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I vini low alcol italiani conquistano gli States. Ma ad arricchirsi sono le imprese americane

Vini tricolore, business statunitense. Un paradosso dovuto a un vuoto normativo. Unione italiana vini: โ€œBasta tentennamenti. Lollobrigida deve approvare il decreto dealcolatiโ€

  • 08 Febbraio, 2024

Le bevande low alcol italiane spopolano negli Usa fino a rappresentare il 28% del totale vini importati.ย Una buona notizia se non fosse che ad arricchirsi grazie al nuovo trend non sono le imprese del Belpaese. La produzione e lโ€™imbottigliamento avvengono sรฌ in Italia, ma i gruppi che commercializzano questi prodotti (e che si assicurano lโ€™80% del valore delle vendite) sono statunitensi. Uve italiane, quindi, ma fatturati no.

Un business da 651 milioni di dollari

La denuncia รจ di Unione Italiana Vini che attraverso il suo Osservatorio ha quantificato il business in 651 milioni di dollari tra grande distribuzione e retail americani. Vini italiani o prodotti a base vinicola venduti a un prezzo medio allo scaffale di quasi 16 dollari al litro, piรน del doppio rispetto alle omologhe bottiglie statunitensi (7 dollari) e addirittura il 5% in piรน al confronto con la media dei vini tricolori tradizionali.

Si tratta di bottiglie, ma anche lattine, da 7 gradi in giรน, quasi totalmente sconosciute nel Belpaese, ma sempre piรน presenti tra gli scaffali Usa. Lโ€™origine italiana, regina del mercato (prima perfino dei prodotti statunitensi), รจ rintracciabile – tra i fermi – soprattutto nei rossi (39%, a 254 milioni di dollari), seguiti dal Moscato (103 milioni) e dai rosati (23 milioni).

La cavalcata dei prodotti no e low alcol

Il fenomeno dei vini a bassa gradazione รจ relativamente giovane, ma nellโ€™ultimo anno รจ stato protagonista di una incredibile cavalcata che, grazie al cambio di gusti tra le varie generazioni ed etnie del Paese, li ha portati a essere una scelta non piรน secondaria rispetto al vino classico.

Discorso a parte meritano i no alcol. Si tratta di vini che, se รจ vero che partono da numeri bassi, nel giro di due anni hanno raddoppiato le vendite negli Usa, attestate oggi โ€“ secondo lโ€™Osservatorio Uiv โ€“ a 62 milioni di dollari. Tuttavia, i prodotti italiani a zero alcol sugli scaffali statunitensi sono pochi, le vendite ammontano ad appena 4,5 milioni di dollari (+39% sul 2022) con un prezzo medio di 14 dollari al litro. Una quota residuale della presenza italiana (il 7% del totale), che diventa minuscola se si considera che il 90% delle vendite รจ imputabile a una sola azienda, per giunta americana, che acquista in Italia i prodotti finiti e li commercializza con marchio proprio. Il resto รจ appannaggio di altri Paesi: Spagna, Germania e Francia, che, al contrario dellโ€™Italia, hanno una regolamentazione interna che gli permette di produrli.

Lโ€™Appello di Uiv: โ€œIl Governo proceda con il via libera ai vini dealcolatiโ€

Il paradosso, che vede lโ€™Italia protagonista di un business non suo, ha riportato sotto i riflettori la questione dei vini totalmente o parzialmente dealcolati, la cui produzione รจ al momento vietata in Italia.

ยซIl segmento low-alcolยป sottolinea il segretario generale di Uiv Paolo Castelletti ยซpuรฒ rappresentare unโ€™opportunitร  anche e soprattutto lร  dove il prodotto tradizionale fa fatica, come dimostra il record ventennale di vino rimasto in cantina al termine della scorsa campagna vendemmiale. Oggi per fare vini low alcol i produttori italiani hanno tre strade: utilizzare il vino come base per bevande aromatizzate, produrre vini da mosti parzialmente fermentati, oppure – in caso vogliano procedere con la dealcolazione – delegare il processo produttivo nei Paesi europei diretti competitorยป.

Proprio il segmento dei vini dealcolati sembra quello piรน interessante in ottica di medio termine, in grado di per intercettare le tendenze salutistiche in atto nel Paese, sempre piรน orientato a ridurre lโ€™assunzione non solo di alcol ma anche di zuccheri. Una categoria, quella dei Nolo (low e no alcol), da molte imprese considerata a maggior potenziale di crescita qualitativa.

Senza legge, l’Italia resta fuori dal business

ยซDa tempo Uiv sollecita un intervento normativo per disciplinare una produzione che lโ€™Unione Europea ha autorizzato da piรน di due anniยป รจ la denuncia di Castelletti ยซAl netto delle bozze di decreto – su cui abbiamo evidenziato le perplessitร  del settore vino (visto che coinvolge principalmente le distillerie; ndr)- siamo gli unici a non aver ancora recepito il regolamento Ue, con evidenti svantaggi competitivi rispetto ai produttori comunitari. Riteniamo quindi che il Governo debba trattare con la massima urgenza questo tema non piรน derogabile, definendo con chiarezza e assieme al comparto un perimetro chiaro di azioneยป.

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