Coronavirus: nel vino non si trasmette. Parola di Assoenologi

17 Mar 2020, 10:33 | a cura di
Anche l'associazione degli enologi è intervenuta sul Covid-19, spiegando perché l'alcol non ne permette la sopravvivenza. E mentre Coldiretti lancia la campagna #mangiaitaliano, il ministro Patuanelli chiarisce: “Non serve la certificazione virus free sul Made in Italy”

Impossibile la sopravvivenza del virus nel vino

Il virus non si trasmette nel vino. A spiegare il concetto è intervenuta anche Assoenologi: “La sopravvivenza del virus nel vino appare impossibile” ha ribadito l'associazione egli enologi dopo essersi confrontata con la comunità medica “in quanto la concomitante combinazione della presenza di alcol, di un ambiente ipotonico e della presenza di polifenoli, impedisce la vita e la moltiplicazione del virus stesso”. Non solo. Il gruppo guidato da Riccardo Cotarella ha spiegato anche che “un consumo moderato di vino, legato al bere responsabile, può contribuire a una migliore igienizzazione del cavo orale e della faringe, area, quest'ultima, dove si annidano i virus nel corso delle infezioni”. Della serie, a bere un bicchiere di vino non si sbaglia mai, soprattutto in tempo di Covid-19 (ma arriva a distanza di qualche giorno la precisazione dei medici, che smentiscono  a più voci la veridicità dell’affermazione, condannata da molti con forza: “Non c'è nessuna prova scientifica di quest'affermazione, per la disinfezione ci vuole ben altro -  spiega Riccardo Gatti, direttore del Sert dell'Ospedale Santi Paolo e Carlo di Milano – è vergognoso divulgare un concetto che aumenta la confusione, spingendo le persone a consumi inutili e non positivi per la salute”).

In merito agli imballaggi, Assoenologi sostiene che “la contaminazione appare assai remota, se non addirittura statisticamente inesistente, anche in considerazione della breve vita del virus e dell'assenza di un potenziale ospite biologico vivente”.

 

La campagna #mangiaitaliano di Coldiretti

L'intervento di Assoenologi serve anche a mettere un punto (si spera) alle discriminazioni verso i prodotti italiani. Infatti, in queste settimane, una azienda su due (53%) tra quelle che vendono all'estero, avrebbe ricevuto, secondo Coldiretti una disdetta di ordini. Le altre avrebbero avuto richieste del cosiddetto certificato “virus free”. Tanto da spingere il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ad attivare una casella di posta elettronica ([email protected]) per segnalare restrizioni e discriminazioni verso i prodotti italiani o qualunque altra difficoltà riscontrate nella fase di esportazione. Intanto, Coldiretti ha lanciato il progetto #mangiaitaliano per superare questo momento di difficoltà. La mobilitazione vede schierati in prima linea i mercati degli agricoltori e gli agriturismi di Campagna Amica e prevede anche una campagna social che coinvolge personaggi noti, dalla televisione al giornalismo. “La campagna” spiega il presidente Ettore Prandini “serve a combattere la disinformazione, gli attacchi strumentali e la concorrenza sleale che ha portato alcuni Paesi a richiedere addirittura insensate certificazioni sanitarie virus free su merci alimentari provenienti dalla Lombardia e dal Veneto”.

Non serve nessuna certificazione virus free

Sul tema è intervenuto anche il ministro per lo Sviluppo economico Stefano Patuanelli che a Radio Capital ha ribadito: “Non vi è alcuna necessità di un marchio virus free per il Made in Italy. E nessuna certificazione. I nostri prodotti non sono diversi da quelli di prima e non c'è alcun contagio attraverso il vino, giusto per citare un prodotto”. Patuanelli ha, poi, ribadito che l’incremento pari a 350 milioni di euro dei fondi a disposizione dell’Ice per la promozione servirà anche a vincere questa battaglia: “Far recepire all’esterno che le nostre produzioni interne hanno la stessa qualità di prima”. Un percorso che – non lo nasconde neanche il Ministero – sarà tutt'altro che semplice.

 

a cura di Loredana Sottile

 

 

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