Definire Lisbona non è semplice. Ognuno di noi ha pensato almeno una volta di andarci e chiunque ci sia stato leggerà questo articolo con la voglia di tornare. I fili dei tram, le strade larghe della Baixa, le salite del Chiado e del Bairro Alto, gli azulejos turchesi e un affaccio sull’oceano che da sempre caratterizza il Portogallo come finestra atlantica di navigatori. In tutto questo Lisboa è una città viva, un territorio che con i suoi quasi tre milioni di abitanti fa muovere cuochi, allevatori e pescatori intorno a un’identità gastronomica molto forte. Impossibile non perdersi tra le mille insegne di pasteis de nata (davvero notevoli quelli che potete trovare da Fora artisan pastry & bakery) o di pastel di bacalhau, che assolutamente vanno provati e ripetuti, ma entrando ancora più approfonditamente nella tradizione gastronomica locale ci sono dei piatti davvero gustosi da scoprire.
Uno di questi è proprio l’arroz de pato, un piatto che il mio amico e commensale Arlindo Camacho (portoghese doc) descrive come una di quelle pietanze che le nonne mettevano a tavola in abbondanza nei giorni di festa. Partiamo dal dire subito che ogni volta che leggete “arroz de…” in un menù portoghese si sta parlando di riso (non di risotto, che ha una cottura differente, ma proprio di riso cotto), accompagnato da qualcosa, e in questo caso “pato” significa anatra. La ricetta nasce da un piatto di recupero che arriva dal distretto di Braga, il più antico del paese, prevedendo l’utilizzo di riso bianco e di anatra selvaggia. Il riso si cuoce nel brodo dell’animale di cui si è tritata bene la carne, che poi viene aggiunta a strati prima che il tutto venga messo a gratinare in forno, per poi essere servito con dei pezzi di chouriço (un tipo di insaccato portoghese) in superficie.
L’arroz de pato di O Velho Eurico
Adesso immaginiamo di contestualizzare questo piatto in una terrina di terracotta, servita all’ombra di un albero in un piccolo largo tra i vicoli dell’Alfama, a Lisbona, proprio sotto il Castelo di S. Jorge. L’insegna di legno dipinto nero a caratteri bianchi titola l’esperienza come “O Velho Eurico” e sul muro, tra mille scritte e adesivi da tutto il mondo, c’è una finestrella che affaccia alla piazzetta senza troppa timidezza. Appena entri trovi la cucina dietro un lungo pass angolare che ti accoglie col sorriso baffuto di José Paulo Rocha, detto Zé Paulo. Il trentenne chef della taverna colpisce per la velocità con la quale si muove tra i piatti che compone con naturalezza. Giovane, creativo e appassionato ricercatore di materie prime eccellenti, Zé Paulo serve una cucina super tradizionale con affascinante contemporaneità, ma soprattutto con grande gusto nei piatti. Non è un caso che ci troviamo in un locale giovane, frequentato quasi esclusivamente da giovani (tranne me, Arlindo e qualche chef importante che passa al banco nei giorni di riposo), che qui vengono a mangiare cose che conoscono e che rischiano di dimenticare, ma in un modo completamente nuovo.
José Paulo Rocha
L’arroz de pato, spolverato di erba cipollina e con qualche foglia di coriandolo fresco, arriva con una crosticina da rompere con la forchetta o con il cucchiaio, un gesto che affonda nel riso tenero insaporito dal brodo e dal grasso di anatra. Lo schiaffo finale te lo dà il chouriço, messo prima della cottura in forno, con una spinta sapida e un gusto affumicato che vanno da tutte le parti nel palato. Non so come staresti dopo, ma di quelle terrine potresti mangiarne almeno tre o quattro ed è forse per questo che le nonne ne facevano una grande quantità. C’è da dire che non è tutto e che, per correttezza e completezza di cronaca, la lavagna nera appesa fuori segnala anche dei deliziosi pastel de leitão (piccoli calzoni fritti ripieni di maiale sfilacciato), del bacalhau à brás (baccalà cotto alla brace) e davvero un buon lula e laranja (calamaro tenerissimo servito con una salsa all’arancia).
Pastel de leitão
Se l’idea dei saliscendi della città vi spaventa e se gli scalini vi mettono ansia, la speranza è che il panorama mozzafiato del Miradouro de Graça e del Castelo de S. Jorge vi appaghino gli occhi, altrimenti c’è sempre l’Elétrico 28 (il famoso tram nelle cartoline), che può farvi fare il giro della città comodamente seduti. Ma la fortuna è che nei paraggi troviamo uno degli chef più interessanti del Portogallo in un locale informale e divertente, uno dei posti migliori dove poter mangiare a Lisbona.
O Velho Eurico
Largo São Cristóvão 3, Lisbona
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