Vino

Vini senza alcol: facciamo chiarezza. Che cosa dice davvero il testo Ue?

Lโ€™Europa vorrebbe armonizzare una pratica giร  adottata in altri Paesi, ma in Italia il mondo vitivinicolo si spacca tra chi urla allo scandalo e chi vi vede delle nuove opportunitร . Dubbi sul termine โ€œrestitution of waterโ€, ma Bruxelles smentisce lโ€™annacquamento e ribadisce che le Doc non diventerebbero alcol free

  • 18 Maggio, 2021

Dallo stornello romanesco di Gabriella Ferri al miracolo della trasformazione evangelica dellโ€™acqua in vino, sono tante le immagini che in questi giorni si sono avvicendate, di fronte alle novitร  riguardanti i cosiddetti vini dealcolati.ย Lโ€™argomento non รจ nuovo (Tre Bicchieri se nโ€™era giร  occupato nel 2019, nellโ€™articolo Vini senza alcol. Un rischio o unโ€™opportunitร ?), anche se รจ diventato un caso mediatico solo negli ultimi giorni, dopo la circolazione del documento – ancora in bozza – di un Regolamento comunitario (n. 1308/2013) attualmente in discussione a Bruxelles nel corso del trilogo Commissione-Parlamento-Consiglio, che prevede di autorizzare nellโ€™ambito delle pratiche enologiche lโ€™eliminazione totale o parziale dellโ€™alcol.

La proposta risale al 2018

In realtร  lโ€™introduzione di questi prodotti allโ€™interno dellโ€™Ocm era giร  presente nella prima proposta della Commissione Europea di giugno 2018, dove all’articolo 193 dello stesso regolamento facevano la loro comparsa proprio i termini โ€œvino dealcolatoโ€ (con tasso alcolometrico non superiore a 0,5% vol.) e โ€œvino parzialmente dealcolatoโ€ (con tasso alcolometrico compreso tra 0.5% e il limite stabilito per Paese, circa il 9%). Adesso siamo, quindi, alla fase finale. Quella in cui, con la nuova Pac alle porte, bisogna prendere la decisione: inserire o meno questi prodotti allโ€™interno del comparto vini? Sarebbe la prima volta che si tenta di armonizzarne a livello europeo questa categoria. Al momento, infatti, sono le singole legislazioni nazionali ad ammetterne la dicitura, come hanno giร  fatto Spagna e Germania. In Italia, invece, un prodotto per essere chiamato vino deve presentare una gradazione di circa 9 gradi (ogni denominazione, poi, fa riferimento al disciplinare specifico). Almeno fino a questo momento.

Che cosa dice davvero il working paper Ue?

In attesa della decisione che sarร  presa a conclusione degli incontri (26 maggio), cerchiamo di fare chiarezza e di capire cosa cโ€™รจ davvero scritto nel documento in discussione. In primis, il testo chiarisce che per quanto riguarda Dop e Igp, sarร  consentita solo una dealcolizzazione parziale. Le pratiche di dealcolizzazioni totale, quindi, rimarrebbero appannaggio dei vini varietali. Un compromesso, questo, ottenuto per trovare una sintesi tra il parlamento che avevo detto no alla dealcolizzazione totale per le Dop e la Commissione che, invece, avrebbe voluto estendere la pratica anche a questa tipologia.

La soluzione trovata prevede, inoltre, che saranno stabiliti dei requisiti di etichettatura obbligatoria in cui tali prodotti saranno sรฌ chiamati vini, ma con la specifica di โ€œdealcolatiโ€ o โ€œparzialmente dealcolatiโ€ e chiaramente gradazione alcolica in evidenza.

Vini senza alcol: quali pratiche sono ammesse?

In merito alle pratiche consentite per la deacolizzizione, oltre a quelle giร  in uso, ne vengono introdotte altre (che saranno oggetto di uno specifico atto delegato). Infatti, nella proposta originaria, quella del 2018, la Commissione aveva previsto la parziale evaporazione sottovuoto, le tecniche a membrana e la distillazione. Successivamente il Comitรฉ vins era intervenuto chiedendo piรน flessibilitร . Ed รจ qui che si inserisce il procedimento che ha scatenato le maggiori polemiche, lโ€™aggiunta di acqua (โ€œannacquamento del vinoโ€, per dirla con Coldiretti), che nel testo รจ indicata come restitution of water, ovvero โ€œreintegrazione di acquaโ€. Ma che cosa significa? Nel processo normale di dealcolizzazione, cioรจ quando viene estratta la molecola dellโ€™etanolo, lโ€™acqua viene tolta per essere dopo reintegrata. Si legge, infatti, che โ€œtutte le pratiche enologiche autorizzate escludono l’aggiunta di acqua, tranne dove richiesto per una specifica necessitร  tecnica o, nel caso di prodotti vitivinicoli che, a causa del processo di dealcolizzazione subiscono una perdita di acquaโ€.

La posizione di Bruxelles: โ€œMai parlato di annacquare il vinoโ€

Intanto, da Bruxelles, dopo il polverone mediatico che si รจ scatenato in Italia, arrivano delle precisazioni: โ€œLa Commissione Europea non ha mai proposto di annacquare il vino, ma semplicemente di modificare il quadro giuridico Ue per consentire lo sviluppo dei vini dealcolati, cioรจ con un tenore alcolico minore rispetto al vino propriamente detto, prodotti per cui si riscontra una domanda crescente e che potrebbero costituire un’opportunitร  interessante per il settoreโ€ ha spiegato il portavoce della Commissione Balazs Ujvari. Secondo il portavoce, infatti, โ€œla domanda dei consumatori di vini con minore tenore alcolico รจ aumentata in modo significativo negli ultimi anni. Nella sua proposta di riforma della Politica agricola comune del 2018โ€ ha continuato Ujvari โ€œla Commissione ha proposto di adattare il quadro giuridico Ue sui vini per includere questo prodotto nuovo e promettente. Tuttavia, va notato, che la proposta della Commissione non fa alcun riferimento all’aggiunta di acqua. รˆ in corso un negoziato legislativo e speriamo che i colegislatori appoggino questo approccio, a beneficio dell’intero settore vinicolo Ue”.

calici di vino

Vini senza alcol. Uiv e Federvini favorevoli: โ€œMeglio regolamentare i dealcolati come viniโ€

Per il segretario generale Uiv Paolo Castelletti รจ addirittura importante che queste nuove categorie rimangano allโ€™interno dei prodotti vitivinicoli: โ€œCโ€™รจ tutto un mercato che richiede tali prodotti, dai Paesi musulmani ai Paesi del Nord Europa: portarli allโ€™interno della famiglia dei prodotti vitivinicoli significherebbe sia controllarne il metodo di produzione (si partirebbe dalla classica produzione di vino e non da succhi dโ€™uva o altro; ndr), sia aggredire nuovi mercati. Se lasciate, invece, al mondo โ€œbevandeโ€, sarebbero soggette al Reg 1169/2011 e preda di altre industrie, diventando quindi dei concorrentiโ€. Oltretutto Castelletti non capisce il polverone mediatico che si รจ creato attorno alla questione: โ€œNon cโ€™รจ nulla di nuovo: da anni si parla di regolamentare il settore. Attualmente, lโ€™Italia produce 50 mln di ettolitri di vino, metร  รจ vino comune. Una parte di questo non si sa come valorizzarlo e venderlo. Se questa categoria prenderร  spazio tra i consumatori, saranno i nostri imbottigliatori a guadagnarci qualcosa, piuttosto che le industrie alimentari o di bevande, come la Pepsi o la Coca Colaโ€. Insomma, meglio entrare nel business, invece che restarne fuori o addirittura subirlo. โ€œPer le Doc poco cambierebbeโ€ conclude il segretario Uiv โ€œvisto che si tratterebbe solo di una dealcolizzazione parziale che dovrebbe comunque passare dalla modifica dei singoli disciplinare: nessuna imposizione dallโ€™altoโ€.

Dello stesso avviso Federvini: โ€œLo consideriamo un passo necessario e utile. Inoltreโ€ puntualizza il presidente Sandro Boscaini โ€œla Ue afferma che le pratiche devono essere disciplinate allโ€™interno della legislazione vitivinicola: cosรฌ si resta vincolati agli importanti parametri legislativi europei anche in termini di pratiche enologiche e presentazione. Il rischio di vedere delle Do dealcolate รจ inesistente a meno che i produttori non decidano di modificare i propri disciplinari: a conferma che i produttori restano i custodi delle caratteristiche della propria denominazione”.

Vini senza alcol. Il fronte dei contrari: โ€œNon chiamatelo vinoโ€

Meno aperto e possibilista lโ€™altro fronte, che mette in evidenza il grave precedente che ne deriverebbe e che punta il dito soprattutto sul giร  citato โ€œannacquamentoโ€. Coldiretti, che รจ stata la prima a lanciare lโ€™allarme la settimana scorsa, continua la sua battaglia contro la pratica: โ€œIn questo modo viene permesso di chiamare vino, un prodotto in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalitร  per effetto di trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dellโ€™uva in mosto e quindi in vino. Un inganno legalizzato per i consumatoriโ€, degno della canzone romanesca โ€œLa societร  dei magnaccioniโ€, ironizza il presidente Ettore Prandini. Per il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella: โ€œAggiungere acqua al vino รจ pura follia. Siamo contrarissimiโ€ ha detto allโ€™Ansa โ€œalmeno abbiano il buon senso di non chiamarlo vino. Consiglio a Bruxelles di consultare i produttori e noi enologi prima di proporre certe leggiโ€.

โ€œUnโ€™idea da respingere senza esitazioneโ€ gli fa eco Floriano Zambon, presidente di Cittร  del Vino โ€œCi opporremo con forza a questa ipotesi che punta a snaturare un prodotto che vanta secoli di storia e di pratiche enologiche e che favorisce esclusivamente gli interessi di gruppi economici e multinazionali slegate dai nostri territoriโ€.

Appoggia la causa anche Alleanza Cooperative: โ€œNon si puรฒ chiamare vino un prodotto assai lontano da quello originale in cui รจ prevista lโ€™aggiunta di acquaโ€ incalza il presidente Luca Rigotti โ€œSi tratta di un errore che andrebbe a snaturare completamente le caratteristiche di un prodotto dalla tradizione millenaria, oltre a costituire anche una mancanza di trasparenza nei confronti del consumatore. Pur concordando sulla opportunitร  che tali regole trovino spazio in Regolamenti del settore vitivinicolo e pur non essendo a priori contrari ai vini a bassa gradazione alcolica, considerando che essi rappresentino unโ€™opportunitร  commerciale, specie in alcuni Paesiโ€ conclude Rigotti โ€œla nostra posizione รจ che essi debbano essere chiamati diversamente, ad esempio bevande a base di vinoโ€.

 

a cura di Loredana Sottile

illustrazione di copertinaย di Gaia Niolaย 

 

Questo articolo รจ tratto dal settimanale Tre Bicchieri del 13 maggio 2021 โ€“ Gambero Rossoย 

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