Saliceto, Alta Langa. Qui, due donne hanno scelto di cambiare vita. Elisa Core, laureata in economia, lavorava nello studio commercialista del padre quando, da autodidatta, si è avvicinata al mondo del formaggio. Nel 2015 incontra Sara Armellino, laureata in Scienze forestali e ambientali, con in testa l’idea di dedicarsi alla pianificazione e gestione dei boschi e una forte attrazione per la campagna. Un cascinale appartenuto al nonno, la passione per la sostenibilità e la voglia di mettersi alla prova hanno fatto il resto. Nel 2016 fondano una startup: l’azienda agricola Le Langhette. Rinunciano al posto fisso per seguire una passione comune, con un obiettivo ben chiaro: allevare pecore di una varietà ovina autoctona a rischio di estinzione, e trasformarne il latte in formaggi tipici. È bellissima la storia del loro successo.
Due neofite autodidatte entrate in un mestiere antico, recuperano un patrimonio che rischiava di perdersi e raccolgono subito riconoscimenti. Appena tre mesi dopo l’avvio, partecipano ai primi concorsi e premi di formaggi (che vincono) con il latte di sole sei pecore. Ora il gregge è di circa una cinquantina.
La razza Pecora delle Langhe, per secoli diffusa in queste colline, era stata progressivamente abbandonata. Core e Armellino l’hanno riportata al pascolo, affiancandole capi di razza Lacaune francesi per integrare la produzione di latte, e una dozzina di capre camosciate, Saanen e altre razze miste.
L’allevamento si trova a un chilometro dal laboratorio, in una zona dove i prati, boschi e colline sono un sogno. Allevate nel rispetto dei loro ritmi naturali, vengono munte due volte al giorno e seguite con attenzione. Le due fondatrici condividono infatti un’idea d’impresa fondata su pochi capi, su una buona selezione genetica e su una corretta alimentazione, prevalentemente legata al pascolo e al fieno.
Nel piccolo caseificio a Saliceto, il latte crudo diventa formaggio con pochi gesti. Fra le produzioni c’è la giuncà (la giuncata che in dialetto si dice “zuncò”), formaggio fresco di pura pecora, senza crosta e dalla pasta morbida, tradizionalmente consumato in giornata. La cagliata riposa su stuoie di giunco cucite a mano da un artigiano locale.
È un prodotto De.Co. di Saliceto che si mangia tradizionalmente per merenda con una spolverata di zucchero e polvere di caffè, oppure con un filo d’olio e un pizzico di origano. Un prodotto fresco e dalla shelf-life inesistente, shi avrebbe mai pensato ad un tale successo: gli anziani di Saliceto, assaggiando per la prima volta la neo-prodotta giuncata delle Langhette si sono commossi, ritrovando i sapori della loro infanzia.
Ma la produzione va oltre la semplice giuncà. Seguendo la stagione, da marzo a ottobre si trovano principalmente i formaggi freschi come robiole, ricotte e tome fresche, mentre da maggio a dicembre le Langhette producono formaggi più stagionati, che riposano in un luogo molto particolare: la “gruta”.
Di proprietà della famiglia paterna di Armellino, è una grotta tufacea lunga settanta metri con volta a botte scavata a mano in epoca imprecisata. Non è chiaro perché sia stata realizzata; uno storico locale ipotizza possa essere legata a un’antica sepoltura di un monarca ligure; altre teorie la vogliono luogo segreto per il tesoro di un principe saraceno. È invece accertato si sia trattato di un rifugio durante le invasioni barbariche che probabilmente ha visto anche il passaggio dei cavalieri Templari. Per anni è rimasta inutilizzata, finché le Langhette non l’hanno trasformata in una preziosa risorsa da valorizzare, sfruttando l’umidità e la temperatura costante per la stagionatura dei loro formaggi. Ci sono anche altre realtà che affinano i formaggi in grotta, come ad esempio Genussbunker in Alto Adige e Dol a Roma.
Allo scopo di finanziare i lavori per la messa in sicurezza della gruta e per renderla un luogo adatto alla stagionatura dei formaggi anche a livello igienico-sanitario, le Langhette hanno lanciato una campagna di crowdfunding che ha raccolto quasi 12 mila euro. In cambio, i circa 200 sostenitori, i cui nomi sono scritti su una grande targa alla bocca della gruta, ricevono i prodotti dell’azienda. Una partenza comunitaria per un progetto che oggi integra vendita diretta, partecipazione a mercati locali e fornitura a botteghe e ristoratori della zona.
Il lavoro delle due contadine-imprenditrici è un esempio concreto di come un’azienda agricola multifunzionale possa coniugare sostenibilità, tutela delle razze autoctone e recupero di tradizioni locali. Saliceto non è un luogo di passaggio, bisogna volerci arrivare. Forse è anche per questo che la storia delle Langhette racconta bene cosa significa, oggi, fare agricoltura in zone marginali. Partire da un’idea, capire il territorio e produrre, giorno dopo giorno, un prodotto che riunisce la comunità.
Per approfondire la tradizione casearia del cuneese e vedere da vicino le tecniche di produzione di formaggi straordinari, la puntata di Cheese Hunters è disponibile in chiaro sul digitale terrestre al canale 257, e su gamberorosso.tv
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