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Vent'anni dopo

In Romagna c'è un'osteria aperta in una vecchia canonica che ha tenuto in vita un borgo spopolato

Roberto Casamenti e Alessandra Bazzocchi, che nella loro vita precedente erano geometra e maestra, hanno fatto della loro osteria il fulcro della frazione Pianetto di Galeata, provincia di Forlì-Cesena

  • 03 Maggio, 2025

Dal rudere di una canonica del convento in un piccolo borgo romagnolo, vent’anni fa è nata l’osteria La Campanara. Ma il prossimo ottobre, quando spegnerà 20 candeline, ci si accorgerà che in questi due decenni da quella piccola cucina sono usciti anche tanti altri progetti: locanda, bottega, e ora cocktail bar e albergo diffuso, tanto che quella presenza è riuscita a scongiurare l’ennesimo caso di spopolamento montano. Roberto Casamenti e Alessandra Bazzocchi, che nella loro vita precedente erano rispettivamente un geometra e una maestra, avvezzi a costruire case e relazioni già da prima, hanno fatto della loro osteria il fulcro della frazione Pianetto di Galeata, provincia di Forlì-Cesena.

Oggi conta meno di cento anime che però, senza questa esperienza, sarebbero irrimediabilmente meno e le case ancora più vuote. Ad aumentare le statistiche oggi ci sono, oltre ad alcuni loro dipendenti che lì hanno preso casa, anche centinaia di turisti, specie stranieri. «Era un mucchio di pietre, ma lui mi diceva: immaginatelo…» racconta Alessandra ricordando quando il marito Roberto la portò a vedere quei resti avvolti da ortiche e rovi. «Il parroco mi aveva chiesto di aiutarlo a vendere la canonica – racconta Roberto – e mi portò a vederla. Mi sembrò il posto ideale per realizzare le nostre idee: una piccola osteria, senza insegna sulla strada, pochi piatti, nessuna griglia…».


Cucina di casa e campagna

Nell’ottobre del 2005 l’osteria ha aperto. «Avevamo tavoli per 35 persone, ma quando arrivavamo a 10 dicevamo che eravamo al completo – racconta Alessandra -. Non volevamo sbagliare. Ad impostarci la cucina chiamammo Giordana Nanni, che poi è stata a lungo la nostra sfoglina. Roberto restaurava la stalla dell’azienda agricola della sua famiglia, per la quale lei aveva cucinato tutta la vita, ogni giorno, per almeno 15 persone. Chi meglio di lei poteva insegnarci? Il ragù lo facciamo ancora oggi con la sua ricetta». Il primo menù dell’osteria? Alessandra ci pensa poi risponde: «Probabilmente lo stesso di adesso, cambiano solo le stagioni».

La sua cucina ha seguito fin da subito due direttrici: la riscoperta dei piatti del posto e la qualità degli ingredienti reperiti più vicino possibile. Da lì un lavoro incessante di relazione con i piccoli produttori della Romagna e raccoglitori della Vallata, questi ultimi preziosi per le erbe, i frutti selvatici e funghi. «A ottobre vorremmo che la festa dei nostri vent’anni coinvolgesse soprattutto loro – dicono Roberto e Alessandra -, una vera e propria rete con cui condividiamo quotidianamente il nostro lavoro». Alcuni piatti intanto sono diventati famosi: il cartoccio di polpettine a scottadito con la salsa rossa, il tortello alla lastra con la giardiniera, le tagliatelle con ragù o funghi, i passatelli asciutti con gli stridoli, la trippa di bovina romagnola, il capretto al forno, per dessert la crema di nonna Lilla e il recuperato ramerone al cioccolato e menta.


Dalla cucina all’albergo diffuso

Di pari passo con questa ricerca della qualità, un’altra costante ha caratterizzato il lavoro della coppia di osti: tenere vivo il piccolo borgo che fino a qualche decennio fa aveva bottega, bar, una lega operaia e, come in un romanzo di Guareschi, sull’altro lato della strada la chiesa che in passato attirava frotte di pellegrini grazie all’immagine di una Madonna miracolosa. Poi tutto è andato svanendo. «Quando siamo arrivati noi, già ci abitavano pochissime persone tutte anziane – racconta Alessandra- . Gli operai che lavoravano nel nostro cantiere mi dicevano “diventerà bello signora, ma poi qua chi ci viene?”». Allora hanno cominciato a pensare anche all’accoglienza.

Nel 2012 hanno acquisito quella che era la casa dei contadini che producevano per il convento e hanno creato le prime sei camere. La posta per gli animali è diventata la sala colazioni, la letamaia ha lasciato il posto alla piscina con vista, i muri in pietra viva sono le pareti di stanze rustiche quanto calde e accoglienti. I clienti sono aumentati via via, anche grazie alla popolarità guadagnata dalla instancabile coppia in televisione, prima a “La prova del cuoco”, poi con la presenza regolare, che continua tutt’ora, alla trasmissione “Geo”. Intanto le sei stanze all’ombra del campanile quattrocentesco sono diventate nove, poi quest’anno se ne sono aggiunte altre quattro.


Un barman d’eccezione nel borgo

Appena prima dello scoppio della pandemia, i titolari de La Campanara avevano acquistato la sede della vecchia lega operaia, insieme al palazzo che la contiene, di là dalla strada. Prima è partita la bottega-laboratorio e da febbraio scorso al piano superiore ha aperto “Casa Fanti”: quattro eleganti stanze che a breve avranno anche una cucina comune e probabilmente un’altra piccola piscina. Ma non è finita qui, la bottega nel frattempo è diventata multitasking: al mattino serve le colazioni per ospiti della locanda e quelli di passaggio, ma nelle sere del week end (e con la bella stagione tutta la settimana), dall’autunno scorso si trasforma in cocktail bar. E il barman dietro al bancone è solo l’ultimo piccolo miracolo di Alessandra e Roberto.

Si tratta infatti di Paolo Dianini, ex bar manager dell’hotel De Russie di via del Babuino a Roma. Anche lui è di Galeata, era andato via da ragazzo per lavorare nella ristorazione a Londra, qui aveva incontrato Anthony Genovese con cui ha poi lavorato al Pagliaccio di Roma per poi passare al De Russie dove è rimasto 24 anni. «Ho sentito parlare de La Campanara a Milano all’Expo, ho scoperto che era del paese dove ero nato – racconta Dianini -, abbiamo cominciato a frequentarci e quando qualche anno fa ho deciso che era ora di riprendere una vita più autentica, lontano dallo stress e dalle riunioni ho chiesto a Roberto e Alessandra. Dalla capitale a Pianetto di Galeata non cambia molto: si lavora sempre per l’ospitalità e per accontentare i clienti. Intanto io ho ricominciato a fare quello che mi piaceva e ho più tempo così scelgo distillati locali, faccio infusioni con frutta fresca e bacche selvatiche, a volte raccolgo io stesso le mie botaniche. Un altro mondo! Sono tornato con i piedi per terra, e mi diverto anche di più». Nella drink list: Americano e Gin tonic alle more selvatiche, Gin tonic al pomodoro o al cetriolo, Daiquiri agli agrumi, Spritz del borgo con vermuth bianco, liquore di sambuco, sciroppo base di lamponi e zenzero, aceto di mele, prosecco.

Foto di Mauro Monti

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