Confesso di averlo un po’ sottovalutato, Pierluigi. Ero affascinato dai tavoli in una delle piazze più belle di Roma — e dunque d’Italia — ma mi aspettavo un posto di cucina sì buona, ma non esente da quella romanità un po’ corriva che rischia sempre di togliere fascino a qualunque progetto di ristorazione, riportandolo al famoso dilemma: “bianco o rosso, dottò?”. Invece, questo ristorante storico del centro di Roma— dove ho cenato in occasione di un compleanno di famiglia, dopo aver perso anni fa un’opportunità causa Covid — non è solo un posto molto bello, è un ristorante di cucina solida, elegante e creativa senza inutili svolazzi, dove l’esperienza è resa più piacevole da un servizio attento, sollecito e sorridente. Che fa capire chiaramente perché, dalle celebrity hollywoodiane ai turisti benestanti fino a politici e professionisti locali, questa tavola nel centro di Roma sia così frequentata.
Pierluigi nasce nel 1938, quando Umberto Pierluigi – originario di Borbona, in provincia di Rieti – apre una piccola osteria in Piazza de’ Ricci, in un palazzo rinascimentale nel cuore di Roma. Negli anni ’70 il nome viene riassunto in “Pierluigi”, mentre nel 1980 Roberto Lisi ne prende le redini, trasformandolo in un indirizzo dedicato al pesce fresco, che i romani più veraci ricordano come una delle tante – oggi sempre meno – buone trattorie del centro. Dal 2010, sotto la guida del figlio Lorenzo, il definitivo salto di qualità: si apre un cocktail bar in stile americano, viene rinnovata la sala e si consolida un’offerta che resta fedele all’identità originaria ma che cresce di sofisticatezza, a partire da una cantina che passa dalle inziali 300 alle attuali 14.000 bottiglie, un’enciclopedia del bere molto bene in Italia e in Francia.
Appena arrivati, un’hostess molto gentile ci fa accomodare al tavolo dell’American Bar, dove un barman solerte e premuroso ci prepara un Kyr Royale con lo Chambord al posto della tradizionale creme de cassis, una sorpresa di gusto e rotondità, che perfettamente si accompagnava con l’amuse bouche di baccalà mantecato in una sfera di pane croccante, un inizio perfetto prima di guadagnare posto nella piazza.
Il menu è largo, prettamente marittimo con qualche discesa a terra e nell’orto per accontentare una clientela vasta e cosmopolita, con una scelta importante di crudi. Abbiamo ordinato tartare di ricciola, gazpacho di melone, cetriolo e mandorla, eccellente, e uno dei signature, la tagliatella di calamari con gazpacho all’amatriciana: io amo la tagliatella barese di calamari, ma qui la grana del pesce crudo e tagliato sottile è incredibilmente simile a quella di una vera pasta, che si appoggia perfettamente al gazpacho profumato, mentre una foglia di guanciale croccante ci riporta alla romanità migliore. Questo antipasto si gioca il primato di piatto della serata con la linguina aglio & olio, finocchiella e ‘nduja di tonno, un concentrato di Mediterraneo che fa gola e allegria, mentre il merluzzo allo zafferano, fiori di zucca, lupini di mare e scarola brasata ci riporta alle solide basi e alla gentilezza con cui si deve saper trattare una materia delicata come il pesce.
Non sono un patito di dolci, lo zucchero è l’unica tentazione alla quale riesco a rinunciare con sforzo sopportabile, ma la Cheesecake al frutto della passione, cocco e gelato al mango è qualcosa che tocca corde segrete con un equilibrio e una consecutio di sapori diversi ma uniti come solo la migliore cucina sa fare. I prezzi? Alti, assolutamente alti, con ricarichi importanti soprattutto sul vino, ma pienamente giustificati dal livello e dalla rotondità dell’esperienza. In un mondo della ristorazione di troppi autoincoronati fenomeni, Pierluigi è come quella vecchia pubblicità del televisore a colori, “scienza, non fantascienza”, la lussuosa solidità di cui c’è molto bisogno.
Pierluigi – p.zza de’ Ricci, 144 – 06 6868717 – pierluigi.it
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