
C’è la carne sintetica, e anche il pesce, il latte e l’albume d’uovo, ottenuti da cellule staminali animali. Ora è il turno del miele prodotto in laboratorio. Si chiama Mellody, marchio registrato, ed è un plant-based honey creato da MeliBio, startup californiana specializzata nello sviluppo di alternative vegetali al miele, fondata nel 2020 da Darko Mandich, ex manager nel settore alimentare, e dalla biologa Aaron Schaller. Niente api, arnie, capricci climatici e stagioni impazzite, pesticidi e fiori ibridi poveri di nettare. La risposta biochimica all’oro giallo figlio dell’operoso insetto è ottenuta isolando i principali zuccheri e aromi del miele (glucosio, fruttosio, maltosio, acidi organici, composti volatili) e ricostruendoli con metodi brevettati di fitoscienza attraverso processi di fermentazione assistita da enzimi e microbi. La notizia è stata riportata – tra gli altri – da Vegconomist, la prima rivista globale dell’economia vegana.
Mellody di MeliBio è stato testato per la prima volta nel 2022 in alcune pasticcerie di New York e San Francisco. Inizialmente è entrato nell’alta fascia del mercato debuttando all’Eleven Madison Park, ristorante di New York con 3 stelle Michelin, successivamente la distribuzione è stata estesa alla vendita al dettaglio, anche nella gdo, un nome su tutti: Aldi. Il successo del miele sintetico ha attirato l’attenzione di FoodYoung Labs, azienda svizzera con sede a Ginevra specializzata in innovazione alimentare e dedicata all’integrazione tra biotecnologie, nutrizione e sostenibilità, che ha acquisito MeliBio e il marchio Mellody, la sua tecnologia di prima generazione e la relativa proprietà intellettuale.
Foto di Anna Monticolo – Concorso fotografico organizzato da Osservatorio Nazionale Miele
«Il miele sintetico è una delle soluzioni più intelligenti e meno invasive per nutrire il pianeta senza depredarlo – ha dichiarato Abouzar Rahmani, fondatore e CEO di FoodYoung Labs – con il nostro laboratorio di innovazione full-stack svizzero e la nostra potenza commerciale negli Stati Uniti, stiamo portando l’innovazione di MeliBio senza l’utilizzo di api a un livello superiore, rendendo Mellody un prodotto davvero “clean-label” e non raffinato».
Mellody non è l’unico miele sintetico. In Israele, a Rehovot, la start-up Bee-io dei fratelli Efrat e Ofir Dvash sta lavorando alla produzione di una linea di “honey-free honey”, con l’obiettivo di “eliminare la dipendenza dell’uomo dalle api per l’alimentazione e di rendere il miele di prima qualità accessibile ovunque e in qualsiasi momento”.
Foto di Paolo Meitre Libertini – Concorso fotografico organizzato da Osservatorio Nazionale Miele
Non abbiamo assaggiato il miele artificiale né abbiamo visto le analisi di laboratorio quindi non conosciamo il suo gusto e la composizione chimica. Le fonti online assicurano che le caratteristiche nutrizionali sono “comparabili – se non superiori – al miele naturale”. Il plant-based honey sarà apprezzato dai vegani, molto meno dai puristi e dai consumatori vintage. Il miele sintetico sarà sempre uguale a se stesso: non potrà mai avere le infinite sfumature di colori, profumi e sapori che possiede quello naturale, ottenute da altrettanto infinite variabili che dipendono dalle essenze, dalle stagioni, dai territori, dalle mani e dalle scelte degli apicoltori.
Foto di Laura Russo – Concorso fotografico organizzato da Osservatorio Nazionale Miele
Il dolcificante più antico della storia è composto principalmente da zuccheri, ma anche da oltre cento sostanze tra sali minerali, acidi organici, polifenoli ed enzimi. Può un miele creato in laboratorio uguagliare – e superare – quello fatto dalle api da milioni d’anni? Non solo va a farsi benedire l’espressione di biodiversità floreale che il miele naturale rappresenta: i prodotti di laboratorio vogliono dimostrare che si può fare a meno delle api, trascurando quanto questi insetti siano fondamentali per l’impollinazione delle piante. Per non parlare delle ripercussioni sul settore apistico, negli ultimi decenni messo in croce da mille problemi: agrofarmaci, cambiamento climatico, frodi, concorrenza sleale.
Foto di Rina D’Imperio – Concorso fotografico organizzato da Osservatorio Nazionale Miele
«L’esigenza di questi progetti è trasformare un prodotto agricolo in prodotto industriale, che però in nessun modo può sostituire quello naturale – commenta Alessandra Giovannini, presidente di AMI (Ambasciatori Miele Italia), associazione culturale fondata nel 2009 per promuovere la conoscenza e la cultura del miele nel nostro Paese – Mellody o altri plant-based honey non sono miele, come non sono salumi quelli ottenuti con oli vegetali e addensanti. Stiamo perdendo la cultura agricola, che non è solo cultura ma necessità vitale».
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