Nato in Inghilterra da padre cinese e madre canadese, vissuto tra Stati Uniti, Hong Kong, Europa, Jeremy Chan a 32 anni ĆØ prepotentemente entrato nelle cronache gastronomiche internazionali col suo Ikoyi, indirizzo aperto nel centro di Londra un paio di anni fa con l’amico – āla persona migliore che abbia mai conosciutoā ā e socio IrĆ© Hassan-Odukale. Riflettori accesi e tanta curiositĆ , vuoi per la conquista in tempi record dei primi riconoscimenti, vuoi per quell’originale proposta che mescola sapori africani, impronta contemporanea e nitidezza espressiva, ma anche per un complesso di elementi che riguardano tanto la cucina, quanto la personalitĆ e la pratica gastronomica di Chan.
Jeremy Chan and IrĆ© Hassan-Odukale – Foto: P.A Jorgensen
Sicuro ai limiti della sfrontatezza, deciso, forte di un pensiero analitico e una cultura eterogenea (filosofia, letteratura, finanza, arte, lingue come anche lāitaliano parlato alla perfezione). Chan ĆØ uno che sembra morire dalla voglia di smontare certi mantra, per decostruire il linguaggio del cibo e definire nuovi codici. I suoi, quelli di un cittadino del mondo ad alto tasso intellettuale, con un approccio libero rispetto certi chiodi fissi della cucina. CosƬ spazza via con una scrollata di spalle tutta la retorica del chilometro zero, della cucina delle nonne, della tradizione – āvoglio creare la mia tradizione non seguire quella di altriā – eliminando dal suo vocabolario le parole chiave di cui si nutre la letteratura gastronomica attuale: contaminazione, origini, memoria, storytelling ā archiviandole con un secco ābullshitā: cazzate ā per puntare su qualitĆ , eccellenza, bontĆ , coerenza, integritĆ . āNiente di esoterico, ĆØ tutto molto concreto: semplicemente una cosa ti fa salivare perchĆ© ĆØ incredibilmente buonaā.
ikoyi Octopus, NdolĆ© & CalƧot – Foto: Sam Gillespie
La chiave di tutto? Cibo originale, sapore profondo, materie prime straordinarie: āmi dĆ molta soddisfazione sapere che ho uno dei migliori prodotti di Londra e in un ambiente casualā, perchĆ© essere non pretenzioso ĆØ uno dei concetti più amati. Il pescato della mattina arriva in treno a Londra e da lƬ in bici da Ikoyi. CosƬ per carni o verdure, mentre spezie, pesce disidratato, fave fermentate, platano e altri prodotti secchi arrivano dall’Africa. āNon siamo un ristorante africano, scelgo il prodotto che voglioā dice per smentire una serie di malintesi dei primi mesi, quando Ikoyi era raccontato quasi come un ristorante āetnicoā. West african cuisine – come ĆØ stata definita ā ĆØ un’etichetta che gli va stretta. La sua cucina ĆØ sua, personale, originale, senza condizionamenti.
ikoyi Wild Tiger Prawn, grits and Banga bisque – Foto: P.A Jorgensen
Non cercate legami sentimentali con la madre Africa: āci sono andato una volta sola, per tre o quattro giorniā, giusto il tempo di avere un’esperienza diretta di certi sapori altrimenti filtrati dal socio IrĆ©. Nessuna storia romantica e neanche un progetto di salvaguardia del patrimonio culturale o di solidarietĆ ? āNon posso fare tutto, non sono un cuoco che gira l’Africa aiutando le comunitĆ : come potrei avere un ristorante incredibile e fare queste cose insieme? Impossibile. Magari in futuroā. Nessuna poesia, nessun progetto culturale, solo la constatazione che non esisteva una buona cucina creativa con prodotti africani a Londra. E l’idea (creativa e culturale ovviamente, ma anche commerciale) di colmare una mancanza. Marketing. āHo fatto questo progetto perchĆ© non cāera nulla di simile in giroā risponde sostanzialmente a tutti coloro che gli chiedono il perchĆ© di Ikoyi.
Parte da lƬ uno studio ostinato sui sapori del Continente Nero, chiave di volta di una delle cucine più cool di Londra. āil mio obiettivo? Fare le cose bene e migliorare sempreā. Semplice. E per farlo si ĆØ buttato a capofitto nei libri della British Library e tra documenti accademici, non prima di passare 4-5 anni nelle migliori cucine d’Europa, collezionando stage ed esperienze da figure come Redzepi, Bosi e al Dinner di Heston Blumenthal, per apprendere dei meccanismi da adattare alla sua cucina e ai suoi spazi. Non ha modelli: l’ispirazione la trova negli studi, le diverse esperienze di vita, l’impronta data dalla famiglia. PerchĆ© Chan ha una visione olistica, dĆ l’impressione che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa e la cucina sia solo una delle opzioni possibili. Anzi se gli chiedi quale ĆØ l’ereditĆ di quegli di grandi ristoranti, risponde deciso: āho imparato come non voglio essereā. E poi aggiunge: āemozionalmente, con gli altri, e poi sono stanco di posti che vendono l’immagine di qualcosa, ma poi cosa c’ĆØ sotto? Il prodotto ĆØ davvero quel che viene raccontato, oppure no?ā. Per Chan la materia prima ĆØ il punto focale: āse non ĆØ incredibile non la servo, e adatto il menu a quel che ho in cucina; dico al cliente da dove vengono i prodotti, e non che siamo un ristorante di puro prodotto africanoā. E poi ancora: ādietro quel che si racconta c ‘ĆØ davvero un sapore o un’idea unica? Non siamo leader del mondo, siamo cuochi!ā. Con la responsabilitĆ di cucinare e fare il meglio per l’ospite. Ridimensionando cosƬ la figura del cuoco. Lui la chiama umiltĆ , ma ĆØ una necessitĆ di prendersi meno sul serio che arriva probabilmente nel momento giusto.
ikoyi Plantain, Raspberry & Smoked Scotch Bonnet – Foto:Ā Clerkenwell Boy
Anche se poi, a parlarci, sembra travolto da una febbrile esaltazione e dalla voglia di dimostrare che può fare meglio di tutti: āho creato un mondo che funziona, ĆØ un esercizio intellettuale: cerco sempre di perfezionare, migliorare, organizzare e sistemare, penso più delle altre persone, talmente tanto che la sera sono stancoā. E conclude che āĆØ difficile essere me certe volte, perchĆ© penso troppo, ho troppa energia. La cucina ĆØ un modo per metterla in qualcosa di positivo perchĆ© altrimenti potrebbe essere distruttivaā. Se non fosse per quella carica forse non ce l’avrebbe fatta a seguire tutto: dalla cucina alla sala, dal business plan all’estetica del locale fino alla sua negoziazione, anche se alla prima prova come head chef āmi dicevano che non ne sapevo nulla, non avevo esperienza, ma sapevo esattamente quel che volevo fareā. Ć bastato, ma non ĆØ stato semplice: āimmagina, un nero e un mezzo cinese senza alcuna esperienza. Raccontavamo il progetto ma le societĆ immobiliari non avevano alcuna fiducia. Alla fine un proprietario ha accettato, a Sohoā, siamo nel cuore più centrale possibile di Londra, tutte le attrazioni sono a due passi, certo ĆØ un poā turistico⦠āNon ĆØ un quartiere che mi piace, ma ĆØ centrale quindi ci passano tutti, ed ĆØ abbastanza neutro, nĆ© hipster, nĆ© posh, nĆ© altroā.
Foto: Ratensperger
Il ristorante apre: āma non entrava nessuno, era molto frustrante perchĆ© sapevo che stavo facendo qualcosa di molto originale e di qualitĆ incredibile, cercavo a migliorare ogni giorno, mi dicevo: se deve finire, deve finire beneā. Poi però arriva la Stella āanche se non siamo un tipico posto da Michelin, ma alcune caratteristiche ci sono: eccellenza, consistenza, originalitĆ , personalitĆ . In questo Ikoyi ĆØ il più Michelin di tutta Londraā. Continua a raffica: āquel che mi dĆ più soddisfazione ĆØ che in poche persone senza esperienza in cucina oggi Ikoyi ĆØ uno dei migliori ristoranti di Londra per qualitĆ , precisione e prodotto: so che si usa negli altri ristoranti e so che noi offriamo qualcosa di molto buono a un buon prezzoā. Il valore dell’esperienza? āPuoi fare una cosa per 20 anni ma se non hai una mente aperta per capire, migliorare, ottimizzare e perfezionare ogni giorno, ĆØ inutile. Con la giusta mentalitĆ puoi arrivare anche alle Tre Stelle in pochi anni. Non ĆØ impossibile, ĆØ un esercizio mentaleā. Accanto l’amico d’infanzia IrĆ© a bilanciare l’esuberanza: ālui ĆØ gentile, generoso, calmo, paziente. Siamo come due fratelli, con la stessa visione aperta e senza pregiudizi, e tanta umiltĆ ā.
Foto: P.A Jorgensen
āL’eccellenza ĆØ l’unica cosa che può assicurarci sopravvivenzaā dice āabbiamo un solo Ikoyi, e rimarrĆ uno, perchĆ© io sono uno solo, e devo stare al ristorante perchĆ© sia perfetto. Per esistere con un singolo ristorante a Londra devi avere cibo eccellente e un’idea molto originale. Altrimenti ti confondi con il resto della cittĆ , che ĆØ mediamente banale. E allora perchĆ© dovrebbero venire da noi?ā. In un panorama molto competitivo come quello londinese Ikoyi ĆØ un bistrot dal prezzo medio relativamente accessibile āil marketing e il business plan sono fondamentali, ma ĆØ la qualitĆ che ci fa vivereā. Tant’ĆØ che se gli chiedi come hanno sviluppato il progetto imprenditoriale ti risponde āin Excell, ho fatto un programma e inserito tutte le vociā. Tautologico, ma non fatevi ingannare. Chan ha lavorato nella finanza prima di entrare in cucina. E chissĆ dove sarĆ domani: āVoglio vedere fino a dove riusciamo ad arrivare con i limiti di spazio che abbiamo. Poi magari smetto di cucinare : qualche volta ho voglia di ripartire da zero in una situazione complicata come era all’inizio Ikoyi. Ho bisogno di mettermi in difficoltĆ lavorando intensamente per risolvere i problemi e riemergereā. Lāodio per la comfort zoneā¦
ikoyi Tigernut, Smoked Rapeseed & Caviar – Foto: Clerkenwell Boy
Prodotto, prodotto, e ancora prodotto. Parlare con Chan significa soprattutto sentirsi ripetere parole come: integritĆ , purezza, consistenza – āvoglio rendere l’ingrediente migliore di come era primaā, intensificarne il sapore puro e restituire anche esteticamente l’idea del prodotto. Per farlo niente chimica, usa sale acqua olio vapore e coltello, āche ĆØ più importante di una macchina, di 50 strumenti o 10 persone che disidratano o fanno compressioniā. La definisce āuna cucina abbastanza semplice con un’estetica abbastanza sinteticaā nel senso di geometrica, minimalista,ācome arrivasse da un altro pianetaā dove l’impatto visivo ha un ruolo determinante. Una cucina tecnica e semplice insieme: ānon ci sono più di due o tre cose nel piatto: voglio prendere un rischio, piatti cosƬ devono essere perfetti, come il sushiā. E non a caso i suoi riferimenti sono Araki San e Saito San, due maestri di sushi. Un azzardo che si moltiplica in una cucina all’impronta, zero prove o quasi: āmassimo controllo e massimo rischio: in due parole ĆØ rischio controllato perchĆ© faccio tanto calcolo nella testa, penso profondamenteā. Una specie di palato mentale e un ricchissimo archivio di sapori da cui attingere: āho la visione concreta del piatto in testa, e non devo provare perchĆ© so esattamente quel che voglio. E poi lo faccioā. I menu gira ad alta velocitĆ , ogni settimana cambia qualche piatto āne abbiamo fatti più di 500 in un anno e mezzo. Abbiamo un libro di ricette alto cosƬā. Intanto Ikoyi sta per festeggiare i due anni di vita e il tutto esaurito ogni sera, con quel menu che mescola aciditĆ , note bruciate, piccantezza, umami in un consesso di suggestioni. Mai filologiche, ma semplicemente āsquisiteā.
Ikoyi ā GB ā Londra – 1 St Jamesās Market, St. Jamesās ā +44 20 3583 4660 – https://ikoyilondon.com/
a cura di Antonella De Santis
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