Con l’arrivo dell’estate, mentre le spiagge pugliesi si popolano di ombrelloni e il richiamo del mare si fa irresistibile, c’è un altro suono che riecheggia tra i bagnanti: «Pampanelleee, pampanelle frescheee!». È il grido dei venditori ambulanti che annunciano l’arrivo della pampanella pugliese, un formaggio fresco e leggero, diventato col tempo lo spuntino da spiaggia per eccellenza nel tarantino e nel Salento.
La pampanella ha origini umili e antichissime. Le prime tracce certe risalgono al 1700, quando veniva preparata nelle masserie di Taranto, Brindisi e Lecce. Ma secondo alcuni, le sue radici affonderebbero addirittura nella preistoria. Non è difficile crederlo, vista la semplicità dei suoi ingredienti e del suo procedimento.
Foto credit: Instagram @rossoldout
A darle il nome è la foglia che l’avvolge: il pampano, ovvero la foglia di fico. Ed è proprio questa, oggi, a custodire e profumare la pampanella con le sue note erbacee e il suo leggero retrogusto amaro. La linfa lattiginosa del fico, ricca di enzimi coagulanti, veniva utilizzata per far cagliare il latte, in un processo completamente vegetale. Lo conferma anche il gastronomo greco Dalli Kalivole, che nei suoi scritti attribuiva proprio a questo prezioso lattice la nascita del caglio naturale, oggi quasi del tutto sostituito da alternative più moderne.
La pampanella è un formaggio fresco e morbido, ottenuto da latte vaccino o misto (caprino e ovino). Il latte viene pastorizzato e coagulato a circa 38°C con caglio naturale. Dopo una ventina di minuti si ottiene un coagulo che, con attenzione, viene deposto su foglie di fico immerse in acqua fredda. Dopo qualche ora, grazie agli enzimi naturalmente presenti nella pianta, il formaggio si rassoda e si arricchisce di un gusto fresco, lievemente dolce.
Latticello del fico
Nelle case salentine e tarantine, qualcuno ancora oggi prepara la pampanella secondo l’antico metodo del latticello di fico: dopo aver portato il latte a 50°C, basta una goccia della linfa bianca dal fico appena staccato per trasformare il latte in formaggio. Dopo 40/45 minuti coperto sotto un canovaccio, basta salare a piacimento e mettere a scolare il formaggio per 5/6 ore in un colino. In fine, va servito come da tradizione sulle foglie del fico.
Un tempo i carretti percorrevano le strade dei paesi pugliesi per venderla ai passanti. A volte, addirittura, veniva usata come resto in assenza di spiccioli. Oggi la pampanella si trova nei supermercati locali, sigillata in piccole vaschette ma sempre avvolta nella sua foglia. Viene portata direttamente in spiaggia dai carretti di chi ancora la produce a mano, trasportata in borse termiche.
Foto credit: Instagram @ericamorefantasia
Sotto l’ombrellone, la scusa ufficiale è sempre la stessa: «È per i bambini», ma in realtà nessuno riesce a resistere a quel bocconcino morbido, bianco latte, che si scioglie lentamente in bocca e che, a differenza di altri formaggi, non appesantisce né vieta un tuffo subito dopo.
Curiosamente, con il nome pampanella convivono nel Sud Italia altri alimenti. In Abruzzo, esiste una versione casearia simile, ma fatta solo con latte di capra. In Molise, invece, la pampanella è tutt’altra cosa: un piatto di carne di maiale al forno, marinata con peperoncino e aceto.
Foto copertina credit: Facebook Made in Taranto
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