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I cinque giardini italiani più belli al mondo, secondo il New York Times

Dalle rovine fiorite del Lazio ai mostri scolpiti nel tufo di Bomarzo, fino all’equilibrio perfetto di Villa Gamberaia sulle colline di Firenze: un viaggio nella bellezza silenziosa e visionaria del paesaggio italiano

  • 29 Maggio, 2025

C’è chi viaggia per musei, chi per ristoranti, chi per mercatini vintage. E poi c’è chi parte per visitare un giardino. Ma quali sono i giardini che da soli valgono un viaggio? A questa domanda ha provato a rispondere il New York Times con una classifica curata da sei esperti internazionali di paesaggio, tra cui architetti, garden designer e storici dell’arte botanica. Dopo quattro ore di discussione, partendo da oltre 50 candidati, il panel ha selezionato i 25 giardini più spettacolari del mondo, pubblicando la lista sul magazine T.
Non sempre i più noti o affollati, ma quelli che rispondono a criteri più profondi e significativi: la capacità di stupire, la forza del progetto paesaggistico, l’impatto culturale e simbolico, la bellezza botanica e, in alcuni casi, anche l’audacia. Ogni giardino è stato discusso a lungo, valutato per ciò che racconta e per come riesce a generare un’esperienza unica, che non sia soltanto estetica ma anche emotiva, sensoriale, persino spirituale.
Tra i 25 selezionati, l’Italia si è distinta con cinque luoghi molto diversi tra loro. Non solo ville rinascimentali, ma anche giardini sperimentali e poetici, dove il verde diventa racconto e visione.

Giardino di Ninfa


A un’ora da Roma, tra i monti Lepini e la pianura pontina, sorge uno dei giardini più suggestivi d’Europa: il Giardino di Ninfa. Il giardino sorge sulle rovine di un’antica città medievale abbandonata nel Trecento, tra torri, chiese diroccate e ponticelli in pietra. All’inizio del Novecento, la famiglia Caetani decide di non ricostruire, ma di lasciar parlare ciò che resta, accompagnandolo con piante rare, alberi da fiore, glicini, magnolie, aceri giapponesi, bambù. Il risultato è un giardino romantico e selvatico, dove nulla sembra progettato eppure tutto è perfettamente armonico.

Il microclima, favorito da numerose sorgenti d’acqua, consente la convivenza di oltre 1300 specie botaniche. Visitabile solo in alcuni periodi dell’anno, Ninfa è oggi un monumento naturale protetto. “È il tipo di giardino che non potresti mai replicare – a meno di avere un villaggio medievale tutto tuo”, commentano gli esperti del NYT.

Villa Gamberaia


Sulle colline di Settignano, a pochi minuti da Firenze, Villa Gamberaia è un capolavoro di eleganza paesaggistica. Realizzata all’inizio del Seicento, la villa e il suo giardino rappresentano un modello raro di equilibrio tra rigore architettonico e bellezza naturale. Tutto è calibrato, misurato, silenziosamente spettacolare. Il giardino si sviluppa su una serie di terrazze panoramiche che si affacciano sulla valle dell’Arno, disegnando geometrie perfette con siepi di bosso, vasche rettangolari e vialetti ombreggiati. Tra gli elementi più scenografici c’è il celebre “parterre d’eau”, un sistema di vasche e specchi d’acqua che riflettono il cielo e i cipressi, amplificando l’effetto teatrale del paesaggio. Non mancano elementi più curiosi e raccolti, come la grotta di roccaglia, il lungo prato detto “bowling green” che termina in un ninfeo, la limonaia e l’esedra di cipressi. Ogni spazio è pensato per dialogare con la villa e con la vista sul paesaggio toscano. Villa Gamberaia non è tra i giardini più famosi d’Italia, ma è tra i più studiati e ammirati da architetti e paesaggisti di tutto il mondo. Chi ha la fortuna di visitarla ne esce colpito da un senso di equilibrio assoluto, come se ogni foglia fosse al posto giusto. Un giardino “a misura d’uomo”, che insegna a osservare con calma.

Villa d’Este


A meno di un’ora da Roma, Villa d’Este a Tivoli è uno dei capolavori assoluti del Rinascimento italiano. Commissionata nel 1550 dal cardinale Ippolito II d’Este, figlio di Lucrezia Borgia, la villa fu progettata dall’architetto Pirro Ligorio e realizzata su un antico convento benedettino. Il suo giardino, articolato su terrazze digradanti, è celebre per l’ingegnoso sistema idraulico che alimenta oltre 500 giochi d’acqua, tra fontane, cascate e vasche, senza l’uso di pompe ma solo grazie alla forza di gravità.
Tra le fontane più iconiche spiccano la Fontana dell’Organo, che emette suoni grazie a un meccanismo idraulico, e la Fontana dell’Ovato, con la sua scenografia teatrale. Il Viale delle Cento Fontane, lungo circa cento metri, è fiancheggiato da una sequenza di mascheroni e zampilli che rappresentano i fiumi Albuneo, Aniene ed Ercolaneo. Nel 2001, Villa d’Este è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO per la sua straordinaria combinazione di arte, natura e ingegneria idraulica. Oggi, la villa è aperta al pubblico e offre ai visitatori un viaggio sensoriale tra architetture rinascimentali, suoni d’acqua e panorami mozzafiato sulla campagna romana.

Sacro Bosco di Bomarzo

Bomarzo Bosco Sacro

Nascosto tra le colline della Tuscia, a Bomarzo (VT), il Sacro Bosco – noto anche come Parco dei Mostri – è uno dei luoghi più enigmatici del Rinascimento italiano.
Ideato nel 1552 da Pier Francesco Orsini, detto Vicino, e progettato dall’architetto Pirro Ligorio, il parco fu concepito come un labirinto di simboli, un viaggio allegorico tra sculture colossali e architetture impossibili, scolpite nel peperino locale.
Lontano dalle simmetrie dei giardini rinascimentali, il Sacro Bosco si snoda in modo irregolare, popolato da sfingi, draghi, orchi e figure mitologiche. Tra le opere più celebri, l’Orco con la bocca spalancata, la Casa Pendente e l’Elefante che schiaccia un guerriero. Le iscrizioni enigmatiche e le sculture grottesche invitano il visitatore a un percorso iniziatico, tra meraviglia e introspezione.

Bomarzo Bosco Sacro

Dopo secoli di abbandono, il parco è stato riscoperto nel Novecento, affascinando artisti come Salvador Dalí e ispirando opere letterarie e musicali. Oggi, il Sacro Bosco è aperto al pubblico, offrendo un’esperienza unica tra arte, natura e mistero.

Villa Silvio Pellico

Villa Silvio Pellico Moncalieri

A Moncalieri, affacciata sulla pianura torinese, Villa Silvio Pellico è uno dei gioielli meno noti del paesaggio italiano. Un tempo dimora della famiglia Falletti di Barolo, la villa prende il nome dal celebre scrittore e patriota che vi soggiornò nell’Ottocento, immerso nella quiete della campagna piemontese. Ma è nel Novecento che il suo giardino assume un ruolo di rilievo, grazie all’intervento di Russell Page, uno dei più importanti paesaggisti del secolo scorso.

Villa Silvio Pellico Moncalieri
Il giardino è pensato come un quadro da contemplare. Organizzato lungo un asse prospettico centrale, è composto da parterre geometrici, siepi scolpite, specchi d’acqua e vasche riflettenti che dialogano con la facciata neoclassica della villa. Il disegno è misurato, rigoroso, eppure accogliente: ogni elemento è pensato per guidare lo sguardo, invitare alla sosta, suggerire equilibrio.
Non è un giardino monumentale, ma una composizione intima, costruita su contrasti lievi e su un uso sapiente della luce e della prospettiva. La disposizione delle piante, l’alternanza dei pieni e dei vuoti, il gioco dei volumi vegetali: tutto risponde a una logica silenziosa ma potente.

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