«È un’opera d’arte di Dio da salvaguardare, come si può fare con un quadro una scultura o un reperto archeologico. Tutto ciò che proviene o proverrà dall’isola avrà un valore inestimabile per chi vorrà provare carni, ostriche, gin, vini, mirto, olio, miele e altri prodotti totalmente naturali». Ecco l’isola di Culuccia nelle parole di Marco Boglione, imprenditore visionario e illuminato che nel 2017 acquista questa piccola isola del Nord della Sardegna.
Un luogo magico, incontaminato, che in questi otto anni ha ripreso vita grazie alla coltivazione della vite, ai pascoli, alle arnie, ma è rimasto, per forte volere di Boglione, completamente inviolato da qualsiasi opera umana che ne potesse intaccare l’essenza. Le uniche costruzioni presenti sono due case, già esistenti, perché questo era uno “stazzo” che in Gallurese rappresenta un’area agricola dove le famiglie potevano vivere in regime di autosufficienza. Il resto è solo pura natura.
Facciamo un piccolo passo indietro. Boglione, classe 1956, è un imprenditore che tramite la BasicNet, società da lui fondata, detiene alcuni marchi di abbigliamento conosciutissimi in Italia e nel mondo, come Kappa, k-Way, Superga o Sebago. Nella testa dell’imprenditore piemontese però non ci sono solo i capi sportivi. Nel 2009 compra La Cunchedda, una tenuta agricola nel comune di Santa Teresa di Gallura, proprio di fronte all’isola di Culuccia. Giorno dopo giorno Boglione osserva quella piccola isoletta come davvero fosse una vera e propria opera d’arte per quanto, essendo disabitata dal ’96, verteva in uno stato di abbandono.
Dal 1923 al 1996 Culuccia poteva vantare un unico abitante, Angelo Sanna, noto a tutti come ziu Agnuleddu, che allevava il bestiame e conduceva una vita pressoché primordiale. Nel 2017 arriva all’orecchio di Boglione la notizia: Culuccia è in vendita, ma il dossier parla chiaro. Vincoli paesaggistici strettissimi, nessuna possibilità di costruire, se non restaurare il già esistente. Tutto ciò non preoccupa l’imprenditore, anzi. Anche se non ci fossero stati certi parametri da rispettare, lui avrebbe fatto lo stesso, visto che aveva già in mente come ridare vita all’Isola facendola diventare una vera e propria “arca”. «Decisivo è stato l’impulso di mio fratello – racconta – Mi disse: “Se non la compri sei pazzo, in più la mamma sarebbe contenta”. Come potevo non buttarmi?».
«Culuccia è un’arca dove chi sta a bordo o chi vuole salirci sa di essere al sicuro. Culuccia è autosufficiente come lo era ai tempi di Ziu Agnuleddu e io intendo perseguire e tutelare il lavoro – anche di conservazione del territorio – e la filosofia che hanno guidato Angelo Sanna per tutta la vita. Sappiamo che già nelle antiche mappe del Settecento, Culuccia era indicata come Isola delle Vacche. Anche per questa ragione sull’isola sono stati reintrodotti gli animali che l’hanno caratterizzata fino ai tempi di Ziu Agnuleddu, e anche in precedenza: asini, capre e una speciale razza di vacche autoctone, di cui qualche mese fa è iniziato il processo di riconoscimento ufficiale».
Il concetto di arca, per Boglione, è chiaro: salvaguardare gli ecosistemi che si sono creati attraverso i secoli permettendo una convivenza in cui l’uomo è in equilibrio con l’isola, e viceversa. L’obiettivo è quindi continuare a proteggere il patrimonio naturale di Culuccia, mantenendola autosufficiente e rendendola un esempio di come – attraverso la Natural Equity – si possa realizzare una vera sostenibilità, sotto tutti i punti di vista.
Fu così che nel 2017 Marco Boglione e Stella, la sua compagna di vita, acquistano l’isola con l’intenzione di creare un’azienda agricola che operasse per le colture e l’allevamento esclusivamente attraverso sistemi non intensivi e naturali, senza utilizzare concimi industriali né mangimi né irrigazione artificiali. L’obiettivo è produrre e distribuire enogastronomia gallurese di altissima qualità e assecondare la crescente domanda, soprattutto tra i giovani, di turismo sostenibile. La sostenibilità ambientale, l’autonomia energetica e la massima indipendenza dai combustibili fossili sono i paletti di questa filosofia di vita e di coltivazione.
Man mano che si procede con i lavori di ripristino (affrontando la pulizia di sentieri e di oltre 15 km di strade sterrate, di campi abbandonati da almeno 40 anni e di chilometri e chilometri di muretti a secco la cui costruzione è un’arte elevata a Patrimonio Unesco dell’Umanità) vengono alla luce due antichi vigneti, diversi pozzi, l’orto di Ziu Aguleddu ed esemplari di flora tipici della Gallura come lentischio, corbezzolo, mirto, cisto, ginestra, olivastro e ginepro.
Queste ultime due specie sono le piante maggiormente presenti sull’isola che ha una superficie di circa 260 ettari. Oggi, come ai tempi di Ziu Agnuleddu, l’isola è tornata ad essere autonoma dal punto di vista energetico e idrico: per l’acqua sono stati ripristinati i pozzi e i bacini di accumulo già presenti; per l’energia, sono state create delle centraline che permettono di accumulare l’energia solare e poi redistribuirla.
Per preservare il patrimonio floro-faunistico dell’isola, nel 2020 nasce l’Osservatorio Naturalistico di Culuccia allo scopo di studiare e proteggere la grande ricchezza di ambienti, ecosistemi e le specie presenti nel territorio, oltre a promuoverne la tutela e la fruizione sostenibile. Si tratta di una struttura di ricerca scientifica permanente, diretta da Sabrina Rossi, una naturalista impegnata a garantire l’attività di ricerca, divulgazione e fruizione.
Le attività di ricerca per lo studio della biodiversità terrestre e marina si svolgono sia autonomamente sia in collaborazione con atenei, istituzioni ed enti locali come il Politecnico di Torino, l’Università Roma Tre, l’Università di Sassari, l’Università Federico II di Napoli, il CNR di Firenze, il Centro Pipistrelli Sardegna e il Museo Geo-Mineralogico dell’Arcipelago di La Maddalena.
Una volta che l’isola è stata ripulita e sono state ritracciate le strade, il primo pensiero che è venuto in mente a Boglione è stato il vino. Come accennato, l’imprenditore aveva già Cunchedda – 45 ettari di terreni – la tenuta di Peschiera, divisa tra 70 ettari di specchio d’acqua e 40 di terra dove sono state impiantate delle vigne nel 2023 e nel 2024. Ma ancor prima, nel 2018 e nel 2020, sono state messe a dimora due piccole vigne proprio a Culuccia: Vigna Puntata e Vigna Vecchia.
In entrambe la varietà coltivata è unicamente il Vermentino ed entrambe sorgono a pochissimi metri dal mare. Il responsabile del progetto enologico è il bravo (e giovanissimo) enologo Andrea Pala che ha subito raccolto la sfida: «Marco Boglione mi disse, senza esitazioni: “Qui faremo sicuramente un bianco, sicuramente uno spumante, l’altro te lo devi inventare”. Lasciando per un attimo la sfida lanciata da Marco, vi posso dire che produrre uva qui è incredibile. Tutti mi dicevano che sarebbe stato impossibile avere uve salubri per la troppa vicinanza al mare e alla salsedine, invece sull’isola le uve non soffrono per niente, non hanno irrigazione ma neppure nelle ultime annate siccitose c’è stato il benché minimo problema. In più le brezze marine preservano da malattie e così io posso lavorare degli acini belli, maturi e sani.
Per ora produciamo un Vermentino e un Metodo Classico sempre da uve Vermentino, annata 2028 sboccato nel 2020». Invece, il vino che doveva inventarsi lei? chiediamo ad Andrea… «Osservando l’Isola mi sono venute in mente alcune antiche produzioni greche dell’isola di Chios, dove le uve, una volta raccolte, vengono immerse nell’acqua di mare. Noi abbiamo provato a fare la stessa cosa e ora, dopo alcuni anni di prove, possiamo dire di esser soddisfatti. Viene fuori un vino sapido, salato, vera essenza di Culuccia. Ora abbiamo in mente la produzione di un passito, mentre nelle altre due tenute sono state impiantate altre barbatelle di vermentino e varietà autoctone per la produzione di un rosso».
Noi li abbiamo assaggiati tutti: il Donna Ste’ è un Vermentino di Gallura Superiore frutto dell’annata 2023: ha profumi di frutto giallo e iodio, mentre in bocca è avvolgente ma con un apporto di freschezza e sapidità da manuale. Passiamo dalla sensazione sapida a una vera e propria percezione salata per il Donna Ma’, altro Vermentino di Gallura anch’esso 2023. Non si stenta a credere che il vino sia frutto della particolare lavorazione con “immersione” delle uve, ma il risultato è centrato. Il vino è senza dubbio originale, ma non perde un equilibrio di fondo. Piacevole, cremoso, profumato, infine il Metodo Classico.
Mirto, Gin, miele, ostriche e tanti altri progetti in testa. Non c’è solo il vino nella testa di Marco e Stella Boglione e dei loro collaboratori. Prima di tutto, grazie a un bravissimo distillatore sardo, vengono prodotti sia un liquore di mirto con le bacche rigorosamente locali e un Gin che nasce dal ginepro di Culuccia. Le api producono poi il miele. Ma la cosa più incredibile e che non ti aspetti è l’allevamento di ostriche nell’area marina di Peschiera. Per le vacche che vivono brade, invece, Boglione ha già chiesto e aperto l’iter burocratico per il riconoscimento della razza autoctona di Culuccia.
Tutto ciò lo si può godere andando nell’Isola, visitandola e scoprendola. C’è davvero da rimanere a bocca aperta. Godetevi le zone più interne, arrivate fino alle diverse spiagge, ma soprattutto fermatevi al Bar di Macchia Mala. Durante l’estate è aperto per godersi una delle produzioni “made in Culuccia” e non solo. Anche lui è sostenibile al 100%. La struttura è amovibile totalmente, dal punto di vista energetico è autosufficiente, ma soprattutto offre un’altra energia… difficile da spiegare. Non aggiungiamo altro. Il resto è tutto da provare.
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