Sarร capitato a tutti, prima o poi, di andare in vacanza allโestero, ordinare un piatto di pasta e trovarsi davanti un ammasso molliccio: una pasta completamente scotta. Il primo pensiero รจ ovviamente che allโestero non sanno cucinare, men che meno la pasta italiana. La reazione immediata, dopo la prima forchettata, sarร stata come quella di Checco Zalone in Quo Vado, dove smonta lโinsegna del ristorante italiano allโestero al grido di: ยซNon si scrive Italia invano!ยป. Eppure, anche se in seconda battuta, ci si dovrebbe chiedere quali siano le vere motivazioni per cui nel mondo la pasta viene servita scotta, tranne che in Italia. Si tratta di un complotto globale ai nostri danni o cโรจ qualche altra ragione?
Intendiamoci, i ristoranti italiani allโestero che fanno unโottima cucina sono molti e stanno crescendo, ma quelli storici hanno una certa resistenza al cambiamento e continuano a stracuocere la pasta. Le spiegazioni piรน ovvie in questi casi sono due: โnon sanno cuocere la pastaโ e โa loro piace cosรฌโ. In realtร la spiegazione รจ unโaltra, ma per capirla bisogna scavare un poโ nella storia della cucina.
Cโรจ un aneddoto piuttosto particolare che esemplifica bene la distanza culturale, sul fronte della pasta, tra lโItalia e gli altri Paesi ed รจ ambientato a Roma. Era il 4 maggio 1938: un mercoledรฌ da non dimenticare! Siamo a Palazzo Venezia, ospite dโonore il Cancelliere tedesco Adolf Hitler: si celebra lโalleanza tra Italia e Germania nellโambito dellโAsse Roma-Berlino. Il banchetto prevede oltre 200 invitati, tra cui personalitร di spicco italiane e tedesche: una cena di gala in cui non puรฒ essere commesso il minimo errore, in particolare in merito ai gusti degli illustri ospiti. A organizzare e dirigere le cucine รจ chiamato Anselmo Savini, chef del Grand Hรดtel Excelsior di Roma che – come ci ricorda Alberto Capatti nel suo ultimo libro Vegetariani, la storia italiana –ย ci ha lasciato una testimonianza in alcune sue note scritte in francese. Per quanto riguarda il cancelliere tedesco, il cuoco rileva che โHitler era rigorosamente vegetarianoโฆ bisognava servirgli il suo piatto preferito, spaghetti alla napoletana alla maniera tedesca, cioรจ con la pasta ben cotta e non al denteโฆ come invece รจ consuetudine in Italiaโ. Alla โmaniera tedescaโ: un modo di preparare la pasta che prevedeva esclusivamente di cambiare i tempi di cottura, nientโaltro. Il Fรผhrer venne accontentato e non si registrarono lamentele. Questo stesso โmaltrattamentoโ della pasta veniva consumato ogni volta che cโerano ospiti stranieri, adattando i tempi di cottura che, come vedremo, erano giร piuttosto lunghi.
Per quale motivo al di lร delle Alpi la pasta acquista una consistenza molliccia, tanto che gli stranieri che visitano il nostro Paese la trovano eccessivamente โcrudaโ?
Per trovare la risposta bisogna tornare indietro di parecchi secoli e andare a cercare le testimonianze di chi cucinava e mangiava la pasta in Italia. Il primo a fornire unโindicazione riguardo i tempi di cottura della pasta รจ Maestro Martino, il cuoco piรน celebrato del Quattrocento europeo. I suoi โMaccaroni sicilianiโ sono realizzati impastando farina e albumi dโuovo, foggiati a forma di sottili bucatini lunghi un palmo, con la stessa tecnica che si usa ancora oggi per i maccheroni al ferretto. Il risultato รจ una pasta adatta per essere seccata al sole e conservata fino a due o tre anni. Il tempo di cottura consigliato per questi maccheroni รจ di due ore. Cottura che viene invece dimezzata per i vermicelli, realizzati con lo stesso impasto, ma piรน corti e sottili.
Non ci sono ragioni pratiche per spiegare questa indicazione da parte dellโautore, se non che il gusto dellโepoca prediligeva una consistenza estremamente morbida. Inoltre, Maestro Martino non prescrive nemmeno lโutilizzo della farina di semola, come siamo abituati oggi, ma semplice fiore di farina di frumento.
Se invece confrontiamo i tempi di cottura consigliati dallo stesso autore per riso e pasta fresca, vediamo che non sono cosรฌ lontani da quelli odierni, infatti per la minestra di โRiso con lacte de mandoleโ indica mezzโora, mentre per i ravioli ripieni di carne โ la pasta doveva essere solo acqua e farina โ i tempi di cottura si riducono a โdoi paternostriโ.
Nel Rinascimento le cose โmiglioranoโ, ma non molto. Bartolomeo Scappi, cuoco personale dei papi Pio IV e Pio V, nella sua ricetta dei โMaccaroni alla Romanescaโ scrive: โQuando lโacqua [salata] bollirร , pongansi dentro i maccaroni […] Bolliti che saranno per meza hora, facciasi il saggio se saranno teneri, & non essendo lascinosi bollire finโa tanto che siano ben cottiโ. In pratica, queste tagliatelle di farina di frumento, mollica, latte, tuorli dโuova e zucchero, dopo โsoloโ mezzโora di cottura andavano assaggiate perchรฉ potevano non essere ancora cotteโฆ
A partire dai primi dellโOttocento le notazioni sulla cottura della pasta secca si moltiplicano allโinterno dei ricettari, anche se rimangono piuttosto sporadiche. In generale si nota una diminuzione dei tempi che passano da una media di mezzโora a 15 o 20 minuti tra le due guerre mondiali. I consigli degli autori sono molto diversi tra loro e pochi forniscono spiegazioni pratiche su come dovesse presentarsi la pasta una volta cotta.
Tra questi spiccano due grandi personalitร della cucina italiana. Il primo รจ Francesco Chapusot, cuoco allโambasciata inglese a Torino a metร Ottocento che, nel suo ricettario La cucina sana, economica ed elegante, consiglia di cuocere i โMaccheroni alla piemonteseโ per 45 minuti, fino a che non siano โmolli e pastosiโ; la seconda รจ Giulia Ferraris-Tamburini, la prima donna a pubblicare un ricettario in Italia: i suoi โMaccheroni allโitalianaโ si devono scolare โquando si disfano facilmente sotto la pressione delle ditaโ (e comunque non prima di 20 minuti). Lโanno della pubblicazione รจ il 1900 e lโapprezzamento per la pasta morbida sembra ancora essere generale.
Come abbiamo visto, questo gusto aveva radici secolari e ci sarebbero voluti ancora diversi decenni per cambiare le abitudini degli italiani. Dโaltronde, chi รจ abbastanza anziano e ha conosciuto i propri nonni, puรฒ ricordare che la pasta si mangiava molto piรน scotta di oggi, soprattutto in Italia settentrionale. Nonostante questo, i tempi di cottura della pasta si erano giร sensibilmente abbassati, anche se con estrema lentezza.
Per fornire un quadro completo, รจ necessario spendere due parole sulla pasta di semola che si trovava in circolazione allโepoca. LโItalia รจ sempre stata un centro di produzione privilegiato, soprattutto nelle regioni meridionali che combinavano la tradizione della coltivazione di grano duro con il clima ideale per lโessiccazione della pasta. Con lo sviluppo della produzione industriale, a partire dalla metร dellโOttocento, i centri di produzione iniziarono a sorgere anche in Settentrione, affiancando la manifattura genovese che contava giร una storia secolare. Contemporaneamente la pasta secca iniziรฒ a essere sempre piรน richiesta, anche allโestero, e si dovette ricorrere allโimportazione della materia prima per le nostre manifatture.
La pasta di sola semola di grano duro, quella a cui siamo abituati oggi, non era alla portata di tutte le tasche e rappresentava il vertice di una piramide di prodotti realizzati con cereali meno nobili. ร sufficiente sfogliare il manuale Hoepli Industria del pastificio scritto nel 1929 da Renato Rovetta, per scoprire che solo la pasta di โQualitร extraโ utilizzava esclusivamente grano duro (spesso tagliato comunque con farina di grano tenero fino al 20?30 per cento), mentre nelle tipologie piรน popolari di โQualitร terzaโ il grano duro raggiungeva solo il 50 per cento.
Ciรฒ significa che, ad esclusione delle tipologie piรน costose, la pasta non riusciva a tenere la cottura come quella odierna e si presentava piuttosto molle una volta scolata. Se a questo aggiungiamo che i formati piรน antichi avevano solitamente uno spessore minore, capiamo immediatamente cosa fossero abituati a mangiare i nostri bisnonni italiani.
Probabilmente allโepoca non veniva percepita una grande differenza tra i piatti italiani e quelli stranieri: la pasta scotta era un patrimonio universale. Durante gli stessi anni perรฒ si stava consumando una piccola rivoluzione che avrebbe cambiato definitivamente il nostro modo di mangiare. I primi segnali arrivano da Napoli, grazie a due manuali di cucina che intercettano le usanze culinarie popolari. Il primo si intitola La cucina casereccia, opera di autore anonimo che si firma con la sigla M.F., e viene dato alle stampe nei primi dellโOttocento. Nella ricetta โMaccheroni alla Napoletanaโ si trova giร lโindicazione di levarli โdal fuoco non molto cottiโ: notazione che non compare invece per i โMaccheroni alla Lombardaโ, e forse non per caso.
Il secondo ricettario รจ invece opera di Ippolito Cavalcanti, uno dei piรน geniali cuochi della propria epoca. Nel 1837 pubblica Cucina teorico?pratica, un manuale di cucina piuttosto comune, se non fosse per una novitร sostanziale: allโinterno del libro inserisce lโappendice intitolata โCucina casarinola allโuso nuosto napolitanoโ, scritta completamente in napoletano e contenente una selezione di preparazioni quotidiane e domestiche. ร qui che, nelle ricette dedicate ai โMacaruneโ e ai โVermicielli co le pommadoreโ, suggerisce di scolare la pasta โvierd vierdโ, ovvero โverdeโ nel senso di acerba, non troppo morbida.
Un modo di dire che, di lรฌ a breve, sarebbe stato sostituito con la locuzione โal denteโ, registrata per la prima volta nel 1840 sul Voci e maniere di dire italiane additate a futuri vocabolaristi di Giovanni Gherardini con il significato di โReggere al dente: dicesi delle cose sode, come frutti, carni, od altro, le quali non cedono facilmente alla pressione dei dentiโ.
Evidentemente Nord e Sud erano divisi da due modalitร di cuocere la pasta e ci sarebbe voluto piรน di un secolo perchรฉ questa novitร , insieme allโaumento di consumo di pasta, coinvolgesse anche il resto dello stivale.
A questo punto, le ragioni per cui allโestero si mangia ancora la pasta scotta sono molto facili da intuire. I prodotti italiani e la nostra cucina sono penetrati nelle altre nazioni molto tempo fa, quando non avevamo ancora assimilato del tutto la cultura della pasta al dente. In particolare, il grande esodo degli Italiani della fine del XIX secolo ha avuto un ruolo determinante per la diffusione della nostra gastronomia, ma giร prima di allora circolavano numerose ricette di piatti โallโitalianaโ in cui era presente la pasta, naturalmente scotta.
Qui da noi abbiamo assistito al processo che portรฒ allโUnitร dโItalia, abbiamo partecipato a un paio di guerre mondiali e registrato un aumento vertiginoso degli scambi interni a partire dal secondo dopoguerra: tutto ciรฒ ha accelerato enormemente la diffusione del nuovo modo di mangiare la pasta di origine meridionale. Oggi si puรฒ dire che il processo sia concluso e che il gusto per la pasta al dente sia diventato patrimonio comune.
Allโestero perรฒ molte nazioni sono rimaste fedeli al vecchio modo di cuocere la pasta che, nel corso del tempo, รจ diventato un loro patrimonio gastronomico. ร pur vero che gli chef di oggi si stanno adeguando a una cottura della pasta piรน rapida e in linea con quella italiana, ma non รจ sempre cosรฌ. I diversi modi di servire la pasta sono diventati tradizionali e come tali, inglobati in una piรน ampia cultura culinaria diversa dalla nostra. In fondo, noi abbiamo fatto lo stesso con molte altre ricette provenienti da Paesi stranieri, cambiandone la fisionomia e le ricette, come ad esempio il cous-cous che oggi rientra tra le specialitร siciliane e sarde.
Per concludere, e rispondere alle domande poste allโinizio: non รจ vero che allโestero non sanno cuocere la pasta, semplicemente continuano a mangiarla come abbiamo fatto per secoli in Italia. Il gusto per la pasta scotta glielo abbiamo trasmesso noi, solo che non ce lo ricordiamo piรน.
Niente da mostrare
ResetGambero Rosso SPA
P.lva 06051141007
Codice SDI: RWB54P8
registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novitร del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
ยฉ Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd