Santi Rivas è un personaggio atipico nel mondo del vino. Le sue degustazioni non si basano su tannini e acidità, ma su ironia, disincanto e un’agenda culturale ben precisa. Il critico madrileno è una voce fuori dal coro della sociologia del vino capace di regalare spesso spunti molto interessanti. Rivas, che ha pubblicato due libri di riferimento tra gli appassionati spagnoli (Deja todo o deja el vino nel 2022 e Vinos gentrificados nel 2024), ha un’idea molto chiara: il vino è contesto, e chi non ha una narrazione, è fuori gioco.
Per lui il vino è coscienza, filosofia, intelletto. Ci siamo ritrovati in diversi passaggi dell’intervista raccolta sul quotidiano galiziano Faro de Vigo. Prospettive future? Berremo sempre meno alcol, ma sempre più senso. Oggi un vino, se non ha qualcosa da dire, non entra nemmeno in carta», profetizza durante una degustazione nella Vinoteca Derbvy di Vilagarcià de Arousa, città di poco più di 30mila anime sul mare della Galizia. Tra bottiglie rare e risate ben assestate.
«Io non faccio degustazioni per neofiti. Non spiego il vino come Google, non faccio il guru e non prendo nessuno in ostaggio. Se un vino profuma di petrolio, come certi albariño, non serve il diploma: lo senti, punto. È più questione di attenzione che di suggestione.» In enoteca ha portato un itinerario serrato tra Galizia e il mondo: Rías Baixas di Nanclares e Prieto, Capeliños dalla Ribeira Sacra, i vini vulcanici e anarchici di José Luis Mateo in Monterrei – che definisce «il miglior produttore del Paese» – accanto a bottiglie tedesche, italiane, francesi. Nessuna gerarchia, nessun dogma. Solo qualità e visione. Ma il cuore del suo discorso è il paradosso del vino moderno.
«In questo mondo, o ti comprano perché sei molto economico o perché sei molto buono. Il resto è rumore, fuffa, storytelling vuoto». E non risparmia nessuno: «A Bordeaux fanno troppo vino. Una denominazione gloriosa, oggi in crisi profonda. Chi produce solo per status, senza ripensarsi, è destinato a rimanere col magazzino pieno e le bottiglie in saldo».
Lo dice con uno stile tutto suo: mezzo sermone, mezzo stand-up comedy. Ma le stoccate sono nette. Soprattutto contro lo snobismo che ha trasformato certi vini in oggetti di culto irraggiungibili. «Prima, nei miei corsi, si provavano tutti i grandi del mondo. Erano cari, sì, ma accessibili. Oggi un Romanée-Conti può costare 25.000 euro. Non è snobismo, è esilio per ricchi.» La gentrificazione del vino, raccontata nel suo secondo libro, è proprio questo: qualità reale, ma moltiplicata da scarsità, hype e desiderio. «Un vino può essere perfettamente onesto nel servire la sua comunità locale. Poi arrivano sei bottiglie in Italia e si scatena la borsa nera. La gentrificazione è desiderio più scarsità. E spesso non sono nemmeno le cantine a gonfiare i prezzi, ma gli intermediari.»
E intanto, molte aziende vivono dei loro vini base, non delle etichette da collezione: «La famiglia Palacios, per dire, vive del Pétalos. Non de La Faraona. E va benissimo così.» Dietro la facciata da provocatore, Rivas lancia altro messaggio: serve ridare dignità al bere quotidiano. Non come rito snob, ma come gesto culturale. E nelle sue degustazioni, il pubblico lo capisce: ride, ascolta, scopre. E torna a casa con una bottiglia magari meno famosa, ma più viva.
© Gambero Rosso SPA 2025
P.lva 06051141007 Codice SDI: RWB54P8 Gambero Rosso registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novità del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati