L’affascinante abbazia gotica, il borgo medievale che emerge dalle acque, lo spettacolo delle maree, le misteriose sabbie mobili che contribuiscono ad accrescere il mistero del luogo. Ci sono tanti motivi per visitare Mont Saint Michel – gli stessi che ci hanno spinto ad affrontare il viaggio nella bassa Normandia ai confini con la Bretagna – ma ce n’è uno che non avevamo preso in considerazione e che, una volta scoperto, ci ha letteralmente fatto smarrire la dritta via (quella della visita guidata all’Abbazia dedicata a San Michele): l’omelette di la mére Poulard.
Non un’omelette qualsiasi, ma la prima omelette a la baveuse della storia (in questo luogo magico fuori dal mondo è difficile capire dove finisce la storia ed inizia la leggenda). Una volta venuti a conoscenza della sua esistenza ci è entrata in testa come un tarlo, spingendoci anche ad uscire dal gruppo (di viaggio). Non potevamo riattraversare il ponte che collega l’isolotto alla terra ferma senza provarla. Ad ogni costo.
La ricetta è datata 1888, quando i coniugi Annette e Victor aprirono, proprio all’ingresso del borgo, la loro locanda (La Mére Poulard, appunto), tutt’ora esistente, per dare ristoro ai pellegrini in arrivo nella baia. E cosa meglio di una pietanza veloce sia da preparare sia da mangiare? D’altronde con il gioco delle maree diventava difficile, nel secolo scorso, prevedere gli arrivi e le partenze (a dire il vero anche noi abbiamo rischiato di restare nel borgo, ma per altri motivi). Così Annette pensò di servire questo piatto ai commensali in attesa delle altre portate principali della casa (tra cui il famoso agnello de pre-salé, quello che pascola nei prati salati attorno alle sabbie mobili e che è tutt’ora in menu). A poco a poco, però, la sua omelette divenne il vero piatto forte. E, ci piace immaginare, anche motivo di pellegrinaggio per molti gourmandes dell’epoca.
Anche la ricetta attuale è la stessa da 137 anni. Una ricetta segreta di cui si conoscono, però, alcuni elementi imprescindibili: sette uova per ogni omelette (albumi montati a neve separatamente dai tuorli sbattuti) e abbondante burro salato d’Isigny (mica siamo in Normandia solo sulla carta). Ma l’altro “ingrediente” da non trascurare è la cottura sul fuoco vivo (feu de bois) che la lascia morbida dentro.
Una goduria prima di tutto per gli occhi, visto che il braciere dentro cui viene posto l’impasto è in bella vista, rendendo la preparazione un vero e proprio show culinario prima della prova d’assaggio. Il risultato? Una nuvola strabordante dal sapore mistico, come suggerisce il luogo in cui ci troviamo. Diverse le varianti in cui si può ordinare: al formaggio (ovviamente Camembert), al prosciutto affumicato, ai funghi, alle verdure con grano saraceno.
Non fatevi scoraggiare dalla fila (parecchia, ma d’altronde se siete a Le Moint Saint Michel è una costante), non fatevi scoraggiare dal prezzo (46 euro: ok è tanto per un’omelette, ma non per questa omelette), non fatevi scoraggiare dalle guide (sì, a volte capita che anche quelle provino a rovinarvi l’esperienza dirottandovi su take away senz’anima). Se siete arrivati fin qua, non potete rinunciare ad assaporare l’atmosfera fino in fondo.
«La Mère Poulard, c’est la France», diceva il gastronomo Paul Bocuse. E questo pezzo di Francia se lo son mangiati anche sua maestà Elisabetta II e lo scrittore buongustaio Ernest Hemingway (la testimonianza del loro passaggio, e di quelli di altri molti altri personaggi illustri, è nelle pareti del ristorante). Chi siamo noi per sottrarci al richiamo?
Piccola curiosità: avete mai visto i biscotti di burro e uova venduti dentro a scatole di latta rosse un po’ in tutta la Francia? Anch’essi sono una specialità di Annette Poulard. Ma se quelli sono trasportabili, per assaggiare l’omelette originale c’è solo un modo: venire sull’isolotto e vivere l’esperienza completa. Tre aggettivi con cui la ricorderemo noi: soffice, spumosa, peccaminosa (ma questa è un’altra storia: da tenere segreta come la ricetta di la mére Poulard).
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