Da oltre 40 anni Giorgio Armani è stato legato a Pantelleria, la selvaggia “perla nera” del Mediterraneo tra Sicilia e Africa, eletta dallo stilista a buen retiro. Qui aveva una villa, 7 dammusi con 200 palme e una vigna affacciata sull’insenatura di Cala Gadir, a nord-est dell’isola, dove veniva per staccare la spina e fino a un paio d’anni fa trascorreva le vacanze estive. In questo enorme e brullo scoglio vulcanico perennemente battuto dal vento, per certi simile al suo carattere sobrio ed elegante amante della bellezza essenziale, lo Armani si rifugiava e ispirava. A Pantelleria ha creato un profumo, Acqua di Giò, che con le sue note di bergamotto, salvia, rosmarino e brezze marine esprime l’anima del Mediterraneo, e un vino passito, Oasi, fatto con le uve zibibbo della propria vigna.
Un rapporto d’amore – ma non a prima vista, come dichiarò a Il Sole 24 Ore: “all’inizio la trovai brulla, scontrosa, rude” – che Armani dimostrava anche con gesti di generosità, facendo cose che neanche le istituzioni. Cose che i cittadini panteschi ricordano con affetto e gratitudine e gli valsero la cittadinanza onoraria di Pantelleria. «Con il passaggio al digitale, il cinema di Pantelleria, l’unico dell’isola, ha rischiato di chiudere – racconta Gabriele Lasagni, insieme a Fabrizio Giglio titolare della famosa azienda di capperi La Nicchia – noi abbiamo contribuito ma è stata la donazione di Giorgio Armani, dieci volte superiore alla nostra, a salvarlo». Anni fa ha regalato una TAC all’ospedale dell’isola e, dopo un incendio che ha accerchiato anche la sua villa, ha devoluto al Comune 800mila euro per la realizzazione della rete idrica e dell’acqua potabile nelle zone di Cala Gadir e Cala Tramontana, dove mancava questo servizio. Un amico e benefattore dell’isola, che si è sostituito alle istituzioni.
Il ricordo di Gianni Busetta, fondatore del ristorante La Nicchia a Pantelleria. «Nel mio locale Giorgio Armani veniva tutti gli anni ad agosto – racconta il ristoratore pantesco – Quando arrivava chiacchieravamo nel giardino, su come stava, come se la passava. Persona molto molto carina, sempre gentilissimo. Non ha mai chiamato il cameriere per lamentarsi di un piatto o qualcos’altro, mai! L’ultima volta l’ho visto 2-3 anni fa. Stava male, ce l’aspettavamo. Ma quando abbiamo saputo della sua scomparsa è stato un dispiacere enorme».
A Pantelleria lo stilista ci andava con parenti, amici e il suo entourage: una famiglia allargata. «Al ristorante veniva con i suoi ospiti, la maggior parte collaboratori, come Leo Dell’Orco (compagno e braccio destro da oltre 30 anni, n.d.r.). Spessissimo con Ornella Muti, talvolta con la nipote Roberta e la sorella, Rosanna». Certe volte gli ospiti erano tanti. «C’era anche lo staff di Pantelleria: quelli che lo accompagnavano in macchina, i ragazzi che lavoravano nella casa… Talvolta ero costretto a spostarli in diversi tavoli, e a lui questo non piaceva, li voleva tutti intorno a sé nello stesso tavolo: dipendenti, amici, familiari, ospiti famosi.
Cosa ordinava Giorgio Armani nel ristorante La Nicchia? «Ravioli panteschi, con ricotta e menta, che gli servivamo conditi con burro e salvia – elenca Gianni Busetta – poi caponata, tranci di pesce fresco tipo ricciola. Cose abbastanza semplici. Come benvenuto della casa portavo sempre prodottini locali: salsa di capperi, cucunci, paté di pomodoro secchi con capperi, che Armani e i suoi ospiti spalmavano su pane e focacce tagliate a pezzi. Negli ultimi anni era a dieta, mangiava pasta in bianco, carne e formaggi. Che io ricordi non era un gran bevitore di vino. Ma bianchi, rossi e passiti non mancavano mai al tavolo. Ordinavano l’Yrnm di Miceli, uno dei primi vini Zibibbo dell’isola, poi il Pietranera di Marco De Bartoli (che lo stilista mandava anche a comprare direttamente in cantina, in via San Michele, n.d.r.), lo Chardonnay di Planeta, ultimamente il Lighea di Donnafugata o rossi corposi come Mille e una Notte, sempre di Donnafugata».
In apertura Giorgio Armani e Gianni Busetta, titolare del ristorante La Nicchia a Pantelleria (foto di Grazia Cucci)
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