«Eh, devo dire che non è una bischerata! Eravamo perplessi, ma poi ci siamo subito ricreduti…». Maria Probst (ex Tenda Rossa) non è una chef che ama inseguire le mode. Tanto meno ora che dopo l’avventura fine dining si è trasferita in un’oasi biodinamica al Cerreto di Pomarance, in provincia di Pisa. «Qui terra e concretezza sono gli ingredienti quotidiani», sorride la chef che utilizza per le sue ricette e preparazioni oltre l’80% di materie prima aziendali e locali. Ma cosa non è una “bischerata”, espressione che fa sorridere in una donna che viene dalla Germania e che parla un toscano con accenti teutonici? Parliamo del tè. Freddo, in particolare, vista anche la stagione. «Abbiamo iniziato da poco, ma c’era proprio necessità di fare innovazioni sul bere, soprattutto a pranzo – racconta Maria – Mi sono detta che dovevamo interagire con la tendenza analcolica che sta prendendo sempre più piede: non sempre piace un cocktail alcol free, così ci siamo concentrati sul tè freddo che è un infuso assolutamente naturale.
Abbiamo anche un kit di servizio per fare l’infusione a caldo e poi bloccare l’estrazione con il ghiaccio. È una novità che affascina molto i giovani, soprattutto tra i 20 e i 30 anni. Del resto, noi siamo un bioagriturismo e facciamo solo cucina vegetariana: il pairing con il tè va molto a braccetto con la filosofia della nostra azienda». Un percorso condiviso anche da chef Gaetano Trovato nel suo Arnolfo, sempre in Toscana. Abbinamenti che possono estendersi anche a tisane e infusi diversi dal tè, non solo freddo.
Le riflessioni e le pratiche di Maria Probst aprono una nuova finestra su un ingrediente che da noi ha tanto fascino, ma che in sostanza ha poco appeal, soprattutto nella ristorazione e in mixology. «Il tema del tè e in particolare del tè freddo è molto molto delicato, specialmente in Italia. Non si tratta di qualità o meno o delle tecniche di lavorazione o di infusione, ma del percepito da parte dei consumatori – ci spiega Albino Ferri, appassionato degustatore e titolare dell’Accademia che porta il nome della sua famiglia in quel di Castel Goffredo (Mantova) dal 1905 –
In realtà, l’industria moderna ha mutato il percepito aromatico di un prodotto rispetto a quello che è l’insieme di aromi e sapori del prodotto originario. Se chiedi al pubblico che sapore ha il tè freddo, la risposta sarà: “è una bibita zuccherata al gusto di limone e tè”. Se facciamo un tè freddo naturale non avremo mai queste sensazioni, soprattutto per quanto riguarda la dolcezza. Quando beviamo un tè freddo naturale, non trovando lo zucchero che è un elemento assuefacente per il nostro cervello, l’elaborazione che facciamo non sarà un’analisi sul prodotto che potrebbe essere buono ma non dolce: la risposta sarà immediatamente “non buono”.
Per questo è difficile trovare tè freddi naturali di alto profilo nel mondo della ristorazione e dell’hotellerie. E per questo serve molta comunicazione. E strategie che avvicinino alla novità».
Questa considerazione la sintetizza in due parole anche un barman di lungo corso come Lorenzo Bertoli del Simple di Parma. «In Italia non abbiamo una grande cultura per il mondo tè. Qui conosciamo l’Estathe e, specialmente sul fronte del freddo, non andiamo molto oltre». Eppure, anche lui ci prova a spingere pairing e aperitivi a base di tè. «Sì – conferma lui – Perché da noi comunque gli analcolici vanno molto.
Sono convinto che il tè andrebbe proposto al naturale e questo funziona bene soprattutto con i tè caldi. Il problema si pone sul freddo. Anche se poi è pur vero che chi lo prova ne rimane affascinato: lo abbiniamo ai piattini da aperitivo, dalle focacce ai salumi ai formaggi. Resta però una bevanda di difficile comprensione. Il turista straniero lo apprezza e lo conosce già molto di più rispetto a noi italiani. Tanto che nella pausa pranzo non siamo riusciti ancora a inserirlo!».
Se da noi è difficile trovare tè freddi in abbinamento ai piatti o per l’aperitivo, tanto più difficile è trovare le infusioni a freddo, ovvero i tè realizzati partendo da acqua totalmente fredda e non tè caldi poi freddati. Perché questo? «I risultati sarebbero eccellenti – ci spiega Ferri – Basta scegliere materie prime adatte all’estrazione a freddo. Dal punto di vista del sapore, l’estrazione a freddo sarebbe anche migliore perché permette di estrarre più principi “dolci” trattenendo invece le parti amare, ovvero le note erbacee e i tannini. Grazie a un principio osmotico, con l’acqua fredda la parte aromatica del tè va a saturare l’acqua e poi si la cessione si interrompe automaticamente e non dobbiamo controllare i tempi di infusione: la foglia potrebbe anche rimanere sempre in acqua. Con infusioni a caldo, invece, serve molta attenzione ai tempi di estrazione che sono accelerati dall’alta temperatura. Per questo, per fare tè freddo “espresso” si parte da infusione a caldo e poi si inserisce ghiaccio per interrompere lentamente la cessione: in mezz’ora al massimo è pronto da bere».
Non sarebbe più utile, dunque, per ovviare alle reazioni negative all’amaro e alle note più dure del tè naturale non zuccherato, proporre direttamente infusioni a freddo? «Ci sono almeno due elementi che non rendono facilmente gestibile l’infusione a freddo in locali pubblici: il tempo necessario e la durata della bevanda – ci dice Ferri – Infatti servono almeno 12 ore in acqua fredda per avere una estrazione che abbia senso e dunque almeno una notte; e poi la bevanda, non essendo pastorizzata, dovrebbe essere conservata per non più di 24-36 ore. Questo la rende difficilmente gestibile».
Anche se sarebbe una buona pratica invece da fare a casa. Tanto che in Giappone, una delle patrie del tè, la tradizione di fare le infusioni a freddo in estate – specialmente con i verdi e con il matcha – ha una sua storia.
Parliamo del Koridashi (alias ice brew, ovvero infusione con ghiaccio) che è il metodo sviluppato per affrontare le calde giornate estive: è il modo più nobile, pregiato ed estetico di gustare l’autentico tè freddo giapponese, un metodo che richiede l’uso di tè dal carattere deciso.
Si tratta di una bevanda rinfrescante che contiene meno caffeina e meno note amare rispetto alle estrazioni a caldo e riesce a mantenere un contenuto di vitamina e antiossidanti maggiore: per questa tecnica, i migliori tè da utilizzare sono il Sencha – foglie verdi cotte a vapore e poi rullate fino ad avere la forma di aghi di pino), il Gyokuro (tè verde giapponese tenuto in ombra per due settimane, tradizionalmente con paglia di riso) e il Kabusecha (un Sencha ombreggiato con rete mimetica).
E – ma questo vale per tutti i tè verdi giapponesi – il Koridashi andrebbe preparato con ghiaccio realizzato con acqua a basso residuo fisso. Inoltre, l’infusione in ghiaccio ha anche in sé un elemento anti-spreco: rende utilizzabile e rigenerabile anche un tè che sia rimasto un po’ troppo a lungo nella dispensa in quanto il ghiaccio estrarrebbe meno i tannini e le note dure che invece li caratterizzerebbero se infusi a caldo.
Andando invece sul fronte dei tè verdi cinesi, sono ottimi da infondere a freddo o in ghiaccio sia il Maofeng che il Biluochun, due prodotti molto pregiati per la loro lavorazione sia nella fase agricola che in quella produttiva: il primo ha foglie con una leggera peluria argentata (da cui il nome “punte di capelli”) e viene coltivato sulle montagne dello Huangshan, nello Zhejiang; il secondo invece dalle montagne che si affacciano sul lago Dongting e ha foglie che dopo la lavorazione si presentano arricciate a forma di chiocciolina. Entrambi hanno caratteristiche di dolcezza e armoniosità nell’aroma e anche a caldo andrebbero infusi a temperature che non superino i 60-70 gradi.
Quando scriviamo, Gaetano Trovato ha appena dato il semaforo verde al nuovo menu estivo. «E per la prima volta da Arnolfo abbiamo dei piatti abbinati con tè freddi», sorride lo chef. Qui, a Colle di Val d’Elsa si intrecciano materie prime e ricordi che vanno dalla Sicilia delle radici alle Crete Senesi di adozione e da 25 anni non manca mai un menu interamente vegetariano. «Siano partiti proprio da qui, insieme alla nostra sommelier Francesca, per creare abbinamenti con infusi freddi e dare ai nostri ospiti l’opportunità di bere cose salutari e naturali. Così, con i tè naturali, si chiude anche il cerchio di un percorso salutistico che da sempre è il nostro», ci dice Trovato.
«Attualmente – ci racconta Francesca Pellegrini, la sommelier di Arnolfo – abbiamo sia in pairing con i piatti, sia in aperitivo, sia tè freddi che caldi. Sui freddi proponiamo anche uno sciroppo di zuccheri fatto da noi per chi volesse provare anche la dolcezza oltre alla dimensione naturale dell’infuso. In particolare, il piatto che apre il menu “Futurismo Vegetale”, ovvero la giardiniera mediterranea, viene proposto con un tè freddo alla menta che richiama il cetriolo e il gel di cetriolo alla menta presenti nel piatto.
Nella miscela di tè ci sono anche alcune foglioline di stevia. Nel menu di carne, invece, abbiniamo il pre-dessert e il main-dessert con una in fusione fredda di tè aromatizzato alla pesca e alla rosa canina: accompagna bene un dolce che è a base di pesca, lavanda e mandorle di Noto».
Si tratta di scelte legate anche alle nuove tendenze no alcol? O fanno invece parte di altre strategie? «In realtà il nostro è un lavoro molto in evoluzione – spiega Francesca – E già da un anno abbiniamo il cibo con vini dealcolati e signature cocktail no alcol a base di foglie e piante aromatiche di queste terre; facciamo anche caffè filtro e cordiali nella nostra cucina. Questa strada ci sembra molto promettente, tanto da decidere di aggiungere anche il tè: devo dire che è una proposta molto apprezzata dai nostri ospiti che sono in larga parte di origini orientali. E vogliamo proporla anche ai nostri clienti occidentali. Si tratta di scelte che vengono da ben più lontano rispetto alla recente crisi del mondo alcolico.
Lo chef, del resto, ha da sempre una grande passione per l’Oriente e in particolare per i tè monovarietali: e questo sarà anche il nostro futuro». Percorso condiviso anche da Alice Trovato che segue le dinamiche organizzative e commerciali del grande ristorante toscano: «Si tratta di un mondo che non conosciamo ancora molto bene, ma ho visto che promette prospettive e garantisce passioni impreviste. Assaggiando i tè, caldi e freddi, in modo consapevole si crea una coscienza più profonda e si apre una finestra di molteplici possibilità che possono andare dalla colazione al dopo cena».
«Il tè è un prodotto assolutamente naturale e figlio della terra, come i nostri prodotti a cui si lega e si abbina molto bene – spiega Maria Probst – Spesso uniamo in aperitivo il tè nero aromatizzato agli agrumi o un tè verde aromatizzato alla menta, ma anche – specialmente per i più piccini – anche un infuso di frutti esotici senza caffeina. Il primo, per esempio, si lega bene a un aperitivo a base di formaggio spalmabile prodotto da noi e servito insieme a ciliegie sottaceto e cialde di grani antichi, oppure anche con i pleurotus alla griglia, cotto su un carbone prodotto dall’ultimo carbonaio toscano che lo realizza in modo del tutto naturale con legna di quercia: è un’esplosione di gusti.
Il tè con la menta, invece, lo abbino bene con piatti in cui uso sempre una quantità di erbette: per esempio con il risotto a base di zucchine e menta mantecato con il nostro formaggio fresco allo zafferano e cubetti di mela verde».
Insomma, un bel modo per rilanciare il gran gioco degli abbinamenti svicolando dallo stretto slalom tra vini con alcol e senza alcol. «Certo, e poi si tratta di un mondo nuovo che può creare suggestioni ed esperienze nuovo: cose che un appassionato di cibo ricerca sempre – sorride Albino Ferri – I tè naturali, freddi e senza zuccheri aggiunti, hanno tutti gli spettri aromatici di quelli caldi: abbiamo così tutte le caratteristiche per affrontare il pairing tra le diverse infusioni sia con cibi dolci che salati. Probabilmente, con i dolci per noi occidentali è più semplice, perché siamo abituati ad avvicinare il tè alla pasticceria, mentre in Oriente è ben diverso. La stessa cosa vale per i tè freddi: sono accostabili sia a piatti caldi che a preparazioni fredde, anche alternando le temperature tra piatto e tè».
Niente da mostrare
Reset© Gambero Rosso SPA 2025 – Tutti i diritti riservati
P.lva 06051141007
Codice SDI: RWB54P8
registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: [email protected]
Resta aggiornato sulle novità del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
Made with love by
Programmatic Advertising Ltd
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd