Un unico tavolo. Dieci persone. Un orto. Un solo obiettivo: condividere.
A Badia a Passignano, in terra di Chianti Classico, è nato un nuovo progetto culinario immersivo firmato Osteria di Passignano – di proprietà dei Marchesi Antinori – guidato dallo chef Matteo Lorenzini, scuola Ducasse. Si tratta di un’esperienza che coniuga la riconnessione con la natura, in particolare con la terra, e certe nostalgie legate ai pranzi luculliani in famiglia, nella casa in campagna.
Ci si siede tutti insieme a un tavolo sociale e si attende che l’estro (bucolico, per l’occasione) dello chef si esprima offrendo, nel piatto, vegetali proposti in maniera creativa, il tutto accompagnato dai vini – una garanzia – delle tenute Marchesi Antinori.
E se “mangiare è un atto agricolo”, come sosteneva lo scrittore Wendell Berry, lo staff di Passignano ha preso il comandamento alla lettera, donandolo a ogni commensale che si siede a quel tavolo.
Il mastro è lo chef Lorenzini, che si muove in una cucina scenografica esterna studiata ad hoc: tra carote fresche, aglio e cipolle appesi, barattoli di semi in bella vista, pentolame che ricorda quello in rame della nonna, legna per alimentare braci e affumicatori su cui sfrigolano prevalentemente vegetali, quelli dell’orto bioattivo adiacente.
È un trionfo di zucchine sotto cenere, lattughe alla brace, ma c’è posto anche per il pollo cotto molto lentamente e servito – come le altre carni – a corredo di un ingrediente principale che è sempre un vegetale.
Il fine ultimo della cena nell’orto è quello di far riscoprire le qualità dei vegetali, mettendoli al centro del pasto. La condivisione è il mantra di questa esperienza: ci si siede tutti insieme, lo chef finisce il piatto direttamente sulla tavola, allietando il pasto con uno storytelling gastronomico che sa di ricordi, esperienze personali e racconti che spiegano le origini di ogni piatto.
Dopo essersi rinfrescati all’ombra degli alberi del Chianti con una kombucha di sambuco, basta voltare le spalle e la scenografia è pronta. A campeggiare il piccolo orto con tenerumi giganti in bella vista, cicoria catalana, maggiorana, lattughe, timo, cavolfiori di ogni genere come il palla di neve o viola. Sullo sfondo di questo trionfo vegetale e contadino, un grande e lungo tavolo in legno posto proprio al centro dell’orto e coperto da canne che rinfrescano e riparano dalle ultime luci del tramonto per poi fare da tetto e riparo dal venticello fresco d’estate del Chianti che accompagna le chiacchiere, il tintinnio dei bicchieri di vino e talvolta i piacevoli silenzi dei commensali quando sono intenti ad assaporare le creazioni vegetali dello chef.
L’accoglienza al tavolo è con una sorta di acqua di San Giovanni con fiori ed erbe in una ciotola che serve a purificarsi le mani, prima del pasto, e a mettere subito le cose in chiaro: qui ci si riconnette con la terra e la natura. Il pasto comincia, poi, con vegetali crudi: piselli in baccello, ravanelli, cetrioli, serviti in cestini da condividere, tutto accompagnato da acqua di basilico e cetriolo volto alla purificazione.Se spartire con gli altri è la filosofia ultima della cena nell’orto, il senso di tutto questo si esprime anche nella cucina di chef Lorenzini. Sulla tavola ricette della tradizione toscana che fanno l’amore con paesi lontani per distanza, ma vicini per sapori.
Ed è così che si serve una pappa al pomodoro ma di melanzane, il Mirza Ghassemi, piatto iraniano; o ancora l’hummus del Medio Oriente accompagnato da una ratatouille che ha tutti i sapori dei pomodori toscani. I pomodori, altri protagonisti della cena e dell’estate, sono riproposti da Lorenzini tagliati finemente e riposti su una focaccia alta a ricordare quella genovese. C’è spazio per un percorso che parte dagli ortaggi e si rifà a metodi di cottura ancestrali: piselli alla brace, zucchine sotto cenere, lattughini alla brace con giallarelle che si accompagnano anche a sfiziosità dello chef come i cetriolini in pickles.
Se l’orto bioattivo di Badia non basta a rifornire la cucina vegetale dello chef Lorenzini, entrano in gioco i piccoli produttori locali: circa il 75% della fornitura viene da artigiani della terra scelti con cura dallo staff dell’Osteria. Tutto è sostenibile: dall’irrigazione con acqua piovana per l’orto, fino all’azzeramento degli sprechi alimentari, in effetti gli scarti vengono tutti riutilizzati ad esempio per creare dei fondi per i piatti.
Prima della cena, per rendere unica e completa l’esperienza, ai commensiali viene offerta la visita alla Badia che ospita l’orto. Dopo un brindisi nell’atrio del monastero storico, fondato nel 395 d.C., dove vivono attualmente solo cinque monaci, ci si immerge nella visita del posto. L’esterno è curato in modo certosino dove a prendersi cura del prato sono anche dei piccoli conigli. Non è un caso, in effetti, che si intravedano animali alla badia: pavoni, paperelle, galline, galli, tutti contribuiscono a qualcosa nel monastero, c’è chi lavora e chi fa compagnia.
Il percorso prevede la visita negli ambienti interni frequentati ancora oggi dai monaci dove ci si imbatte anche in un’antica cucina monasteriale e in un refettorio che conserva una grande opera affrescata, l’Ultima cena dipinta da Domenico Ghirlandaio. Attraverso la passeggiata silenziosa, si arriva poi anche alle antiche cantine del monastero, dove viene curato il vino dei Marchesi Antinori: Badia a Passignano e Chianti Classico DOCG Gran Selezione. Finita la visita nei posti sacri, ci si chiude il grande portone alle spalle e si respira l’aria impagabile delle colline del Chianti.
L’esperienza è presente sul sito , nella sezione “L’Orto di Badia”, ma è necessario contattare Osteria di Passignano per ulteriori informazioni e procedere con una prenotazione.
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