Per anni in cima alla classifica dei governatori più amati d’Italia (quest’anno, nel Governance Poll 2025 del Sole 24 Ore, per un soffio gli è passato davanti il friulano Fedriga), Luca Zaia è al centro del dibattitto interno al Centro-destra sulla sua futura collocazione politica, dopo 14 anni dal primo insediamento in Regione. Bocciata dai suoi stessi alleati l’ipotesi del terzo mandato per correre alle prossime elezioni regionali in Veneto, al leghista potrebbe far gola correre con una lista sua: «Ho sempre pudore a parlare delle mie liste civiche – ha spiegato nei giorni scorsi – ovvio che al tavolo nazionale anche questo sarà argomento di discussione».
Ipotesi che il Governo Meloni prova a scongiurare con tutte le sue forze (oggi il vertice a Palazzo Chigi per sciogliere il nodo Veneto), tanto da essere pronto a mettere sul tavolo incarichi di peso, tra cui quello da Ministro, come è emerso dall’ultimo colloquio con il vicepremier Matteo Salvini. «Lo vedrei bene anche con un ruolo nel governo nazionale», avrebbe detto il leader del Carroccio. Ruolo che, ricordiamo, Zaia ha già ricoperto come titolare dell’Agricoltura dal 2008 al 2010 nel Governo Berlusconi.
Di certo il lavoro di Zaia a fianco dei consorzi del vino e dei produttori veneti è innegabile. D’altronde il Veneto rappresenta la prima regione vitivinicola d’Italia per produzione (contribuisce a un quarto del prodotto nazionale) ed export, come il “Doge” ha più volte ricordato, quasi a voler rivendicare un’ “autonomia differenziata”: «Siamo il primo produttore nazionale e il quarto esportatore mondiale».
Fu lui, negli anni da Ministro, l’artefice della nascita del “fenomeno Prosecco” come adesso lo conosciamo. Ricorderanno i più che nel 2009, per ancorare le bollicine venete al territorio – intuendo quello che da lì a poco sarebbe stato chiaro al settore, ovvero che non è il vitigno, ma la zona di produzione a rendere unica e irriproducibile una denominazione – estese la zona di produzione al Friuli-Venezia Giulia, fino al piccolo paese di Prosek, dove di fatto il Prosecco non si produce. In cambio dell’ottenimento del nome, portò avanti insieme ai Consorzi una lunga e complicata trattativa con i produttori del Carso. Da lì a poco il Prosecco sarebbe diventata la denominazione italiana più esportata nel mondo con un controvalore di 1,82 miliardi di euro nel 2024 (considerate le tre denominazioni: Doc, Docg e Asolo).
Negli anni successivi, da governatore di Regione, sempre a fianco dei Consorzi – e in virtù del riconoscimento di cui sopra – scongiurò il pericolo del Prosek croato, opponendosi al riconoscimento della denominazione richiesta dalla Croazia: «Questo nome è nostro e nessuno potrà mai utilizzalo in Europa. Prosek è un nome che ci appartiene: c’è una riserva del nome con un decreto del 2009 che firmai quand’ero Ministro», disse chiaramente in quell’occasione, respingendo al mittente la richiesta. La riforma delle indicazioni geografiche ha fatto il resto. Sempre in ambito europeo è stato tra i Governatori più attivi nel contrastare gli alert in etichetta proposti dalla Commissione Ue e, successivamente, adottati dall’Irlanda.
Nel 2019, nel suo nono anno da presidente di Regione ottenne il riconoscimento Unesco per le Colline di Conegliano Valdobbiadene. Un iter iniziato dieci anni prima che, in questi sei anni, ha portato importanti risultati sul territorio in termini enoturistici.
Poi il tentativo di bissare, con la candidatura della tecnica dell’appassimento per l’Amarone della Valpolicella. Candidatura ancora in attesa, superata a destra da quella della Cucina italiana, con non poca delusione dei produttori veronesi.
Infine, il capitolo Olimpiadi Milano-Cortina che nel 2026 dovrebbe riportare anche il comparto wine&food in vetta al turismo mondiale. «Son partito in solitaria – ha ribadito più volte lo stesso Zaia – peraltro in presenza di un dossier che candidava solo la Lombardia e Milano, dopodiché tenacia, determinazione e gioco di squadra hanno fatto sì che necessariamente vi fosse la proposta di chiamarla Milano-Cortina». Chissà se anche in questo caso il gioco di squadra sorriderà al leghista o se la “partenza solitaria” sarà, anche sulla pista politica, quella vincente …
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