Oltre confine

Perché a Londra ci sono sempre più ristoranti ucraini

Aprire un ristorante tipico significa non solo far da mangiare ma salvaguardare la propria cultura anche a fronte di un'aggressione militare. Ecco cosa succede nella capitale inglese

  • 12 Agosto, 2025

Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022 sono arrivati nel Regno Unito più di 200.000 ucraini. Lo scrive il Financial Time per raccontare come il conflitto in corso al confine dell’Europa stia imprimendo un cambiamento anche nel panorama ristorativo londinese. Da sempre avamposto di ogni cambiamento nella società, la capitale britannica diventa così la cartina di tornasole anche degli effetti di questa guerra.

Vent’anni fa, racconta Tomé Morrissy-Swan nell’articolo, i ristoranti ucraini e più in generale di cucina di quelle aree del continente erano pochissimi, spesso accorpati in una proposta confusamente dell’est Europa; la testimonianza è della food writer di origini ucraine Olia Hercules (suo il best seller Mamushka, in Italia edito da Gribaudo, che racconta la tipica atmosfera estiva dell’Ucraina meridionale) ideale cicerone, che testimonia come ora, e in modo costante dal 2022, le cose stiano cambiando rispetto a qualche anno fa, quando a tenere alta la cucina ucraina c’erano solo il Dnister a Forest Gate e l’Albina a Canning Town.

La nuova cucina ucraina a Londra

A fare da capofila nella new wave ucraina è stato, nell’estate del 2022, il Mriya Neo Bistro a Earl’s Court (aperto da Olga Tsybytovska e chef Yurii Kovryzhenko, oggi con l’executive chef Anton Vasyliev), prima di una serie di nuove attività che hanno cominciato a raccontare la gastronomia ucraina con visione contemporanea e non più stereotipata, non limitata agli immancabili cavoli, patate, gnocchi, cibi tipici del freddo nord del Paese, dove ci sono piatti più pesanti.

In Ucraina, in quella fertile terra scura, si producono infatti anche pomodori, melanzane, cetrioli e altri ortaggi, e le influenze turche del sud, un tempo parte dell’Impero Ottomano, portano erbe fresche, nei piatti si trovano salse a base di melanzane e peperoni grigliati, carne e pesce alla griglia, mentre la paprika è comune vicino al confine ungherese, la polenta – invece – si trova un po’ ovunque in vari modi. Ancora è presto per raccontare in modo capillare questa cultura gastronomica: a Londra per ora si trovano soprattutto i classici borsch, varenyky (gnocchi), pollo alla Kiev, sottaceti, e ancora stufati di carne, spiedini shashlik, salse di melanzane, banosh (simile alla polenta), qua e là panna acida e qualche piatto di ispirazione georgiana come il khachapuri (pane al formaggio).

Sul fronte vino ci sono etichette ucraine, anche prodotte in modo sostenibile. Ma ormai il dado è tratto e la comunità ucraina si sta ricomponendo lontano dai confini elaborando questa forma di resistenza gastronomica alla distruzione non solo delle città ma anche della civiltà che l’aggressione della Russia sta mettendo in atto: «È una lotta esistenziale, letteralmente, ma anche una questione di patrimonio culturale. Quindi è estremamente importante che le persone continuino ad andare nei ristoranti ucraini o a cucinare cibo ucraino» spiega Hercules che plaude all’apertura dei nuovi ristoranti a distanza di poco.

Oltre al Mriya Neo Bistro, ora orientato verso la cucina alla brace, ponte di congiunzione tra i barbecue ucraini e le tendenze della capitale britannica – «Le carote carbonizzate con finocchio crudo su una crema di nocciole simile all’hummus sarebbero perfette in qualsiasi bar alla moda che serve vino naturale» dicono – ci sono il raffinato Sino a Notting Hill di Polina Sychova, con chef Eugene Korolev e barlady Ana Reznik, SHO a Stroud Green, Tatar Bunar (Shoreditch) e via ad andare. «Spero che ce ne siano altri» aggiunge Hercules.

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