Quando ero bambina e venivo nel quartiere ebraico con nonna, entrare nello storico negozio Ditta Leone Limentani era come varcare la soglia di un luogo magico. L’aspetto era quello di un vecchio magazzino con scaffalature di legno sopra le quali stavano in equilibrio pile di piatti, torri di tazzine, e architetture di pentole e padelle. Migliaia di metri quadri di corridoi dal soffitto a volta che si snodano nel seminterrato dell’intero stabile posizionato fra il Tempio Maggiore, il Portico d’Ottavia e il Teatro Marcello. Una volta all’interno, sceso qualche gradino, ci si perde ancora tra le centinaia di ripiani che ospitano ancora oggi ogni sorta di porcellane, posate e vasellame, cristalli, argenteria. E poi attrezzatura professionale da cucina e complementi d’arredo. Come allora, visitare questo luogo storico รจ sempre un’emozione.
La macchina del tempo ci riporta al 1820, quando a Roma gli ebrei sono ancora costretti a vivere, sin dal rinascimento, reclusi nel “ghetto”. Un luogo non facile, dove la popolazione deve sottostare a rigide regole di chiusura e coprifuoco, e vivere in condizioni igieniche precarie. A pochi passi dal fiume Tevere e di fronte all’antico Portico d’Ottavia, Leone Limentani, invece, quell’anno le porte le apre: sono quelle del suo negozio dove vende principalmente ceramiche di seconda scelta e bicchieri fatti con vetro riciclato, perchรฉ all’epoca si poteva commerciare solo tra ebrei, e non era consentito farlo in beni preziosi.
Poi nel 1870, con la breccia di Porta Pia, il ghetto degli ebrei, dopo piรน di 300 anni, apre i cancelli, lo slum viene raso al suolo e in gran parte ricostruito come lo conosciamo ora. A seguito di questo cambiamento, la zona diventa piรน frequentata ed il commercio prende un’altra piega. Leone inizia a girare l’Europa e compra ceramiche, porcellane e cristallerie pregiate che riserva ad una clientela diversa. David, figlio di Leone, continua l’attivitร che si tramanderร di padre in figlio fino ai giorni nostri. Nell’ottobre del 1943, i Limentani sfuggono al rastrellamento dei nazisti rifugiandosi a Civita Castellana, ospiti di un loro fornitore di ceramiche. Il negozio, che รจ tutt’ora l’immobile piรน grande al Portico d’Ottavia, durante l’occupazione viene requisito dalle SS diventando il loro quartier generale nel ghetto ebraico. Quando le truppe degli Stati Uniti liberano Roma, la famiglia Limentani riprende possesso del negozio, al quale i tedeschi, prima di andare via, danno fuoco. Durante la ricostruzione della cittร , Limentani si adatta e commercia anche in sanitari per i bagni, materiali da costruzione, attrezzi. Poi, col passare del tempo riprende a vendere oggetti per tavola e cucina. Oggi il negozio รจ guidato dai cugini Bruno e Andrea Limentani, la settima generazione. Qualche anno fa รจ stato inaugurato un secondo punto vendita in via Po, ai Parioli.
Per le sue nozze, nonna aveva comprato qui nel negozio al Portico d’Ottavia, il servizio di piatti serie “Vecchio Ginori” candido con la bordatura detta “alla sassone” che ricorda un canestro di vimini, e che si usa ancora tutti i giorni nella casa dove sono cresciuta. Ogni volta che serviva una sostituzione per un piatto rotto, una tazza sbeccata, o una zuccheriera che aveva perso il coperchio, nonna mi portava con se e andavamo da Limentani. Lei dava il suo nome e un impiegato gentilissimo apriva un registro e sapeva esattamente cosa portare in cassa. Mi affascinava questo concetto di lista di nozze infinita, ma ancora di piรน ero attratta dai corridoi meno sfavillanti. Anzichรฉ ammirare le teche traboccanti cristalli di Boemia e piatti dai bordi dorati, da bambina mi piaceva spulciare gli scaffali negli antri piรน nascosti, dove c’erano accatastate, e un po’ impolverate, le tazze per il cappuccino marroni da bar, che le imprese potevano farsi personalizzare con il logo della loro attivitร . Lasciata libera di esplorare, mi incuriosivano i pezzi un po’ fanรฉ e spaiati, quei servizi da tavola scontati perchรฉ incompleti, o i pezzi dal design piรน datato. Piรน si entrava nelle viscere sotterranne del negozio, e piรน si riuscivano a trovare esemplari di questo magnifico antiquariato dimenticato.
Nel tempo queste merci obsolete sono state pian piano dismesse e l’offerta si รจ fatta esclusivamente di alto livello. Entrando oggi in quei stessi corridoi infiniti non si trovano piรน occasioni, bensรฌ i campionari di Baccarat, Lalique, Saint Louis Crystal, Venini. Piรน oltre, ci sono tavoli apparecchiati da esposizione che mettono in mostra la posateria di Ercuis, Puiforcat, Christofle e Robbe & Berking. Nella zona cucina, batterie e pezzi unici firmati Paderno, Barazzoni, Woll, Mepra, la ghisa smaltata di Staub e Le Creuset, e poi pentole a pressione, pastaiole, padelle, set da fonduta, wok, pescere lunghe un metro, rostiere, griglie e via dicendo. I coltelli Wรผsthoff e Zwilling; le porcellane fini di Herend, Bernardaud, Rosenthal, Wedgwood, Meissen, Ginori 1735 e molte altre. Ci sono anche le affettatrici Berkel, gli elettrodomestici-feticcio KitchenAid in tutti i colori possibili e immaginabili, gli accessori per la miscelazione di Sambonet; tessuti e tovagliati pregiati; tappeti; oggettistica elegantissima; le collezioni Alessi… la lista รจ infinita. Insomma un bengodi pericolosissimo per la carta di credito di ogni appassionato di cucina e mise en place.
Oltre alla vendita al dettaglio ed alle liste di nozze, oggi il core business della Ditta Leone Limentani resta ancora arredare case e cucine, ma anche yacht, jet privati, uffici, alberghi di lusso e ristoranti stellati, senza dimenticare ambasciate e ville importanti. Nel corso della storia Limentani ha apparecchiato le tavole di innumerevoli capi di Stato, famiglie reali, Pontefici e celebritร d’ogni genere. Chissร se nelle cantine del negozio sotto il Portico d’Ottavia sopravvive ancora qualche reperto vintage di quelli che amavo tanto da bambina.
Ditta Leone Limentani โ via del Portico d’Ottavia 47 – via Po 146/148 โ Tel. +39 06 6830 7000 โ www.limentani.com
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