti «illegittimi» e contrari ai dettami della Costituzione americana. In pratica, Trump avrebbe superato i limiti concessi dalla legge nazionale.
Secondo i giudici federali (in un collegio composto da tre membri, di cui uno nominato sotto la prima presidenza Trump), non spetta al presidente il compito di imporre tariffe aggiuntive, che lo stesso Trump aveva giustificato richiamando una legge d’emergenza del 1977 a salvaguardia dell’economia. Una simile decisione, secondo la carta costituzionale richiamata dal Tribunale per il commercio internazionale, spetta al Congresso in maniera esclusiva. Il presidente Trump ha già annunciato ricorso contro la sentenza e, attraverso un portavoce, ha sottolineato che «non spetta a giudici non eletti decidere come affrontare adeguatamente un’emergenza nazionale».
La corte federale si è pronunciata dopo la presentazione di due cause legali distinte da parte di alcuni governi statunitensi (tra cui lo stato di New York), contrari alla politica economica trumpiana, e di una organizzazione non profit (il Liberty justice center), a cui si erano rivolte cinque aziende locali. In particolare, secondo i media americani, il settore vitivinicolo si è preso per ora una rivincita.
La newyorchese Vos Selections, società a conduzione familiare che importa vini e spirit, è tra le protagoniste del momento, visto che è nel gruppo delle cinque imprese vincitrici della causa collettiva contro la Casa Bianca, in cui si considerava dannosa la politica economica americana dei dazi aggiuntivi. «Una vittoria inaspettata», ha dichiarato alla Cnn il proprietario Victor Owen Schwartz, il quale ha annunciato l’intenzione di arrivare «fino alla Suprema Corte». Come dire, Davide contro Golia.
Da un punto di vista fattuale, non cambia niente alle frontiere. I dazi devono essere ancora pagati, ma i giudici hanno dato dieci giorni di tempo alla Casa Bianca per la sospensione delle tariffe (compresi alcuni provvedimenti adottati contro Messico, Canada e Cina, in risposta ai flussi di droga e all’immigrazione clandestina). Dal momento che Washington ha annunciato ricorso, si dovrà attendere il pronunciamento dei giudici in appello. Se necessario, si andrà ai gradi di giudizio superiori fino alla Corte Suprema. Nel caso in cui le sentenze dovessero essere via via sfavorevoli a Trump, si aprirebbe la possibilità per le aziende finora costrette a subire il peso dei dazi di ricevere i rimborsi degli importi, con gli interessi.
Intanto, i mercati mondiali hanno risposto positivamente all’annuncio, con i future statunitensi in rialzo, il dollaro in ripresa e i mercati azionari asiatici in terreno positivo. La sentenza avrà certamente un peso sui negoziati commerciali in corso, a partire da quelli con l’Unione europea, che dovrebbero trovare una soluzione entro il 9 luglio prossimo. Il mondo del wine&food, e non solo, sta per ora alla finestra.
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