In queste settimane, in streaming su Raiplay, รจ possibile gustarsi Sei pezzi facili, una serie televisiva composta da sei rappresentazioni teatrali scritte da Mattia Torre, sceneggiatore e commediografo scomparso prematuramente nel luglio 2019, per la regia di Paolo Sorrentino; di questi Golaย รจ uno dei titoli piรน accattivanti. Il nucleo narrativo prende spunto da tutta la nostra tradizione fondata sulla dialettica della gola opposta alla fame atavica: il protagonista, il bravo Valerio Aprea, associa la guerra alla fame e ne costruisce lโossimoro: โMangia che รจ finita la guerra…โ e, poco dianzi, โMangia che la guerra potrebbe tornare! Devi finire ciรฒ che hai cominciatoโ.
La guerra, quindi, quale spartiacque e causa delle nostre abitudini specialmente dal dopoguerra a oggi e, nonostante sia terminata da oltre settantโanni, come spinta perchรฉ la popolazione italiana continui a mangiare e trionfi โun pacifismo gastronomico a bocca pienaโ in una sorta di armonia universale. I trentacinque minuti del monologo diventano affabulazione e accumulazione di luoghi comuni che troviamo nella nostra quotidianitร . Partiamo dalla feste comandate e dalle ricorrenze, durante le quali il cibo assume una sua liceitร , per esempio per la Pasqua dopo i quaranta giorni di Quaresima, durante il Natale o ai funerali dove Torre immagina โle tielle di pasta al fornoโ, portate dai parenti e amici per la cerimonia funebre la cui mancata restituzione crea rapporti rancorosi tra le persone. Del resto la festa รจ โ per dirla con le parole di Franco Cardini – โun universo articolato e polivalente: vi sono feste religiose ufficiali e religiose popolari; vi sono feste cristiane e quelle feste familiari nelle quali non รจ il ciclo dellโanno bensรฌ il ciclo vitale a venir festeggiatoโ ( I giorni del sacro, UTET, pag. 209). Il testo di Mattia Torre coglie nel segno: parte da situazioni specifiche, anche paradossali, per rappresentare la societร italiana che se pure รจ cambiata nel corso degli anni รจ ancora legata a certe tradizioni, quelle immortalate dal cinema e dal teatro, siano Miseria e Nobiltร , Sua eccellenza si fermรฒ a mangiare, o ancora La grande guerra.
Il monologo si addentra nei particolari, talvolta pantagruelici, rappresentati con abilitร da Valerio Aprea con l’intonazione e la gestualitร cosรฌ caratteristiche che strappano un sorriso o una risata aperta, pensando che forse non รจ la rappresentazione della realtร ma l’esagerazione della comicitร . Ma poi leggiamo i dati di questo Natale forniti da Coldiretti e capiamo che la nostra realtร supera la fantasia del monologo.
Infatti, nonostante la crisi e la tensione inflattiva, gli italiani hanno speso 2.7 miliardi di euro per i pranzi delle feste natalizie, e nove su dieci hanno trascorso questi giorni a casa, impegnando per la preparazione dei pasti in media circa tre ore. Il pesce รจ stato presente in 7 tavole su 10 e le carni ci sono stati bolliti, arrosti, fritti, agnelli, tacchini. Le minestre con la varietร di zuppe, i cappelletti in brodo, ma anche le paste ripiene e le pizze rustiche e i dolci fatti in casa hanno completato i menu di quattro famiglie su dieci che hanno chiuso le celebrazioni natalizie con i tradizionali panettoni e pandori in tutte le varianti immaginabili.
Proprio queste categorie merceologiche, fuori dal freddo dato statistico, le troviamo immediatamente trasposte nel realismo fantastico di Mattia Torre, come nel caso della dissertazione sullโarte del friggere che assurge a pura religiositร , sul ripieno come desiderio di accumulare ingredienti o sul momento topico della carbonara. C’รจ poi la tirata da grammelot dell’elenco assortito di specialitร italiane di cui le nonne sono custodi. La narrazione si fa sempre piรน veloce saltando dal mandarino di Salerno alle specialitร โdi suโ ovvero del Nord, agli inviti forzati a mangiare sino a strafogare. Non ci si puรฒ alzare da tavola lasciando un poco di appetito come vuole la tradizione orientale e secondo Torre pure il cibo esotico โรจ una botta di goliardiaโ subito messo da parte a favore di quello italiano. Gli agoni si incentrano sui fiori di zucca dove si รจ dimenticata lโacciuga, le linguine sciape, il riso scotto e il vino che sa di tappo. โSiamo un Paese che mangia senza se e senza maโ e se non ci fosse stata la guerra il rapporto con il cibo sarebbe stato piรน equilibrato.
E il nostro pensiero passa al dopo, quando – appena terminata la rappresentazione, ovvero a โQuando se magna, dove se magnaโ, per un Paese che โha fatto del cibo la sua luminosa potente bandieraโ.
a cura di Marco Leporati
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