Nell’ambito del Palermo Coffee Festival 2025, ho avuto il piacere di condurre una masterclass dal titolo “Caffè e olio: texture a confronto”, insieme a Maria Antonietta Pioppo, sommelier, degustatrice ufficiale di olio EVO e divulgatrice della cultura dell’olio. L’incontro si è tenuto nella suggestiva cornice del Palermo Marina Yachting, ed è stato pensato come un momento di confronto sensoriale tra due filiere solo in apparenza lontane: quella del caffè e quella dell’olio extravergine di oliva.
Con Maria Antonietta abbiamo scelto di concentrarci su due oggetti sensoriali spesso mal interpretati: l’amaro e la texture (o corpo). Due dimensioni sensoriali che nel linguaggio comune vengono talvolta interpretate come difetti, in particolare l’amaro nel mondo del caffè.
Durante la masterclass abbiamo raccontato in parallelo due filiere che partono dalla piantagione e che condividono la stessa necessità di cura estrema inanzitutto nella fase della raccolta e poi della lavorazione: quella delle olive e quella delle drupe di caffè.
Maria Antonietta ha evidenziato come la raccolta precoce delle olive, manuale o con agevolatori meccanici, incida in modo decisivo sulla qualità del prodotto finale. Un frutto sano, raccolto al giusto grado di maturazione e molito entro poche ore, è la base per un olio ricco in polifenoli, profumato, con note vegetali fresche, un amaro marcato e una piccantezza elegante.
Dal lato caffè ho avuto modo di affiancare questo racconto con la mia esperienza diretta di Finca Rio Colorado, in Honduras, dove da anni organizzo esperienze di raccolta e formazione. La qualità di tazza inizia con una raccolta selettiva delle drupe mature che dura ben quattro mesi; infatti, sullo stesso albero le drupe raggiungono la maturità in tempi diversi e richiedono più passaggi di raccolta. Come con le olive, le drupe devono essere processate entro poche ore dalla raccolta, e dopo il processamento essiccate in modo lento e controllato. Tutti passaggi fondamentali per preservare la complessità aromatica del caffè e la sua struttura sensoriale.
Un caffè estratto con quattro ricette per scoprire differenti sfumature di texture e di amaro
La degustazione guidata dello stesso caffè estratto con metodo a filtro Chemex, versato in calici di vetro, ma in quattro diverse ricette di preparazione, ha avuto per obiettivo mostrare quanto la scelta dei parametri come la dose di caffè e la temperatura dell’acqua influenzi in modo sostanziale il flavore finale.
Nicola Imperi, barista professionista, ha estratto il caffè della mia piantagione Rio Colorado con una prima ricetta “leggera”, da 50 g/L e acqua a 89°C, fino ad arrivare alla quarta estrazione con 85 g/L e una temperatura di 96°C. La prima tazza era delicata, con aromi floreali e agrumati, corpo leggero e un amaro quasi impercettibile, fino ad arrivare all’ultima che ha prodotto un flavore più intenso dal corpo pieno, note aromatiche di bakery e un gusto amaro più marcato con un retrogusto di cioccolato fondente, buccia di agrume e rabarbaro.
Questa sessione di assaggi ha dimostrato con immediatezza che il caffè non è mai uguale a sé stesso, e che ogni parametro – dose, acqua, temperatura – contribuisce a definire flavori differenti.
Per quanto riguarda l’assaggio di olio Maria Antonietta ha proposto quattro produttori siciliani differenti per zona di produzione, processamento e varietà botaniche. La degustazione è stata un crescendo nelle note vegetali, nella piccantezza e nell’intensità del gusto amaro.
Maria Antonietta ha commentato: “Il connubio olio-caffè in un percorso strutturato e alternato, come quello da noi sperimentato, ha evidenziato non solo tante caratteristiche simili, ma anche una sorprendente continuità di gusto (caffè – olio – caffè). E, proprio come in un abbinamento cibo-vino, sia per contrapposizione che per concordanza.”
Una delle riflessioni più stimolanti emerse durante la masterclass è stata quella sul ruolo dell’amaro nella degustazione, troppo spesso percepito come un difetto o un gusto sgradito, quando invece – se ben interpretato – rappresenta un pregio sensoriale e un marcatore di qualità.
Nel caso dell’olio extravergine di oliva, l’amaro è un indicatore positivo che segnala la presenza di polifenoli – antiossidanti naturali – e riflette una raccolta precoce delle olive e una lavorazione fatta con scienza e rispetto della materia prima. L’amaro, accompagnato da una piccantezza armonica, è la prova concreta che l’olio è fresco, integro, e ottenuto da olive sane.
Un caffè di qualità, processato correttamente in piantagione e tostato con sapienza, esprime un amaro positivo, elegante e gradevole al flavore e in retrogusto. Attenzione però all’amaro del caffè negativo, ovvero quello che si tinge di sentori di marcio, gomma, bruciato, rancido, chimico, legno ammuffito, ecc.
L’amaro, quindi, non è più un gusto da evitare, ma un linguaggio da decifrare, per capire cosa ci racconta quella tazza di caffè, o quel cucchiaino d’olio, sulla sua origine, la sua lavorazione e chi l’ha prodotto.
Anche il corpo gioca un ruolo chiave: una tazza più corposa è capace di esprimere sensazioni tattili simili al velluto, al burro, all’olio che impreziosiscono la qualità della bevanda.
D’ora in poi, quando assaggerete un caffè o un olio, soffermatevi sull’amaro: chiedetevi se è accompagnato da aromi piacevoli e armonici, oppure se risulta sgradevole, invadente, fuori equilibrio. È proprio in questa differenza che si gioca la qualità – e la consapevolezza del gusto.
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