È stato uno degli inventori della Milano gastronomica, che ha fatto crescere crescendo a sua volta. Aimo Moroni è morto ieri sera in un ospedale milanese, dove era stato ricoverato per un’infezione, all’età di 91 anni, per un repentino peggioramento delle sue condizioni. “È stata una cosa improvvisa, nessuno di noi se lo aspettava”, dice con voce turbata Alessandro Negrini, lo chef che con Fabio Pisani ha rilevato qualche anno fa la cucina del Luogo di Aimo e Nadia, in via privata Montecuccoli.
È qui, nell’operosa periferia Ovest della città che Aimo aveva iniziato la sua attività di ristoratore, nell’epoca in cui i sogni, a Milano e in tutta Italia, erano un prodotto tipico. Moroni, nato nel 1934 a Pescia (lo stesso comune di Enrico Bartolini), in Toscana, arriva in riva ai Navigli negli anni Cinquanta e trova lavoro in un bar tabacchi: è qui che conosce quella che diventerà sua moglie, Nadia Giuntoli, classe 1940, di Chiesina Uzzanese, nel Pistoiese. Li unisce il fatto di essere entrambi figli di carabinieri, ciò che dà loro senso di sacrificio e rigore, ma soprattutto l’idea di aprire un loro ristorante.
Nasce così, nel 1962, la Trattoria di Aimo e Nadia, un locale semplice di cucina toscana; allora a Milano, come del resto nelle altre grandi città, quasi tutti i ristoranti “esotici” erano di scuola toscana. Aimo e Nadia sono a loro modo già un marchio: i milanesi vanno volentieri a mangiare una ribollita o dei funghi in quel locale semplice, al pianterreno di una anonima palazzina residenziale. Aimo e Nadia prendono coraggio e consapevolezza, lei in cucina e lui in sala, e negli anni Settanta iniziano a pensare di poter fare di più: esplorano così nuove combinazioni di sapori e tradizioni gastronomiche di altre regioni. È in questo momento che la Trattoria diventa Ristorante e che il ristorante diventa quello per cui è tuttora giustamente celebre: un bastione di cultura gastronomica italiana, che valorizza tutte le eccellenze nazionali. È il momento in cui ci vuole distinguersi cerca un po’ a tentoni una propria strada differente dall’allora imperante scuola francese di rigorosa impostazione tecnica. Ingrediente contro rigore, espressività contro formalismo, la sfida dei decenni successivi già si delinea.
La svolta arriva nei primissimi anni Ottanta, quelli che sulle tavole dell’Italia sono sferzati dalla buona novella marchesiana. Aimo e Nadia operano un profondo restyling del ristorante e questo incoraggia i critici e i foodies ante litteram a frequentare il locale, che senza tradire la propria filosofia in breve diventa un ristorante rimarchevole nella scena gastronomica cittadina, a metà strada tra le rivoluzioni concettuali della nouvelle cuisine e le trincee di una tradizione colta. Nel 1981 arriva la prima stella Michelin, una novità rigenerante in un momento in cui il macaron lo vantano vecchie trattorie contegnose come El Gamba de Legn o ristoranti classici da “sciuri” come Savini o Giannino.
Ristoranti che negli anni successivi chiuderanno o vedranno depositarsi un po’ di polvere sul loro blasone, mentre in via Montecuccoli si continuerà a evolvere. Il Ristorante diventa Il Luogo, a dare un senso di casa, di Itaca gastronomica. La figlia Stefania entra in azienda sviluppando il marketing e le pubbliche relazioni, la cucina affina le sue caratteristiche nazionali di impronta elegante, il locale si arricchisce di opere d’arte. Nel nuovo millennio Aimo e Nadia capiscono che devono passare lo scettro, i nuovi tempi presentano sfide nuove, da affrontare con energia e armi affilate. E individuano i loro successori in un altro “ticket”, quello composto dai giovani chef Alessandro Negrini (Trentino) e Fabio Pisani (pugliese), perfetti fin dalla carta d’identità per rappresentare quel pan-italianesimo gastronomico che è sempre stata la cifra stilistica del locale. Il passaggio di consegne è graduale, quasi naturale, e avviene anche grazie al ruolo discreto ma fatidico di Stefania, che da ceo del Gruppo dà continuità familiare al marchio quando nel 2012 Negrini e Pisani lo prendono in mano. I due proseguono l’opera nel profondo rispetto del mezzo secolo di storia precedente, mantengono in carta piatti come la Zuppa Etrusca, icona del Luogo, non tradiscono la filosofia aziendale ma le fanno la punta continuamente, facendo del Luogo ancora oggi uno dei locali da visitare assolutamente se si vuole capire la Milano gastronomica che cambia “con juìcio” mentre il resto della città è in preda alla frenesia formattata dell’apro-chiudo-cambio. Lì c’è Instagram, in via privata Montecuccoli c’è la vita vera.
Nel frattempo il gruppo cresce, nascono Vóce di Aimo e Nadia davanti alla Scala, il salotto in centro del marchio, poi Aimo e Nadia BistRO in collaborazione con la gallerista e designer Rossana Orlandi. Nella seconda decade degli anni Duemila capitava ancora di vedere Aimo nel ristorante, a girare per vedere che il Luogo girasse come lui pensava, a intrattenersi con i clienti; ed era un privilegio essere i prescelti per una chiacchiera ricca di aneddoti. Poi le visite si sono assottigliate. E ieri la brutta, bruttissima notizia.
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