Il piccolo ristorante con acetaia che ha portato il balsamico in Lucania

Antonio Giordano e Sandra Pellegrino sono uniti nella vita e nel lavoro grazie anche all’aceto balsamico tradizionale di Modena. Da conterranei il destino li ha fatti ritrovare durante i rispettivi studi e lavori nel centro Italia, viaggiando poi in Europa alla scoperta delle tradizioni gastronomiche tipiche, prima di far rientro ad Atena Lucana con le idee ben chiare e un progetto definito. Nacque così la Locanda di San Cipriano che esalta le materie prime del territorio e i prodotti da panificazione, come lo storico Viccio dei contadini cilentani confinanti con il Vallo di Diano. E poi i piatti tipici, le pizze tonde e in pala da lievito madre lavorato ad arte da Antonio, magari accompagnati da una goccia di aceto stravecchio ad ornare la tela di aromi e sapori unici al mondo.

Una storia di famiglia

L’idea è arrivata durante i trascorsi dei due coniugi nel modenese, dopo una visita a Maranello da Acetaia Clara e la conoscenza del maestro Ildo che crea piccoli capolavori nella bottaia di casa. «La lampadina si è illuminata con nostro figlio Vincenzo. Mentre visitavamo un produttore di aceto balsamico tradizionale di Modena abbiamo notato l’iscrizione di un nome e di una data su alcuni caratelli. Era la dedica al primo giorno di vita della figlia dei titolari e pensavamo di poter fare lo stesso in futuro al rientro a casa nostra», racconta Sandra.

All’inizio Ildo era scettico: temeva per il caldo del Sud Italia, ma non sapeva che Atena Lucana giace ad un’altitudine di oltre 600 metri con venti forti che sferzano lungo l’asse longitudinale della vallata. Il giusto equilibrio climatico per consentire all’aceto di maturare in maniera ottimale nella soffitta della casa-locanda.

Nel 2011 quindi l’acquisto della piccola serie di contenitori da metodo Soleras, come da tradizione. Il primo di essi, di maggiori dimensioni, serve ad includere ogni anno il nuovo mosto cotto trasferito poi in piccoli quantitativi per travasi a colmare gli altri recipienti, a mano a mano che il liquido evapora o viene imbottigliato. L’essenza stessa di un procedimento arcaico che si perde nella notte dei tempi, fatto d’amore e di continue attenzioni.

L’acidità totale e il quantitativo di zuccheri sono le caratteristiche essenziali nella lavorazione e nella scelta del mosto più adatto. I coniugi hanno deciso di rispettare in toto il disciplinare dei produttori di Modena, anche se non possono fregiarsi del marchio ufficiale in quanto fuori dal territorio d’origine.

Cosa si mangia alla Locanda di San Cipriano

Gnocco fritto, formaggi, pizze e tigelle oltre ai grandi stufati dell’entroterra campano proposti in carta al ristorante di famiglia sono il pairing ideale per poche gocce del nettare d’oro nero. «Per noi è come un parente da trattare con cura e rispetto – prosegue Antonio – Le botti, che variano dai 70 ai 20 litri in base alla loro età, vanno controllate quotidianamente, osservandone la trasudazione e l’adesione delle doghe. Devono restare sempre umide e non vanno cambiate mai per evitare di perdere gli elementi microbiotici in grado di dare carattere e personalità».

Il sogno è quello di continuare l’attività di famiglia con il figlio, preservando la componente artigianale della loro proposta culinaria. Questione di cuore, un passo alla volta, anno dopo anno, come il loro aceto balsamico made in Vallo di Diano.