La nuova guida

Mega guida alle migliori pizzerie d'Italia secondo il Gambero Rosso

816 indirizzi, 133 novità, 564 pagine: arriva in libreria la guida Pizzerie d’Italia 2026, che fotografa un settore in crescita dinamica su tutti i fronti, con il territorio a fare da stella polare. In vetta Pepe, Padoan e Bonci

  • 22 Settembre, 2025

Chi osserva il mondo gastronomico da almeno un ventennio ricorderà l’effetto che sull’alta cucina ebbe l’ondata spagnola: si scoprì allora – con il determinante contributo di Adrià – che tutti potevano avere una voce nella ristorazione mondiale, non solo la Francia delle salse o la grande Italia delle tradizioni. Da lì una valanga: dopo la Spagna, che aveva puntato sulla tecnica, il Sudamerica inizia a esplorare la propria biodiversità. Poi la Danimarca, con il “cibo nordico” del Noma. Si scoprono prodotti dimenticati, se ne scovano altri mai assaggiati, si incentivano nuove produzioni e si dà linfa ai fornitori locali: si fa dell’autarchia una bandiera.

Un viaggio da Napoli al mondo

E la pizza, che c’entra? Beh, la pizza oggi rappresenta la bandiera del discorso locale, agricolo e territoriale. In un territorio come quello italiano dove il prodotto locale è radice e non scoperta recente, la pizza ha, nella sua prima fase di crescita, rappresentato una specie di eccezione. Da preparazione casalinga e momento di condivisione familiare durante la cotta del pane, la pizza spicca il volo come prodotto di ristorazione da Napoli: è questo che ha contraddistinto la città di Partenope (a proposito, auguri!) negli ultimi due secoli, avere la pizza come cibo fuori casa e il pizzajuolo come mestiere.

Inevitabile, quindi, che dalla città partisse l’onda che ha portato la pizza nel mondo, con i suoi pizzaioli e i prodotti a loro cari: insomma Napoli ha viaggiato con tutto il pacchetto. Quindi nell’iniziale fase di crescita, nella quale la pizza di stile napoletano ha dilagato (dagli anni ’50 in poi), era scontato che sulla pizza ci finissero farine, verdure, latticini e conserve napoletane (anche l’acqua, quando si poteva). Scontato, fino a quando, una ventina d’anni fa, ha cominciato a farsi avanti il discorso locale nel mondo della cucina e i territori si sono affacciati sulla pizza.

Pizzerie d’Italia 2026 del Gambero Rosso. Il racconto delle identità, oltre i punteggi

Ogni areale che conserva un forte orgoglio gastronomico e produttivo oggi trova interlocuzione nella pizza più che nell’alta cucina: nel privilegio di fare una guida vera e corale, nella quale l’ascolto dei territori è punto di partenza fondamentale del lavoro di critica, è su questo che riflettiamo da qualche anno. Non fermatevi ai punteggi! Nelle 564 pagine della guida Pizzerie d’Italia 2026 del Gambero Rosso (disponibile in libreria, edicola e on line), raccontiamo soprattutto loro: la Valmarecchia e il Belìce, la Lessinia e il Parco Agricolo Sud, la Valle Caudina e l’Agro Pontino, la Calabria (che ha ingranato il turbo), la Maremma, il Garda, le Langhe, i Monti Lattari, gli Aurunci e le Murge. E le identità che man mano si risvegliano in forma di impasti: la ruota di carro dei vicoli e la tonda croccante dei romani, la nuova – che poi è antica – pizza sottile dei pugliesi o l’orgoglio aromatico di Tramonti.

Le forme storiche della pizza

Troverete in guida delle sezioni apposite sulle forme storiche della pizza, cioè le declinazioni del lievitato che più si sono radicate in varie regioni italiane, insieme all’elenco aggiornato delle insegne più antiche di Napoli: ci sono il padellino torinese e il trancio milanese, la pizza alla pala di Roma e quella al metro vicana. La pizza è davvero un bel viaggio. E, con tutta questa storia alle spalle, è appena cominciato.

I numeri e i premiati

La selezione di questa edizione della guida Pizzerie d’Italia – la tredicesima – riguarda 816 insegne, con un forte ricambio che vede ben 134 nuovi ingressi in guida. Numerosi anche i premiati: 100 i Tre Spicchi18 le Tre Rotelle (il massimo riconoscimento rispettivamente per le pizzerie “al piatto” e per quelle “al taglio” o da asporto). In vetta ai Tre Spicchi, con 97 punti, ancora una volta Franco Pepe con Pepe in Grani (Caiazzo), affiancato da I Tigli di Simone Padoan (San Bonifacio). A svettare sulle Tre Rotelle, invece, Pizzarium di Gabriele Bonci (Roma), con 96 punti. Sono 34 le Stelle, i locali che hanno ricevuto Tre Spicchi o Tre Rotelle per almeno 10 anni consecutivi.

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