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Il personaggio

“Giorgione è un genio, ha portato in tv la cucina vera. Per me è un padre a tutti gli effetti". Intervista a Giuseppe Siragusa

Lo affianca in cucina da molti anni, ma ha anche un ristorante tutto suo. Quando aveva 14 anni è entrato a far parte della sua famiglia

  • 13 Maggio, 2025

Questa storia nasce nel 1981 quando un piccolo ragazzo di circa quattordici anni di nome Giuseppe, abitante di una casa-famiglia, comincia a frequentare un casale di Nettuno, in provincia di Roma, dove il proprietario è un certo Giorgio che sta per convolare a nozze con Marianna. Una porzione del casale è stata concessa in affitto a due operatori della casa-famiglia molto legati a Giuseppe. Ed è così che comincia a frequentare sempre di più con assiduità l’azienda di Giorgio. Quel signore, sposatosi con Marianna, sceglie di prendere in casa Giuseppe e crescerlo come un figlio, dandogli tutto il calore di una vera famiglia. Il resto è storia. Oggi Giuseppe Siragusa è cuoco, affianca anche suo padre “adottivo” Giorgio Barchiesi, che tutti conoscono con il nome di Giorgione.

Com’è arrivato a casa di Giorgione?

Un po’ per caso. Vengo da una famiglia dalle vicissitudini particolari e quando ho cominciato a frequentare il casale di Giorgio, il passaggio è stato naturale. Mi sono stabilito a casa loro, non c’è stata una vera adozione ma sono stato accolto come un figlio, tant’è che Marianna e Giorgio, dopo sei anni di matrimonio, mi hanno chiesto se volessi un fratello, poi nacquero Michele e Maria.

Come nasce la sua passione per la cucina?

La passione mi è nata in quel casale. Giorgio e la moglie Marianna, trasferitisi a Nettuno, erano abituati a fare grandi feste a casa, invitavano sempre molta gente, fino a 150 persone. Ed è così che si cucinava, si stava insieme.

Ha preso lezioni di cucina in seguito?

Sì, ho frequentato l’istituto alberghiero e mi sono formato in giro, lavorando nelle bettole fino ai ristoranti di alto livello.

Poi?

Mi sono trasferito ad Amburgo nel 1987, avevo circa 24 anni, ci sono rimasto per 15 anni. Nel 2002 ho aperto il mio primo ristorante che ha riscosso grande successo.

E quando è rientrato in Italia?

Nel 2005 ho lasciato le quote al mio socio, ho aperto un ristorante a Latina e in seguito mi sono spostato in Umbria, dove già Giorgio si era trasferito e aveva iniziato un’attività di ristorazione; nel 2017, insieme, abbiamo aperto Villa Selva in provincia di Perugia.

Cosa si mangiava al casale di Giorgio?

All’epoca noi avevamo un allevamento di vitelli, 1.200 capi, anche caprette, e a casa si mangiava quello che c’era, dalle uova, alla gallina, al capretto, all’abbacchio, al vitello, animali da cortile e contorni di ortaggi e verdure del nostro orto.

Ricorda un episodio che ha come protagonista il cibo e la sua famiglia adottiva?

Sì, la protagonista è la lasagna. Dovevamo fare una festa al casale per circa 250 persone e con Giorgio preparammo i sughi in quei grandi pentoloni di latta in cui si cucinano i pelati. Ad un certo punto, scoppiò un grosso litigio tra Giorgio e Marianna; io intervenni, tentando invano di calmare un po’ la situazione, ma mi trovai coinvolto pienamente nella litigata. Quando, il giorno dopo, tutto era finito a baci e abbracci tra Giorgio e Marianna, io per una settimana ho continuato a chiedermi del perché se la fossero presa con me. Così ho compreso che mai e poi mai mi sarei più intromesso nelle loro dinamiche relazionali!

Come sono stati i pranzi e le cene di famiglia a casa di suo padre Giorgione?

C’erano due regole fondamentali: la prima è che chi cucinava non apparecchiava, la seconda era che chi si alzava per primo, perché aveva finito di mangiare, aveva “perso” e doveva preparare il caffè.

Qual è la sensazione che ricorda di questi pasti?

Grande disinvoltura e convivialità. Giorgio ha insegnato proprio questo, a far sì che il cibo fosse un momento per stare insieme raccontarsi, non abbiamo mai mangiato con la tv accesa.

C’è un piatto che le ricorda l’infanzia?

Polpette al sugo. Non so perché, ma mi hanno accompagnato sempre.

Come definirebbe la sua cucina?

Conviviale.

C’è un piatto che le riesce benissimo?

Le polpette al sugo, mi piace proprio farle. E poi anche i brasati.

Il più grande disastro fatto in cucina?

Una volta è capitato che per un pranzo di 150 persone, tirando fuori la teglia dal forno, la lasagna si è spalmata tutta a terra.

Ha lasciato tutti a digiuno?

Ho preparato velocemente delle fettuccine con un sugo semplice e pesto.

C’è un momento in cui, cucinando, ha provato una grande soddisfazione?

Mentre frequentavo l’alberghiero e abitavo con Giorgio a Nettuno, la mia presenza in quella casa non era tanto compresa dalla mamma di Marianna. Quando i genitori venivano a pranzo non c’era mai una situazione veramente distesa, benché io fossi sempre collaborativo e accogliente, come quella volta che, per un pranzo particolare, avevo preparato degli stuzzichini e un profiterole.

E cosa successe?

La mamma di Marianna era seduta accanto a me a tavola, mi mise una mano sul braccio e mi ringraziò per quello che avevo fatto. È stato un momento molto bello, è come se mi avesse dato l’approvazione per entrare in famiglia.

Si dice che i cuochi mangino e assaggino tutto, ma c’è un piatto che la disgusta particolarmente?

Il coniglio. Non riesco proprio a mangiarlo. Prima nemmeno a cucinarlo, ora lo cucino ma non lo mangio.

Come mai?

Mio padre, della famiglia originaria, era un fattore e allevava conigli e porcellini d’India e la domenica si mangiava sempre e solo coniglio. Ne ho mangiato talmente tanto che poi mi ha disgustato.

Che bambino è stato a tavola?

Mangiavo tutto, la regola era di mangiare tutto quello che c’era nel piatto. La misura mi è stata sempre inculcata: metti nel piatto quello che sei sicuro di poter mangiare.

Va a mangiare in giro?

Assolutamente sì, amo farlo. Vado in tutti i locali possibili e immaginabili, spesso con tutta la famiglia.

Ha un ristorante del cuore?

Materia Prima a Pontinia. Ci sono capitato per caso prima che prendesse la stella Michelin e lì ho festeggiato anche il mio matrimonio, in famiglia.

Cosa rappresenta per lei Giorgione dal punto di vista della cucina?

Trovo che sia un genio. È riuscito a portare in un programma la cucina vera, dove non ci sono gare, dove prende materie prime selezionate e inventa piatti.

E dal punto di vista umano?

Per me è un padre a tutti gli effetti, una figura importante. Lo è stato e continua a esserlo. È una guida. Anche Marianna, sua moglie, è stata ed è una figura importante, è a lei che raccontavo tutte le mie problematiche adolescenziali.

Del fatto che Giorgione sia diventato una grande personalità social che ne pensa?

Lui è un catalizzatore di attenzione ed è sempre stato così, espansivo e schietto, chiacchiera con tutti e quando prende la chitarra e fa la prima nota so già che canzone suonerà. Il suo è un successo del tutto meritato e questo non ha modificato la sua vera natura.

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