A Roma, nei primi anni duemila, cominciavano a chiudere tanti piccoli negozi divorati dai nuovi stili di vita e dall’avvento di grandi catene; le librerie indipendenti in 10 anni furono quasi dimezzate e così molte altre attività. Fu per cercare di bloccare questa emorragia, che l’allora sindaco Walter Veltroni consentì ad alcuni esercizi di servire cibo, caffè o vino, purché la somministrazione occupasse una superficie molto limitata. «Aprimmo così, nel 2005» dice Francesco Mecozzi, socio – con Susanna Campana e Flavia Giannoni – in quella cooperativa lavoro che c’è dietro a Giufà, libreria formato mignon nel cuore di San Lorenzo che quest’anno compie 20 anni. Il nome è ispirato al personaggio del furbo-sciocco che si trova in diverse tradizioni popolari e per questo diventa simbolicamente ponte tra le culture, che unisce genti, storie e parole; e infatti Giufà è un luogo aperto e democratico. Una sala in cui fermarsi a tirare il fiato, sedersi a leggere un po’, scambiarsi opinioni davanti a una tazza di tè o un bicchiere di vino, partecipare a incontri, presentazioni di libri e riviste; ma soprattutto è un presidio di civiltà e gentilezza.
Nel corso di due decenni, Giufà ha tenuto fede al patto silenzioso stretto con i suoi avventori, che gli riconoscono un marchio di indipendenza e coerenza: nello spirito, nelle scelte, nella proposta. Quel piccolo mondo dal pavimento a scacchi e gli infissi colorati, che regalano un’atmosfera un po’ francese, è uno di quei posti in cui vai perché ne identifichi chiaramente l’impronta e le idee. Entri, guardi, chiedi, ascolti i consigli, scegli; sapendo di non trovare tutto, ma solo quello che risponde a una certa visione, «abbiamo sempre dato spazio alla piccola editoria, alle cose con un po’ più di qualità, facendo le nostre scelte di autori, settori o temi che ci interessavano». A oggi 10mila titoli, che a guardare il locale non sai dove possano essere nascosti. Pochi scaffali e tantissima scelta: le pareti sono piene zeppe di cose che hanno una perfetta relazione una con l’altra, si tratti di romanzi, saggi, tanta graphic novel – «avevamo un bel settore quando non era ancora esploso poi ci siamo trovati avvantaggiati» – ma anche volumi per ragazzi, riviste indipendenti e vini.
La somministrazione è andata di pari passo, ma non ha mai preso il sopravvento, «abbiamo sempre pensato che dovesse essere di servizio alla libreria. In uno posto così piccolo – poi – potevamo creare uno spazio di socialità accessibile al quartiere». Anche in questo caso scelgono piccoli produttori di cui condividono scelte e prospettive, «avevamo molto commercio equo e solidale, ma anche prodotti bio e biodinamici». Sin da subito si orientano verso i vini naturali, anche se nei primi anni duemila non sono così diffusi: trovare buone bottiglie sotto una certa cifra era un’impresa e molte cose erano ostiche, bisognava spiegarle bene per farle capire a un pubblico ancora impreparato. La libreria si è trasformata, in breve tempo, in una sorta di laboratorio di ricerca e selezione di esperienze, talvolta lillipuziane, basate su una comunanza di intenti e di visioni. «Tutto sommato parliamo la stessa lingua – spiega Mecozzi – sono sempre storie, rapporti di persone che fanno dei lavori piccoli come il nostro, che guardano al chilometro zero, al consumo critico, temi che si intersecano bene con la letteratura e la lettura».
Questo approccio riguarda anche il cibo: la proposta è semplice – non c’è cucina – ma studiata per coprire un arco temporale lungo, dalle 8,45 della mattina fino alle 10 di sera sempre schivando le produzioni industriali. Pane, torte rustiche e friselle sono di Zampa Forno Etico (uno dei migliori panifici di Roma); i formaggi bio sono laziali mentre tra i salumi ci sono quelli – premiatissimi – firmati Roccia, i muffin salati sono del Pastificio Mauro Secondi che fornisce anche alcuni dolci, i biscotti del Mondo di Laura. «Ma – ci tiene a sottolineare – non siamo il posto in cui si va a pranzo o cena; ma quello dove si può trovare qualcosa da mangiare».
Poi ovviamente ci sono i vini: 6 o 7 alla mescita, mentre le etichette in vendita sono circa 150, anche se nel corso dell’anno ne girano molte di più. A volte ci sono produzioni disponibili solo in certi momenti, in un periodo si trovano 3 Champagne diversi e in un altro neanche un Prosecco. «Facciamo una proposta tutta nostra» commenta. In fondo non sono una enoteca, «giochiamo un campionato diverso» e i clienti non entrano con chissà che aspettativa, «è semplicemente passato il messaggio che si può bere bene senza troppo impegno, senza offuscare la parte di socialità e accessibilità: né Giufà né San Lorenzo hanno un’anima elitaria». Tanto più che oggi si trovano un sacco di etichette buone entro i 20 euro. Ogni tanto, poi, trovi anche qualcosa di estero, dalla Francia e dalla Slovenia soprattutto. «Ma quella è un po’ un’eccezione, un piccolo viaggio che si fa. Per un posto come Giufà non ha senso avere vini che vengono dal Cile, meglio avere attenzione per il chilometro zero». Il tutto, però, senza inutili rigori, ma con la spinta della curiosità e la passione per le cose fatte in un certo modo, sempre a partire dall’affinità e la condivisione di alcune istanze. «Anche per una selezione minima stringiamo rapporti con tantissimi produttori» aggiunge. A un certo punto, tra i molti appuntamenti di un calendario fittissimo, sono comparsi gli incontri sul vino con Matteo Gallello – «Che è molto preparato e un ottimo divulgatore» – per alimentare la consapevolezza su un mondo di cui si parla tanto ma a volte si conosce poco. Anche questo è frutto di un pensiero critico che ci piace.
Giufà – Roma – via degli Aurunci, 38 – 06 44361406 – https://www.libreriagiufa.it/
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