Caro piatto, come ti chiami? O meglio: come ti chiamo? La scelta del nome del piatto nella ristorazione cosiddetta fine dining non รจ poi cosรฌ banale: racconta molto del ristorante in cui ti trovi e di quello che potrai aspettarti. E in fondo influenza la narrazione del piatto, tema caldo dellโesperienza stessa della cena.
Il menu didascalico del Pescatore Santini a Canneto sull’Oglio
Quando si scrive il nome del menu sul piatto si possono fare varie scelte. Si puรฒ optare per la didascalia pura, elencando per filo e per segno ogni ingrediente e come viene cucinato. Qualche esempio? Il Risotto con parmigiano, aceto balsamico, sandalo e incenso delle Calandre e la Sogliola, patata affumicata, emulsione di funghi, vinaigrette di calamariย e lemongrass di Casa Perbellini 12 Apostoli.
I vantaggi di questa scelta sono piuttosto chiari, il cliente sa subito che cosa potrร aspettarsi, se cโรจ qualche ingrediente che non gradisce o che addirittura non potrร mangiare (anche se resta la regola per il cliente di segnalare preventivamente e chiaramente eventuali allergie, intolleranze o regimi dietetici particolari, e per il cameriere di domandarlo).
Lo svantaggio รจ che leggere due righe di piatto (nel caso del Pescatore di Canneto vanno segnalate certamente le Lasagnette con reale di scottona dai pascoli di Cascina Runate, cime di rapa, cipolla rossa di Tropea e senape in grani) รจ faticoso e noioso, specie se la lettura va moltiplicata per i sei-otto-dieci piatti che compongono un menu degustazione o per la ventina di piatti della carta.
E poi spesso il ristoratore pretende di infilare in quelle righe anche la provenienza di alcuni ingredienti (che ha un senso soltanto in alcuni casi) e il nome del fornitore, appesantendo ulteriormente il testo. La cosa puรฒ essere positiva se poi al momento del servizio il cameriere opta per una descrizione stringata, rimandando in qualche modo alla declamazione del menu. Cosa che, lo diciamo per esperienza personale, spesso non accade. A voce viene proposta la stessa pappardella stampata sulla carta. Due narrazioni al prezzo di una.
Il menu poetico di Massimo Bottura all’Osteria Francescana
Allโestremo opposto ci sono i nomi dei piatti di fantasia, poetici, spiritosi o evocativi. In molti casi si tratta di veri titoli che poco lasciano immaginare del contenuto: Aโฆ Est di Piazza Duomo ad Alba, 0,01% della Pergola di Roma, โฆe adesso chi lava i piatti? Della Madonnina del Pescatore di Senigallia, Art is Not a Crime di Danรฌ Maison a Ischia, Sottโo Sole di Quattro Passi a Nerano, il trittico I atto, lโintroduzione, II atto, gli eventi e lo status quo, III Il cambiamento e la risoluzione che apre in maniera ungarettiana il menu XL che celebra i quarantโanni di cucina di Anthony Genovese al Pagliaccio di Roma.
In altri casi al cliente viene almeno fornito un indizio: Suono Nโuovo delle Calandre di Rubano, Jazz Duck: improvvisazione dellโOsteria Francescana, In-Caponata di La Rei Natura a Serralunga dโAlba, Uovo allโuovo di Da Vittorio, Scampagnata di una melanzana della Madia di Licata. Certo รจ che piatti cosรฌ identificati necessiteranno una spiegazione piรน dettagliata al momento dellโordinazione e sarร forse quello il momento in cui tanta poesia mostrerร il suo lato B. Anche perchรฉ per quanto ci vogliamo girare attorno la cucina non sarร mai come lโarte, dove un nome puรฒ essere enigmatico e la percezione dellโopera puรฒ essere affidata alla pura emozione. Noi di un piatto, alla fine, vogliamo (e dobbiamo) sapere che cosa cโรจ dentro e come รจ stato preparato.
Variazione sul tema dei nomi di fantasia sono i โcomeโ. Come una parmigiana, come una carbonara, come un brodetto. Nomi francamente irritanti che hanno sostituito la tendenza di qualche anno fa di scrivere โa modio mioโ o โla miaโ. Fondamentalmente indicano la fonte di ispirazione e fanno immaginare qualche variazione, ma non spiegano di che tipo essa sia. Quindi anche qui segue una lunga spiegazione. Il โcomeโ nei menu รจ solo irritante. Evitatelo.
Il menu epigrammatico di Norber Niederkofler
La tendenza che si sta imponendo negli ultimi tempi รจ quella epigrammatica, che prevede che il piatto sia identificato soltanto con lโingrediente principale. Lo fa Norbert Niederkofler nel suo Atelier Moessmer (Trota, Risotto, Diaframma, Maiale dei Masi, Tartelletta). Nel caso dello chef altoatesino la scelta รจ estrema: una parola, al massimo due. Ma del resto siamo in presenza di un menu degustazione fisso (Cook the Mountain), senza possibilitร di scelta, quindi i nomi sono semplicemente dei โsegnapostoโ in un percorso che richiede curiositร e fiducia.
In altri casi il nome dellโingrediente principale viene accompagnato dagli altri ingredienti, magari scritti con un carattere piรน piccolo. Fa cosรฌ Gaetano Trovato da Arnolfo a Colle Val dโElsa: carattere grande per il primo ingrediente, piรน piccolo per il secondo, piรน piccolo ancora per il terzo. Un esempio?ย Melanzana anguria cacao, Grano Arso Peperone rosso Bietole Colorate. Meglio dotarsi di buoni occhiali e di una fonte di luce intensa. Simile la scelta di Harryโs Piccolo e Agli Amici di Udine: in grande lโingrediente protagonista (I Fusilloni, Il Capriolo, Rombo chiodato), sotto, in piccolo, la descrizione.
Il menu elencativo a tre voci di Nin
Variazione di questa specie e forse la soluzione piรน contemporanea, รจ quella elencativa, che segue per lo piรน la regola del tre, coerente con lโidea che vuole la cucina contemporanea proporre in ogni piatto fondamentalmente tre elementi. Molti chef nel menu sciorinano la trimurti e che questo basti: lo fa Verso dei fratelli Capitaneo a Milano (Animella di vitella, ricci di mare e bernese al caffรจ), Campo del Drago a Montalcino (Bieta dellโOrto, Arancia Sanguinelle, Jus di Coste), Uliassi a Senigallia (Sogliola al vapore, lattuga e bergamotto), Il Piccolo Principe di Viareggio (Linguine, acqua di cipolle, cacio e pepe Timut). Reale sceglie per ogni piatto di indicare due ingredienti (Ostrica e cicoria, Anatra e ginepro, Penne e salvia, sedano e spicgola), solo in pochi casi aggiungendo unโinformazione in piรน (Riso, pesto di basilico, anice e limone).
Il menu con uno, due o tre ingredienti di Reale di Niko Romito
E poi cโรจ chi il problema lo risolve alla radice. Come Giuseppe Iannotti di Krรจsios a Telese Terme. Il nome tarantiniano del menu (Mr. Brown) รจ lโunica informazione fornita assieme al prezzo (190 euro). Poi niente altro. Pura scoperta, estro del momento, pensieri istantanei. Fregandosene dellโanagrafe.
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