«È troppo salata. No, è troppo acida. Che poi, con tutti i formaggi che abbiamo in Italia, perché proprio ‘sta cosa greca?». Questa è una delle numerose testimonianze che si rincorrono in rete relative a uno dei prodotti più noti della cultura gastronomica ellenica, la feta. Un formaggio che in Italia è diventato tanto popolare quanto divisivo: c’è chi lo adora (in tutte le salse) e chi invece non ne vorrebbe sentir parlare. Una contrapposizione che attraversa la società, ma anche parte della nostra redazione.
Antonella Di Lorenzo
Le invettive contro il formaggio più amato dei social – un solo reel di Instagram ha raggiunto ben 17 milioni di visualizzazioni – e più comprato nei supermercati sono tante. Eppure, chi lo spiega agli haters della feta che ci sono numerosi motivi per amarla?
Innanzitutto, siamo di fronte a un prodotto che, nonostante non sia italiano, è protetto dal marchio DOP. Secondo il disciplinare deve essere realizzato con latte di pecora puro, miscelato al massimo con latte di capra, che può arrivare fino al 30%. Quindi, parliamo comunque di un prodotto di qualità, che viene lavorato secondo un procedimento ben strutturato, che prevede anche un periodo di maturazione di poco più di due mesi in barili di salamoia. Più ha un sapore forte, più ha personalità.
Non è detto che, in termini di gusto, il profilo basso di alcuni ingredienti li aiuti a essere versatili in cucina. Vedi le zucchine: si utilizzano ovunque, ma il loro sapore risulta spesso anonimo. La feta invece ha un sapore deciso, molto sapido e acidulo e, per tal motivo, è un ingrediente divisivo. Ma vi diamo una notizia: essendo conservata sottovuoto, porta con sé ancora un po’ di quella salamoia da maturazione. Perciò, si può sciacquare sotto l’acqua corrente prima di essere consumata, senza il timore che perda le sue proprietà: proteine, calcio, vitamina B2, Vitamina A e sali minerali.
Proprio per la personalità, è il perfetto alleato per creare in cucina degli accostamenti di gusto notevoli. Se combinata con della ricotta e frullata, sarà una crema da gustare a mo’ di hummus, mentre la sua sapidità sarà attenuata dalla dolcezza della ricotta, a cui verrà dato un bel twist di sapore; se sbriciolata alla fine della cottura della pasta, condita con un sugo leggero, può aiutare a mantecare il piatto ed equilibrare di sale, laddove si è rimasti indietro nella pasta o nel condimento; può essere consumata cruda, ma anche cotta, per numerose ricette, sia salate che dolci, come una cheesecake. E poi ha i suoi vantaggi in fatto di salatura: essendo già di suo un prodotto sapido, come le alici, può aiutare a non cadere nell’aggiunta eccessiva di sale nelle pietanze.
Proprio perché oggi la praticità è il must e l’antidoto alla vita frenetica, ben venga che in cucina alcuni prodotti soddisfino questa esigenza. C’è da sottolineare infatti che la feta è un formaggio a pasta semidura (non è un caciocavallo, ma nemmeno un pezzo di Parmigiano), che viene venduto sotto forma di grossa fetta – da qui il nome feta – e che non contiene buccia: la confezione si apre e il formaggio è pronto per essere consumato. Inoltre, viene anche venduto fresco ai banchi di salumeria, per chi desidera un prodotto da consumare nell’immediato. Last but not least: il modo in cui viene venduta nei supermercati, sottovuoto con della salamoia, permette di conservarla (chiusa) in frigo fino a circa sei mesi. Per questo possiamo elevarla a prodotto emergenziale alla stregua del tonno in scatola, una soluzione ideale quando non si ha nulla da mangiare in casa.
Eugenio Marini
Che ci si creda o no, fare la parte del guastafeste non è poi così divertente. Con quest’ondata di “fetafariani” convinti, che mangiano la feta pure con la pasta, è un attimo che si diventi bersaglio di critiche, tra chi ti accusa di voler ricoprire il ruolo del bastian contrario a tutti i costi e chi, semplicemente, di totale incompetenza in fatto di cibo. Ma diciamoci la verità, per chi scrive o si occupa di cultura gastronomica promuovere la feta greca non è proprio il massimo; anzi, è quasi un autogol. Anche perché, nella maggior parte dei casi, dai supermercati ai rivenditori più piccoli, quella che si trova in giro è frutto di una lavorazione standardizzata, poco interessante a livello organolettico. Altro che chicche casearie di produttori sconosciuti. Pare un blocco dal naso pungente e dal palato spigolosamente sapido e acidulo, con una struttura da una parte friabile e granulosa, dall’altra grassa e cremosa. Un complesso aromatico lineare e statico, che richiama appena appena lo yogurt, se non il kefir, e talvolta qualche caprino. Tanto forte e dirompente da essere percepito come un assaggio ruvido, che lambisce la sfera del discomfort. Motivo per cui, a differenza di vari formaggi, resta un boccone che mangiato da solo non si apprezza pienamente. Richiede almeno un pezzo di pane. In ogni caso, quando è accompagnato da altri ingredienti, domina comunque la scena mettendo in ombra qualsiasi altro sapore.
Non di rado quella industriale è prodotta con latte pastorizzato, sottoposto cioè a un processo che sebbene renda più sicuro il cibo, dall’altro lato — a detta di alcuni casari fautori del latte crudo — neutralizza quei batteri lattici caratteristici, in grado di conferire maggiori sfumature e complessità alle produzioni. Se invece si adduce fra le argomentazioni a difesa che si conserva per mesi senza rovinarsi, ebbene questo è un tratto distintivo di molti formaggi stagionati, prodotti che, a differenza della feta, riescono a migliorare attraverso il tempo. In più, la maturazione prolungata in salamoia ne fa una fetta piuttosto salata, che nelle ore successive può arrecare un aumento della sete non indifferente. Per questo elevato contenuto di sodio, sarebbe controindicata in persone che hanno deficit renali o soffrono di pressione alta.
Alla luce di quanto detto, senza voler essere per forza gastronazionalisti, non sarebbe meglio optare per formaggi come il primo sale, dalle note lattiche più nitide e delicate (a seconda della stagione e del latte impiegato), che si prestano altrettanto bene a un’insalata, o che rispondono alle stesse esigenze di praticità che i tempi esigono? Come la feta, si possono reperire agevolmente, e si tagliano e mangiano in modo veloce, visto che non presentano alcuna crosta. A voi la scelta.
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