āUn’esperienza che rifarei mille volteā. Gianni Dezio racconta i due mesi passati alla corte di Andoni Luis Aduriz, in quel Mugaritz che riesce ā a distanza di più di 20 anni dalla sua nascita ā a conservare la spinta sovversiva con una fisionomia del tutto originale nel panorama (non solo) basco, che smarca in modo personale ma non rinnega i canoni dell’alta ristorazione, si lega alla tradizione locale pur giocando in un altro campionato, radicalmente innovativo. Punto di riferimento per quanti cercano stimoli, disorientamenti, provocazioni, sorprese. Mai fine a se stesse, mai vezzose, ma sempre con una portata teorica potente, che pone il lavoro di Aduriz di diritto sul piano di altre espressioni intellettuali. A un passo dalle riflessioni di certa arte concettuale, a un passo da affondi filosofici, ma conservando sempre ben chiara la stretta con la cultura gastronomica basca. Un carattere originale e per certi versi penalizzante, con la Terza Stella che continua a passargli accanto senza mai fare tappa a ErrenterĆa, a un passo da San Sebastian ā tanto che tra i suoi piatti fa capolino anche il famoso omino, in una sorta di rituale dissacrante. Ma sempre con quello slancio radicale e la voglia di continuare a spingersi fuori dalla comfort zone, giocando a rimpiattino con riferimenti familiari, di cui si percepisce il richiamo rassicurante e il suo doppio perturbante. āL’intelligenza di Aduriz sta proprio nel fare qualcosa di diverso in una regione con un’identitĆ culinaria forte come quella bascaā.
E qui Dezio ĆØ andato, stagista tra gli stagisti: 20 da tutto il mondo, ognuno con la sua cultura e il suo modo di concepire la gastronomia, che si uniscono alla decina di cuochi fissi che animano le cucine del Mugaritz. āCe ne sono tre, I +D al piano superiore ĆØ il laboratorio in cui si sviluppano i menu nei mesi di chiusura del ristorante e dove si continuano a fare costantemente prove, magari per l’anno successivoā. Poi c’ĆØ la cucina sotterranea ādove c’ĆØ la produzione di tutta la lineaā, una cosa colossale se si pensa agli elementi necessari per completare un menu da 25 piatti per 40 persone (con relative varianti per allergie o intolleranze); la terza cucina, al piano terra, ĆØ quella del servizio: āci sono tanti passaggi e preparazioni espresse, ĆØ un lavoro molto complesso da gestireā. Il rigore ĆØ massimo, āma quando sei lƬ sei parte di una specie di rivoluzione, c’ĆØ sempre qualcosa di scomodo, qualcosa di nuovo, qualcosa da imparareā.
āAppena arrivato sono stato in produzione, dove facevo un po’ di tutto, secondo bisognoā racconta. Poi passa alla raccolta delle erbe, pur volendo seguire anche il servizio nel fine settimana. āUna volta al mese c’ĆØ il cambio tra una partita e un’altra, tutti hanno modo di mettersi alla prova: non appena si entra in una comfort zone ti spostano, devi ricominciare con nuovi obiettiviā. Un modo per spingere i collaboratori ā anche quelli temporanei ā a mantenersi sempre in tensione, senza mai sentirsi tranquilli in quel che fanno. Sempre tesi e sempre pronti a uscire dalle traiettorie giĆ scritte. Può essere più produttivo, ma ĆØ anche molto rischioso. Serve una grande capacitĆ di leggere chi si ha davanti, āla parte umana non ĆØ mai venuta a mancare tra noi e il personale fissoā. Tra gli stagisti un’argentina di 40 anni, alla sua prima esperienza professionale: ālavorava in ospedale, e dopo un corso di cucina non so come era approdata al Mugaritz. In alcuni momenti ĆØ stata in difficoltĆ , e mai l’hanno lasciata sola. Avrebbero potuto lasciarla andar via e chiamare qualcun altro, hanno cosƬ tante richieste di stage che non avrebbero avuto problemi a rimpiazzarla. Invece no: nonostante fossimo in una cucina enorme dove vige grande rigore, velocitĆ , precisione, pulizia, le sono stati dietro perchĆ© non mollasseā. Un rispetto per la persona che ĆØ anche rispetto dei lavoratori: ādurante il lavoro devi correre tantissimo, ma sono 8 ore precise, e non ĆØ scontato in una realtĆ come quella, credo che questo sia l’unico modo per non avere problemi a trovare personaleā. Facile se conti su un parco stagisti che copre i due terzi dei collaboratori.
Il piatto di apertura del menu, il beso, ĆØ una composizione di una ventina di erbe, fiori, foglie raccolte ogni giorno: āmai vista una cassetta da un fornitore, era tutto raccolto da noi poche ore prima del servizioā. Una bella responsabilitĆ per chi, come lui, si occupa dell’orto. āLe piante cambiavano sempre, soprattutto all’inizio, poichĆ© pioveva tanto. Bisognava sostituirle senza stravolgere l’equilibrio del piattoā. Come riuscirci? āAppena arrivi hai accesso a un portale in cui ci sono le schede tecniche di ogni cosa con tutte le informazioni possibili: il concetto, gli ingredienti, il senso, le foto, il risultato finaleā. Un risultato da replicare giorno dopo giorno perfettamente, in ogni dettaglio.
Anche se il Mugaritz ĆØ organizzato come una piccola industria, ci sono molti gesti tecnici, artigianalitĆ e una enorme manualitĆ : āi pisellini setacciati per avere quelli del calibro giusto, l’asparago affettato a ventaglio in una decina di listarelle, i gambi della borragine tagliati sottilissimi poco prima del servizio. Durante la produzione tutti si fermavano per aiutare a preparali: sono tanti e devi essere preciso, veloce, non devi sbagliare. Ć una responsabilitĆ assegnata allo stagistaā. Questo ĆØ Aduriz, uno che vede il lusso anche in questa semplicitĆ precisissimaā. La stessa che si ritrova nell’ostrica poggiata su un favo tagliato a misura āarrivavano le cassette delle api e bisogna tagliare i favi a misuraā.
āNonostante l’aspetto concettuale della sua cucina, si ritrova sempre il territorioā, con passaggi pop che fanno riferimento alle tradizioni culinarie basche riviste in modo nuovo – siano pinchos, crocchette o la trilogia di baccalĆ , ātre assaggi diversi a base di trippa di baccalĆ , molto comune nella cucina bascaā – magari mescolate con alcune delle ossessioni di Aduriz come i fermentati e le muffe. Un esempio? āLe palline di pasta fritta farcita con membrillo, la confettura di mele cotogne tradizionalmente servita nelle sidrerie con il formaggio. Quella pallina viene passata nel latte cui si aggiungono le muffe a creare una pellicina. Sembra di mangiare una pallina di formaggio con le confetturaā.
āSpero pulizia e organizzazione, cose un po’ maniacali che mi piacciono tanto, perchĆ© in la cucina tende naturalmente al disordine, e questa corda stretta che hai addosso per mantenere ordine e pulizia quando lavori ĆØ molto bella, come lo ĆØ la parte organizzativa: fare le cose bene, in modo pulito e veloceā. E poi? āPoi ci sono il territorio, le consistenze che diventano quasi un ingrediente, cosƬ collagenose, gommose: una cosa che mi fa impazzire. E le temperature bassissime che rendono le cose un po’ insipide. Cose con cui crea un po’ di shock, ĆØ molto bello, ma deve avere un senso e devi riuscire a far passare il messaggio anche a chi ĆØ al tavoloā. San Sebastian non ĆØ l’Abruzzo… āMa forse a livello paesaggistico qualche legame c’ĆØ, con la montagna a ridosso del mare, e una grande identitĆ rurale. Vedo una connessione: penso fosse il posto giusto per fare un’esperienza coerente con quel che stavo facendo a Tostoā.
Lo stage ha coinciso con la chiusura di Tosto, ad Atri, āne ho approfittato, ma avevamo giĆ deciso di chiuderlo, in attesa di riaprire in un altro postoā. Nel frattempo, però, nella piazza principale di Atri, davanti alla cattedrale, un mese fa ĆØ nato un nuovo Più Tosto, una botteguccia di 25 metri quadrati, qualche seduta all’esterno, la cucina a vista, un piccolo bancone in cui trova spazio una selezione di salumi, formaggi, vino e poi la produzione home made: focacce, maritozzi, fritti ā come supplƬ con ventricina teramana, olive ascolane, il formaggio fritto ā il panino con la trippa o l’hot dog con ketchup affumicato insalata di coriandolo e cipolla fritta, e la domenica ci sono proposte pronte per il pranzo. Nulla di basco, per ora: āma ci sto pensandoā. Più Tosto sta andando bene: “arrivano giovani, locali, turisti, attratti da un format pop. Ć una cosaā aggiunge āche credo qui mancasse. Ma non vedo l’ora di riaprire il ristoranteā. Conclude. āIl ristorante ĆØ una azienda, bisogna pensarla bene prima di aprire, non possiamo permetterci di sbagliareā.
Più Tosto – Atri (TE) – piazza Duomo, 3 – 324 0842071
a cura di Antonella De Santis
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