Lunedì 4 agosto i lavoratori italiani di Booking.com incrociano le braccia per la prima volta nella storia dell’azienda. La protesta, indetta da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs, è una risposta al piano di licenziamenti annunciato dalla multinazionale che si occupa di turismo, che prevede il taglio di nove posti di lavoro nella sede italiana su circa 150 dipendenti. Una decisione che si inserisce in una ristrutturazione globale con migliaia di esuberi.
«Il lavoro si rispetta, non si taglia! Le persone non sono numeri!” gridano le organizzazioni sindacali, che denunciano un approccio freddo e calcolatore da parte dell’azienda. Secondo i sindacati, dietro termini come “ottimizzazione” e “innovazione” si celerebbe “una strategia di tagli che colpisce direttamente le persone, molte delle quali con oltre dieci anni di servizio». Un attacco, quello delle sigle, che punta il dito contro la multinazionale del turismo che, nonostante risultati economici importanti, sceglie la strada dei licenziamenti. Le trattative, raccontano i sindacati, sono naufragate per la rigidità dell’azienda, che avrebbe respinto tutte le proposte alternative presentate dai rappresentanti dei lavoratori, limitandosi a formulare «un’offerta economica insufficiente» e, ancor più grave, riservandosi «il diritto di decidere chi licenziare». Una posizione giudicata «inaccettabile».
Booking.com avrebbe inoltre comunicato al ministero del Lavoro la conclusione unilaterale della fase sindacale, riducendo così al minimo i tempi per individuare soluzioni alternative. Il tutto, fanno notare i sindacati, in un periodo particolarmente critico per il settore: «In pieno agosto, nel picco delle attività di un’azienda che naviga economicamente a gonfie vele». A far discutere è anche il metodo utilizzato per individuare gli esuberi: questionari anonimi volti a valutare il «senso di appartenenza» dei dipendenti, una pratica che i sindacati bollano come pretestuosa. «Si tratta di un modello aziendale che privatizza i profitti e scarica sui lavoratori il costo delle proprie decisioni», accusano Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs.
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