Overtourism

"Turismo di massa? L'Albania non è il nuovo Salento". Intervista allo chef Fundim Gjepali

Agriturismi, nuove tratte aeree e investimenti sulle infrastrutture. L'Albania non vuole essere solo una nuova destinazione giovanile

  • 13 Luglio, 2025

Arrivato in Italia quasi 30 anni fa, Fundim Gjepali è il decano degli chef albanesi in Italia. Da anni chef e socio dell’Antico Arco di Roma, una decina di anni fa ha aperto Padam, a Tirana: boutique hotel, ristorante, cocktail bar che porta una ventata di aria fresca nella capitale albanese. Un locale ambizioso, dal respiro internazionale, che subito si pone come punto di riferimento per la nuova Albania che si affaccia al mondo. Qui comincia a lavorare sulla tradizione locale, valorizzandola e rinnovandola, cercando di dare visibilità al patrimonio gastronomico albanese convinto com’è del valore delle sue materie prime. Non basta: qualche anno fa Gjepali corona il sogno di aprire un agriturismo nell’azienda agricola che e stata della sua famiglia per generazioni, prima che venisse requisita nella lunga stagione del socialismo reale. Lo chiama, semplicemente Agroturizem Gjepali – Agriturismo Gjepali, a sottolineare il legame di questo luogo con la sua storia personale. Ne fa una destinazione vacanziera in grado di intercettare un turismo diverso da quello che si sta sviluppando velocemente nelle zone di mare, perché se da una parte il turismo è una risorsa, dall’altra rischia di trasformarsi in una minaccia ambientale, come accade per le destinazioni soggette a un overtourism incontrollato. Qualcuno ha già lanciato l’allarme, come Bledar Kola, chef e patron di Mullixhiu. Gjepali però è più ottimista.

Allora, come è la situazione in Albania?

Bene: lo scorso anno, secondo i dati ufficiali, sono venuti quasi 12 milioni di turisti, e quest’anno dovrebbe esserci lo stesso ritmo. Ogni anno si aprono alberghi nuovi e tutti lavorano.

Pare però che ci sia il problema del personale.

La carenza di personale c’è, come c’è a Roma e ovunque: tutti i colleghi con cui parlo non se la passano bene. Qui stanno aprendo tante grandi strutture: nella zona di Durazzo ha aperto un Melià, al sud un 5 stelle stupendo, il Green Coast M Gallery Collection, e a breve aprirà un Hyatt. Il merito è anche delle politiche fiscali.

Le istituzioni sostengono il turismo?

Sì, ci sono stati aiuti importanti per le strutture di lusso e lo sviluppo nelle zone rurali, anche se qualcuno dice si potrebbe fare di più. Ma non ha senso lamentarsi. Abbiamo vissuto conflitti incredibili, ora stiamo gustando la libertà. Il comunismo non esiste da 35 anni. Quando arrivano le grandi catene di lusso significa che si entre in un circuito più importante, anche se forse qualcuno non è d’accordo.

Perché?

Alcuni albanesi non sono contenti di questo sviluppo, come delle torri o dei palazzi lussosi che si costruiscono in centro a Tirana. Lì i prezzi sono diventati più alti. Questo è un problema naturalmente, ma penso che gli stipendi nel giro di un paio di anni si metteranno al livello degli altri paesi europei. Non c’è altra strada, anche perché gli albanesi sono viaggiatori, come gli italiani: se non dai uno stipendio adeguato andranno via.

Quale è uno stipendio medio nella ristorazione?

A Tirana sui mille euro, nelle zone rurale sui 6/700 euro, al mare e nelle zone più turistiche sono più alti.

Cosa risponde a chi dice che i prezzi al pubblico sono diventati molto alti?

A conti fatti l’Albania costa un terzo delle altre mete del bacino del Mediterraneo, in Europa dove spendi 300 euro in un posto di mare che lavora solo per quei mesi estivi? Certo, ovviamente dipende da dove vai e da come sono strutture. Fare paragoni non ha senso, dal punto di vista economico e culturale… che vuol dire che l’Albania è il nuovo Salento?

Non è una meta giovanile?

Non è proprio come il Salento anni fa o Ibiza, ma è vero che ci sono tanti giovani: Saranda, che è molto pubblicizzata online e sui social, c’è il finimondo, è diventata una meta di ragazzi. Però non è un turismo troppo rumoroso, i locali son controllati, per esempio non ci sono casi di persone che si ubriacano per strade. Il fatto che ci siano tanti giovani mi piace: non hanno pregiudizi, hanno un altro occhio, esigenze diverse rispetto a chi è più grande che vuole determinati servizi.

Qualcuno dice che c’è il rischio di overtourism

Il fatto è che l’Albania a livello strutturale non era pronta a ospitare tutta questa gente: immagina posti da 2mila abitanti che ne accolgono 50mila: sono numeri sproporzionati, come se ci fosse sempre una festa di paese che riempie tutto il giorno le strade. Qui si è iniziato 5 o 6 anni fa a fare le cose che servono, le persone hanno preso sul serio il turismo solo da poco, prima non ci credevano neanche loro. Siamo un paese in via di sviluppo, la crescita economica c’è, gli stipendi sono quasi triplicati rispetto a prima e questo benessere aiuterà a migliorare i servizi.

Ma è vero che è un turismo di fascia bassa?

Parlando con i colleghi sembra che si spenda poco soprattutto nei locali lungo la costa. Credo però che, a livello culturale, è comunque una cosa molto positiva far conoscere l’Albania, è un bene che se ne parli in tutto il mondo. Da imprenditore dico che è positivo perché tutto ha un ritorno. I social network, i concerti, i dj set, sono tutte cose che contribuiscono al richiamo dell’Albania. Devi considerare che è un paese rimasto chiuso per 50 anni.

Non pensa sia una moda moda passeggera?

Non credo: tanti vengono, ne parlano e tornano. Registriamo un aumento del 20% di richieste da un anno all’altro, e anche il turismo interno sta crescendo. C’è un turismo vario, di cui si parla poco, come quello organizzato dai paesi scandinavi, che ha cifre pazzesche, e quello di tutti quei paesi europei che hanno settimane corte con 3 giorni liberi. E non è un turismo di passaggio.

Lei è molto fiducioso.

Sono molto ottimista, e non è nazionalismo: vivo a Roma da quasi 30 anni, mi sento cittadino del mondo, ma qui c’è un microclima stupendo, posti bellissimi: montagna, mare, fiumi. Con questo ritmo di crescita secondo me diventerà una bella meta turistica. E poi ha una posizione strategica, dove inizia l’Oriente, vicino ai paesi arabi. Se non ci fosse stata la guerra sarebbe arrivato anche il turismo dall’est. Speriamo che finisca più presto, i confini non hanno alcun senso, uno può vivere dove preferisce, le divisioni sull’etnia sono solo dannose.

L’Albania di oggi è molto diversa da quella di pochi anni fa.

C’è molto fermento, tanti architetti internazionali stanno lavorando qui, e mi fido di loro. Per dire: l’aeroporto di Tirana lo sta facendo Casamonti, che ha fatto anche l’Alban Tower e lo stadio. Sono milgiorate le strade, hanno fatto il tunnel sotto al monte Llogara, stanno allargando l’aeroporto di Tirana. I low cost hanno aiutato molto a collegare l’Albania con le capitali europee, a breve ci saranno voli diretti Tirana-New York che incideranno in maniera sostanziale sul turismo e così l’apertura il prossimo anno dell’aeroporto a Valona.

Lei ha aperto Padam a Tirana 10 anni fa, cosa è cambiato da allora?

È cambiato tutto, sembrano due nazioni diverse: i consumatori sono più evoluti, viaggiano tanto e sono curiosi.

Come sta andando?

Padam ha una clientela consolidata, abbiamo ospitato i grandi del mondo che hanno visitato l’Albania, ma c’è anche una clientela locale, dipende dai momenti: in inverno l’80% sono locali e il 20% stranieri, in estate al contrario. Il turismo di massa da noi non viene proprio. Entrano le persone curiose, i food lovers.

E come è cambiata la proposta?

Cerchiamo di dare sempre più attenzione al cibo locale. L’Albania è stato un paese molto chiuso, quando ha potuto, la popolazione è stata molto attratta da tutto quello che era straniero, anche in cucina: ora si sta tornando ad apprezzare i piatti tradizionali. Anche il settore agricolo si sta modernizzando: da una agricoltura di sopravvivenza si passa a una agricoltura più etica e modernizzata.

Lei ha anche un’altra struttura, fuori dalla città

Abbiamo aperto Agroturizem Gjepali nell’azienda agricola della mia famiglia, la cosa più azzeccata della mia vita da imprenditore. È stato quasi un progetto pilota qui: negli ultimi anni in tanti hanno rilevato i terreni sequestrati quando hanno tolto la proprietà privata, e li stanno ristrutturando anche grazie a dei sovvenzionamenti a fondo perduto per le aree rurali. Il punto forte dell’Albania, oltre al mare, sono proprio i nuovi agriturismi.

Lì come va?

Nell’agriturismo abbiamo solo 8 stanze e siamo già pieni fino a metà settembre. È un bel turismo, più tranquillo, colto, adulto, che cerca cose autentiche ed è curiosa di assaggiare il cibo locale. Facciamo la cucina che si mangiava un tempo nelle nostre case, ovviamente resa più moderna. Anche i vini, per il 90% sono del territorio: il vino albanese ha fatto passi da gigante anche grazie al supporto di enologi italiani e francesi.

Cosa consiglierebbe a un turista che vuole venire in Albania?

Di dedicare qualche giorno anche all’interno nelle zone interne, visitare qualche cantina, ora tantissime che fanno degustazioni, ne vale la pena.

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