Il primo incontro con il chiostro di Santa Caterina, a Palermo, ha il profumo intenso della cannella. Un ricordo olfattivo prezioso, che รจ insospettabile macchina del tempo verso un passato di cui molti hanno perso memoria: โEppure chi da sempre abita il quartiere ricorda ancora il profumo dei dolci che nei giorni di festa invadeva tutta piazza Bellini. Una coccola che le suore di clausura del convento dedicavano a chi frequentava la chiesa, il modo piรน naturale per sdebitarsi e accogliere il prossimoโ racconta Maria Oliveri, che di questa storia, dopo anni di ricerche, conosce tutti i segreti. Decifrarli non รจ stato semplice, considerando che fino al 2014, prima del trasferimento dell’ultima sorella rimasta, il convento di Santa Caterina รจ rimasto protetto da occhi indiscreti, chiuso nella regola della clausura, che qui si รจ protratta per circa 700 anni. Da un anno e mezzo, per volontร dell’Arcidiocesi e della Soprintendenza, con la fondamentale gestione della cooperativa Pulcherrima Res, l’edificio ha aperto le porte in veste di polo museale, con la peculiaritร di raccontarsi al pubblico come cantiere aperto, in divenire (analogamente a quanto succede a Palazzo Butera, ma con risorse a disposizione decisamente diverse). E questo perchรฉ la struttura, che dal Medioevo ha attraversato secoli di storia palermitana cumulando prestigio e ricchezza (le doti delle rampolle destinate dalle grandi famiglie della nobiltร siciliana alla vita monacale), รจ arrivata col tempo a occupare un intero isolato di un’area centralissima di Palermo, articolandosi in forma di cittadella tutt’intorno al bellissimo chiostro con pavimento maiolicato e piante di agrumi che circondano la fontana centrale.
Molto oneroso, quindi, recuperare tutti i tesori e gli spazi che la clausura ha custodito meglio di una roccaforte, celando una realtร tutt’altro che limitata alla semplice attivitร spirituale, e invece molto operosa, per quanto interamente vissuta dietro una grata (l’elemento piรน ricorrente durante la visita, che al momento si snoda tra le antiche celle โextralussoโ concesse alle ragazze di alto lignaggio, i solai e i tetti della chiesa di Santa Caterina, gli ambienti di servizio gestiti dalle converse, cucine e dispense comprese, il refettorio e l’ufficio della badessa). Di fatto, perรฒ, e ben oltre le aspettative, il ticket d’ingresso richiesto ai visitatori (8 euro) sta consentendo all’attivitร di autofinanziarsi, impiegando gli utili nell’apertura di nuovi spazi. Una fortuna per la cittร e per chi la visita, vista l’intenzione di fare del convento un luogo vivo, aperto agli incontri e alla divulgazione di tradizioni che hanno rischiato di andare perdute. Soprattutto, una fucina operosa com’รจ stata da sempre, con le monache impegnate ad assistere i malati, ricamare, produrre dolci.
Il capitolo sulla pasticceria conventuale รจ corposo (nel Settecento, a Palermo, sono censiti 21 laboratori dolciari conventuali. Oggi poche comunitร religiose proseguono la tradizione, mentre รจ ben piรน viva produzione di altre specialitร alimentari in molti monasteri d’Italia) e intercetta le origini di un’imprenditoria al femminile che proprio all’interno dei monasteri, specie quelli piรน prestigiosi, trovรฒ modo di proliferare: โAll’inizio produrre dolci era un modo per sdebitarsiโ spiega Maria, che all’argomento ha dedicato il libro I Segreti del chiostro, prossimo a uscire con una ristampa aggiornata. โPresto perรฒ l’attivitร divenne un modo per avere ricavi economici. E il laboratorio di Santa Caterina ha venduto i suoi dolci fino agli anni Ottanta. Prima della guerra perรฒ solo le famiglie abbienti potevano acquistarli, perchรฉ il prezzo era piuttosto alto visto l’impiego di materie prime costose, come lo zucchero. La maggior parte dei prodotti stagionali, invece, arrivavano dai fondi portati in dote dalle ragazze che prendevano i votiโ. In Sicilia, nello specifico, questa attivitร artigianale si carica di valori culturali, ereditando ricette, gusti e tecniche di pasticceria dai popoli che si sono avvicendati sull’isola, dagli Arabi passando per i Normanni, fino all’Ottocento che vide stabilirsi in cittร molti inglesi dediti al commercio di Marsala: โA loro รจ legato il nome della Maria Stuarda, una crostatina di frolla con zuccata (la marmellata di zucchine verdi siciliane prodotta nel monastero) ispirata alla tradizionale Queen Mary’s tart consumata nelle case inglesi all’ora del tรจ. Non potendo disporre di marmellata all’arancia, come da ricetta originale, al convento introdussero la zuccataโ.
Del resto, pur essendo la produzione molto varia e spesso legata alle festivitร religiose, gli ingredienti piรน utilizzati erano pochi, per ottimizzare le risorse: mandorle, zucchero, zuccata, ricotta, frutta di stagione, i liquori di produzione propria. La storia dell’ultimo anno racconta di un’impresa difficile, ma riuscita, anche a giudicare dall’affluenza registrata durante le feste natalizie: riaprire lo storico laboratorio di pasticceria del convento proprio dov’รจ sempre stato. Avviando una produzione non necessariamente a scopo di lucro, e invece indirizzata a riscoprire un’arte dimenticata. Come? Recuperando le antiche ricette, selezionando gli ingredienti migliori, allestendo uno spazio accogliente, aperto ogni giorno dalle 10 alle 18. I Segreti del Chiostro รจ proprio questo: una pasticceria artigianale dove l’intrusione della tecnologia รจ limitata a una sfogliatrice meccanica, nello spazio di lavoro che oggi la cooperativa gestisce senza manie di grandezza. โLa produzione resterร limitata, chi vuole acquistare deve venire a trovarci, per scoprirci. E lo spazio ci ispira a continuare cosรฌ: conserviamo lo storico forno a legna sostituito negli anni Sessanta da quello a gas, entrambi ancora funzionanti. Il tavolo col piano di marmo per lavorare gli impasti, un lavello per l’acqua corrente. Questo ci basta. Durante la settimana produciamo la pasticceria secca, nel weekend e per la colazione (ormai diventata un rito di diversi clienti affezionati) anche cassate al forno, genovesi calde ripiene di ricotta e cioccolato, minne della Vergine e biancomangiare. O il Trionfo di gola, che qui si produceva, reso celebre dal Gattopardoโ.
Nello spazio di vendita, sui banchi disposti a elle, รจ un tripudio di frutta martorana cesellata con cura, scorze candite, vassoi di specialitร (anche su ordinazione) di cui si era persa memoria: โLe ricette erano segrete, le suore si limitavano ad appuntare le dosi. La ricerca per recuperare i procedimenti รจ stata lunga, frutto di incontri con monache anziane che mi hanno dettato qualcosa a voce, appunti ritrovati, ricordi di parenti. E mesi di prove per trovare il gusto piรน convincente. Mentre per la parte estetica, tradizionalmente molto curata, abbiamo fatto ricorso a testi antichi e cercato nei conventi di provincia che ancora producono qualcosa di simileโ.
Cosรฌ, per esempio, รจ stato possibile ricominciare a produrre le cosiddette fedde (natiche) del cancelliere, ancora conosciute all’inizio del Novecento e poi cadute nel dimenticatoio: โUna pasta di mandorle al pistacchio che nasconde un ripieno di crema di latte e confettura di albicocche. Un sapore antico, che siamo fieri di aver riscoperto. La forma รจ quella di una conchiglia, che presto sostituรฌ l’aspetto originario, troppo simile a una natica per essere ben visto. Ma il nome dialettale รจ rimastoโ. Che altre specialitร si vendono al chiostro? Moltissime, piรน o meno conosciute. Ci sono i cannoli farciti al momento, il buccellato a Natale e l’agnello pasquale; i golosissimi panini di Santa Caterina, ripieni di zuccata e mandorle con scorza di limone. E poi i sospiri in pasta di mandorle, aromatizzati al liquore…Mandarino, cannella, rose: โPurtroppo oggi non possiamo distillarli al convento, ma per esempio le rose che aromatizzano il rosolio le raccogliamo a maggio nel chiostroโ.
E la rinascita della pasticceria del convento sta portando vantaggi per tutti: โA Palermo qualche pasticceria sta riscoprendo questi dolci antichi. Il circuito non teme la nostra concorrenza, siamo una piccola realtร e lavoriamo su binari diversi: molti turisti vengono a trovarci proprio indirizzati dai pasticceri, che gli consigliano di venire qui per ritrovare le origini dell’arte dolciaria sicilianaโ. E non solo: tra un assaggio e l’altro, sbirciate dentro le antiche credenze che arredano lo spazio. Dentro, sono nascosti tutti gli attrezzi che le suore usavano abitualmente: le forme antiche per gli agnelli di zucchero, gli stampi per le conchiglie, dei curiosi cilindri in legno… Niente meno che gli strumenti del mestiere per friggere un cannolo, ancora unti dopo secoli di utilizzo intensivo.
I Segreti del Chiostro โ Palermo โ piazza Bellini, Convento di Santa Caterina โ dalle 10 alle 18
a cura di Livia Montagnoli
foto di Emanuele Caramma
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