Si chiama tonno, ma è coniglio. E non è uno scherzo. Richiama solo il modo in cui il pesce viene conservato, bollito lentamente, sfilacciato a mano, poi immerso nell’olio e lasciato riposare per giorni. Il risultato è una carne bianca, tenera e saporita, che alla vista ricorda il tonno sott’olio.
Nelle campagne piemontesi, per secoli il coniglio ha rappresentato una delle fonti di proteine più comuni. Facile da allevare, si nutriva con poco, viveva negli spazi di casa, non richiedeva strutture complesse. La carne bovina o suina non era sempre disponibile, e la selvaggina era incerta. Il coniglio, invece, garantiva una certa continuità.
All’epoca il frigorifero non esisteva, conservare la carne era un’esigenza fondamentale. L’unico modo era lavorare con metodi casarecci: cottura lenta, disossatura, riposo, immersione in olio d’oliva che agisce da barriera contro l’aria e l’umidità, e permette di mantenere il prodotto anche per settimane. La carne del coniglio così cambia consistenza e sapore, tanto da ricordare quello del tonno sott’olio. Col passare dei giorni, infatti, la carne si ammorbidisce e si insaporisce, assorbendo lentamente l’olio e gli aromi.
Foto credit: Facebook @marco__brioschi
C’è una versione curiosa e quasi leggendaria legata a questa pietanza. Si racconta che, nell’Ottocento, i frati di un convento di Avigliana, nel torinese, per aggirare il divieto di consumare carne durante la Quaresima, avessero escogitato un piccolo stratagemma: cucinare coniglio, conservarlo sott’olio e farlo passare per tonno. Così facendo, avrebbero potuto mangiare carne senza incorrere in sanzioni.
Il tonno di coniglio non è un piatto da esecuzione rapida. La carne deve bollire in acqua con cipolla o aglio, sedano, carota, vino bianco e spezie. Dopo la cottura, il coniglio si lascia raffreddare, si disossa e si sfilaccia a mano. Poi si sistema in vasi di vetro o terracotta con aglio, alloro, pepe in grani, e si copre di olio. Il riposo, a questo punto, è parte della ricetta: almeno due giorni in frigorifero, ma chi lo prepara secondo tradizione aspetta una settimana, anche più.
Foto credit: Facebook @marco__brioschi
In passato, le famiglie preparavano diversi vasi per l’inverno. Il tonno di coniglio era il protagonista di pani ripieni, insalate, pranzi improvvisati. Spesso compariva durante le feste, accanto a insalate russe, vitello tonnato e altre preparazioni fredde tipiche della cucina piemontese.
Con il tempo, il tonno di coniglio è passato dalle cucine domestiche ai menù delle trattorie. Oggi si trova spesso come antipasto nei ristoranti piemontesi, soprattutto in versione classica. Ma non manca chi lo rielabora: c’è chi aggiunge capperi, chi usa spezie meno tradizionali, chi accompagna la carne con uova sode o insalatine croccanti.
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