Il caro-energia costa al vino più di 3 miliardi di euro. Chi paga il conto?

14 Ott 2022, 18:28 | a cura di
Per far fronte al surplus di 1,5 miliardi di euro le imprese sono ricorse all’aumento dei listini. Ma non è ancora sufficiente. Uiv: “Necessario patto di filiera per non pesare sui consumatori”

Siamo appena entrati nell’autunno più “caldo” degli ultimi anni. La combo pandemia-guerra non lascia scampo alle imprese italiane e il caro-energia ha di fatto scatenato un effetto domino che si è ripercosso sui prezzi di tutti i prodotti utilizzati per la produzione di vino.

A lanciare l’allarme l’Osservatorio Uiv-Vinitaly che, attraverso un’analisi compiuta nell’ultima settimana sulle imprese del Belpaese (un panel in rappresentanza del 30% del mercato) ha evidenziato che solo per i costi dell’energia (780 milioni di euro) e dei cosiddetti dry-good (2,4 miliardi di euro tra tappi, capsule, carta, cartoni e vetro) il prezzo da pagare è di quasi 3,2 miliardi di euro, con un surplus di 1,5 miliardi di euro. Un miliardo e mezzo in più che deriva da +425 milioni di euro (+120%) di caro-energia e da oltre un miliardo in più (+74%) di materie secche, già da mesi sottoposte a pressioni, non solo di tipo inflattivo, ma anche distributivo.

Il costo energetico supera quello della forza lavoro

Se, poi, si sommano tutti gli altri costi, il conto diventa ancora più salato. In particolare, la componente principale resta l’acquisto di materia prima, quindi uva e sfuso (6,6 miliardi di euro con un aumento contenuto a +14%). In ascesa la voce spese generali, dove rientrano anche i costi commerciali (circa 2,4 miliardi e a +25%), dovuti alla ripresa delle attività fieristiche, che nel 2021 erano ancora sospese. In leggero aumento anche i costi del personale, a 650 milioni di euro (+7%), sebbene sia interessante notare come per la prima volta il costo energetico (780 milioni di euro) abbia superato quello per la forza lavoro.

Il totale di tutte queste voci è di 12,9 miliardi di euro, con un aumento dei costi totali di quest’anno del 28%, ovvero 2,8 miliardi di euro. La domanda, quindi, è: come coprire queste spese in più?

Aumento dei listini ancora insufficiente

Di fronte a questa situazione, le aziende hanno cercato di rivedere in corsa i listini, provando a spostare a valle i costi. Operazione riuscita solo in parte. Di fatti, l’incremento dei listini stimati dall’Osservatorio nei primi 9 mesi di quest’anno è del 6,6%, un dato che resta insufficiente per coprire una variazione al rialzo dei prezzi che le imprese hanno richiesto ai distributori nell’ordine dell’11%. Il gap equivalente è di 4,4 punti percentuali, pari a 600 milioni di euro di costi non coperti da ricavi che il vino italiano è costretto a sostenere per rimanere sul mercato.

Inoltre, se fin qua la distribuzione si è dimostrata in grado di fare da cuscinetto, cercando di assorbire parte dei costi per non scaricarli sui consumatori, adesso ci si chiede per quanto tempo gli argini protettivi riusciranno a tenere. La misura è quasi colma. E a pagare il conto più salato saranno le piccole e medie imprese che producono, vinificano e imbottigliano tutto, o quasi, in casa propria.

Avanti con il patto di filiera per creare effetto cuscinetto

L’indagine dimostra come la crisi in atto non risparmi il nostro settore, che non è energivoro ma in molte sue componenti ne subisce conseguenze dirette”, è il commento del presidente di Unione italiana vini Lamberto Frescobaldi che propone “un patto di filiera per consolidare tutte le dinamiche che possano produrre un effetto cuscinetto a garanzia di competitività e mercato. Produttori, industriali, cooperative e distributori dovranno perciò assorbire parte degli aumenti per non scaricarli completamente sui consumatori ed evitare una pericolosa depressione dei consumi”. Anche perché nei prossimi mesi il caro bollette si ripercuoterà anche sui consumatori che inizieranno a tagliare proprio dai consumi, vino in primis. Specialmente se i prezzi dovessero lievitare troppo.

Prova a guardare il bicchiere mezzo pieno, l’amministratore delegato di Veronafiere, Maurizio Danese: “Quanto sta succedendo impatta fortemente anche sul vino, ma c’è la consapevolezza che i fatti di oggi, come quelli di due anni fa, rappresentino fattori esogeni e non strutturali che agiscono su un comparto comunque in salute”. Riuscirà il vino a superare anche la prova bollette?

a cura di Loredana Sottile

L’articolo completo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 13 ottobre

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