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Come si fa a prenotare nella trattoria più ambita d'Italia

Un posto leggendario, Ai Due Platani, per quei tortelli da sogno e per la difficoltà a trovare un posto. Il segreto? Ve lo raccontiamo qui

  • 26 Giugno, 2025

E con questo sono 20: vent’anni di vita, lavoro, tortelli. Ma soprattutto 20 anni di sold out, che se li moltiplichi per 60 sedute fa qualcosa come 520mila coperti, arrotondando per difetto. Un calcolo a spanne che aiuta a dare la misura di un successo che per molti è leggenda. Perché la domanda che ormai da anni accompagna i Due Platani (tra le migliori trattorie d’Italia, premiato con i Tre Gamberi dal Gambero Rosso) è: «ma come si fa a trovare posto?» e noi l’abbiamo fatta a Giancarlo Tavani che dei Due Platani è patron.

Insomma: come si fa a trovare posto da voi?

Prenotando.

La fa facile. E come ci si riesce?

Ogni primo del mese prendiamo le prenotazioni per i due mesi successivi con tanto di mail di conferma con tutti i dati della prenotazione. Una volta esauriti i posti apriamo la lista d’attesa.

Due mesi, mica poco. C’è una penale in caso di no show?

No, dal Covid facciamo così: chiamiamo per confermare il tavolo il giorno stesso della prenotazione. Se c’è un riscontro positivo la mattina è difficile che poi non si presentino a pranzo… e comunque sono schedati! Se invece disdicono abbiamo la lista d’attesa, e poi c’è sempre chi prova a chiamare per il giorno stesso.

Nessuno si lamenta per questo metodo?

La prenotazione rende democratica la tavola e la gestione del locale. È fatta nella tutela del cliente che può fermare un tavolo senza sentirsi in obbligo, dato che può decidere anche il giorno stesso. E poi genera una situazione virtuosa per cui quel che compriamo è già venduto.

Win-Win quindi?

Sì, così ne giovano tutti: noi, i produttori e i clienti. Abbiamo sempre il prodotto fresco, nulla muore in frigorifero e non c’è mai una cosa che dobbiamo far andare una sera, o promuovere, a meno che non sia un valore aggiunto per il cliente, perché tutto è fatto al massimo di come deve essere fatto.

Questo funziona perché viaggiate a pieno regime da 20 anni. Quale è il segreto?

Capire chi sei e quale è il tuo ruolo, e poi umilmente prenderne atto. Sono di origine cremonese e noi siamo sempre stati i primi della serie B. Se vai in A rischi di essere l’ultimo. Su quello si gioca la tua credibilità e il tuo lavoro: gli altri il valore te lo danno in maniera diversa, ma tu devi sapere quel che puoi permetterti e quello che non puoi.

E voi chi siete?

Una trattoria, facciamo piatti tipici di questa zona.

Così sembra quasi facile…

Non scordiamo la cosa importante: che la qualità del piatto sia sempre alta.

Mi sta dicendo che avete prenotazioni a due mesi e più perché siete una trattoria normale? Su, quale è la ricetta?

Aumenti l’utenza, cerchi di farti conoscere a più gente possibile fidelizzandola su alcuni prodotti.

Ovvero?

Il mio lavoro è comunicare, far sì che l’utenza sia più ampia possibile non tradendo mai le aspettative sulle cose per le quali siamo conosciuti, altrimenti c’è il rischio che uno se la canti e se la suoni da solo. La mia paura è che sia una cosa da addetti ai lavori o da grandi appassionati, invece dobbiamo arrivare a tutti e in modo molto chiaro perché siamo una attività commerciale e in quanto tale essere sempre a regime. Se non lo siamo ci sono problemi.

Quali sono le cose su cui puntate per fidelizzare i clienti?

Se pensi ai Due Platani pensi al gelato (mantecato al momento con una Carpigiani d’epoca, ndr), la torta fritta, la pasta ripiena, e poi gli antipasti: salumi, giardiniera, e il Lambrusco. Il mio lavoro è basato su queste cose qui.

Eppure da voi ci sono anche Champagne, piccione e foie gras

Vero, ma sono un di più per una clientela che gira per ristoranti, le persone normalmente vengono per mangiare quelle cose lì, fanno chilometri per quelle.

È importante avere clienti che arrivano da fuori?

Sì, con una clientela solo territoriale dovresti lavorare sulle alternative dato che quelle tre cose le fanno tutti, questo ti renderebbe più fragile perché non riesci a fidelizzare la clientela. Noi siamo una trattoria, se cerchi salume e torta fritta li trovi, siamo lì per quello: così il locale è sempre a regime. 

Nessuna variazione, possibile?

Proviamo a seguire in maniera ortodossa la stagionalità dei prodotti rinunciando quando non ci sono alcune materie prime, ma ho necessità che la gente ci identifichi con certe cose. E se proprio devi proporre qualcosa deve essere speciale: una coppa eccezionale o magari i tortelli di ciliegi che porteremo anche a Roma alla cena del 30 giugno.

La gente li chiede?

Sì, e mi sorprende sempre: è un attestato di fiducia a noi e al nostro modo di lavorare.

Quale è?

Se guardi al cassetto non funziona, ma se se guardi al benessere del cliente poi il cassetto è una conseguenza. Siamo una realtà consolida per una certa tipologia di cucina e di servizio, e i risultati ci sono. Se fai una cosa fatta bene il risultato, magari non è immediato, ma poi arriva.

Come la mettiamo con gli aumenti delle materie prime?

Se aumenta il formaggio calcoliamo quanto siamo costretti ad aumentare in percentuale. La qualità costa e il margine deve essere calcolato bene, non andare a spanne.

Parliamo di tortelli: i vostri sono leggendari. Cosa hanno di speciale?

Il nostro tortello viene fatto al momento, la pasta è elastica e cuoce più in fretta, il ripieno ha il tempo di scaldarsi e rimane cremoso, e anche chi non ha un palato assoluto lo capisce che è genuino, percepisce che non fa male. Genuino è una parola che con etica e sacrificio cercano di cancellare, eppure è importante quel che succede poi. La vedi il giorno dopo la salubrità di quello che mangi, o come ti fa stare, i segnali che ti dicono che il tuo corpo sta lavorando di più del dovuto. Noi, che siamo l’ultima generazione legata al ricordo delle cose fatte in una determinata maniera, abbiamo una responsabilità nei confronti dei nostri clienti, che ormai sono arrivati alla seconda generazione.

Vi sentite legati all’idea di trattoria di un tempo?

Sì e no. Una volta la trattoria era un presidio civico, chiudere significava far mancare alla collettività un posto dove far andare prendere il caffè. Ti dicevano: e se poi qualcuno ha bisogno e noi siamo chiusi? Noi abbiamo scavallato.

Che vuol dire?

Una volta la trattoria non era una scelta, ora sì; una volta era un’attività familiare, oggi no quindi deve tirare fuori degli stipendi. Devi chiederti cos’è che funziona ora. Ma se pensi che il tortello sia fine a se stesso ti manca la base, ci deve essere l’aspetto culturale. Con le Premiate Trattorie, l’associazione di cui facciamo parte, hai a che fare con gente che l’ha fatta per scelta, quando ci troviamo non parliamo di lavoro, perché i nostri locali sono sempre pieni, anche se sappiamo che ci sono cali di lavoro fisiologici: oggi si vende meno vino, domani meno pasta; ma è importante che tu ci sia per certe cose. Per questo inseguire le mode significa che a un certo punto non sai più chi sei e dove ti trovi. Invece è fondamentale.

Però siete una trattoria atipica, verrebbe da dire moderna.

Non sono il trattore chiuso nelle sue quattro mura, giro molto e appena mi muovo cerco di capire: siano i pintxos e il txakoli in piazza del pesce a Bilbao, Elkano che sembra una una trattoria di mare ma ci trovi un rombo e un uomo di sala impressionante, i Troisgros o Anne Sophie Pic, io stesso ho lavorato all’Ambasciata di Quistello, conosco il valore di una cucina di quel livello lì, ma rimango nel mio cercando di capire come farlo al massimo.

 

Ai Due Platani – Parma – via Budellungo, 104/a – 0521 645626 – https://www.aidueplatani.com/

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