Estate

A Milano c’è uno stecco artigianale che costa come l’industriale. Ed è firmato da una maître chocolatier

Charlotte Dusart, maître chocolatier belga a Milano, lancia stecchi e bonbon gelato artigianali. Un nuovo capitolo, fedele alla sua poetica del cioccolato

  • 25 Giugno, 2025

Costa 3,50 euro, poco più di tanti stecchi confezionati da banco frigo venduti dai 2,80 a 3 euro, a patto di non essere in spiaggia dove i prezzi salgono ancora di più. Ma lo stecco gelato di Charlotte Dusart, maître chocolatier belga con bottega a Milano, non ha nulla da spartire con gli stecchi industriali. Né in tema di ingredienti, né tanto meno sotto il profilo del gusto. È una chicca da mordere. Un cuore di cremoso gelato racchiuso in una glassa sottile di cioccolato: c’è quello alle arachidi con inserto di caramello al burro salato e glassa al cioccolato con granella; quello al fondente Madagascar 71%, con cuore di gelée al lampone e copertura croccante; e infine lo stecco alla massa di cacao della Repubblica Dominicana, rifinito con fave di cacao caramellate. Un gelato in cui Charlotte Dusart ha messo la stessa certosina attenzione che mette nella creazione di una pralina. «Per me, cioccolatiera, fare il gelato è stata una scelta naturale. Volevo proseguire il mio percorso di ricerca, rimanendo fedele a ciò che sono: una creatrice di gusto e consistenze», racconta Charlotte Dusart.

Dal cioccolato al gelato, senza perdere identità

L’introduzione del gelato per Charlotte Dusart non è un cambio di rotta, ma l’incipit di un nuovo capitolo della sua stessa storia di artigiana. «Non voglio mettermi in competizione con la grande tradizione del gelato italiano ma trovare una mia strada – spiega –. Chi mangia il mio cioccolato e le mie praline deve ritrovarne il gusto anche nel gelato». Gelato che nasce da un anno di sperimentazioni e da una formazione specifica, svolta in Italia e in Svizzera con maestri specializzati. «Amo approfondire la parte tecnica che mi ha sempre permesso di esprimere le idee. Ma prima di tutto, per me, un dolce deve essere emozione», continua Dusart che da pochi giorni ha arricchito la sua gamma con 3 varianti di stecco, 9 gusti in coppetta (a 4,90 euro) e altrettanti bonbon gelato preparati nel nuovo laboratorio milanese di via Oslavia, in zona Lambrate.

Un racconto di memorie, gusto dopo gusto

«Ogni mia pralina racconta qualcosa di me. A volte è un viaggio, altre volte un momento preciso della mia infanzia. Quando creo, penso sempre a un’immagine, un’emozione. Il mio lavoro è tradurre tutto questo in gusto. Una pralina può contenere l’odore di casa, la sensazione di una passeggiata nel bosco, il profumo di un dolce che preparava mia madre», spiega Charlotte Dusart che ha trasferito tutte le suggestioni delle sue praline nel gelato. La logica è la stessa: evocare, attraverso il gusto, un ricordo condivisibile. «Se funziona per me, allora può arrivare anche agli altri. Non mi interessa stupire, ma raccontare», sottolinea.

I gusti, tra infanzia e materia prima C’è la coppetta Tarte tatin, con gelato al caramello, gelée di mela e cannella, che richiama la torta dell’infanzia di Charlotte. Il Fondente 71% Madagascar con fleur de sel che amplifica l’anima da cioccolatiera di Dusart. Ma soprattutto c’è il Cioccolato al latte con tè Earl Grey, una delle creazioni più personali di Dusart. «Il tè Earl Grey è una mia ossessione da sempre. Lo uso anche nelle praline. Mi piace perché aggiunge profondità e lascia un profumo che resta nella memoria», aggiunge. Nei bonbon gelato, le combinazioni si fanno ancora più complesse, soprattutto perché “compresse” in due soli morsi: Earl Grey con albicocca, gianduia e nocciola, pistacchio, cioccolato Madagascar con gelée al lampone, yogurt e fragola, solo per citarne alcuni. Ogni pralina è una miniatura di racconto, avvolta da una camicia di cioccolato e venduta in scatole da 9 pezzi (a 16 euro), ciascuno spennellato con un colore diverso per distinguerne il gusto.

Un gelato per tutti

«Non mi interessa fare un gelato per pochi. Voglio che sia buono e che possa arrivare a tutti», sottolinea Dusart. Il desiderio di raccontare, attraverso il gusto, non poteva prescindere da una scelta precisa. «L’obiettivo è sempre lo stesso: fare meno, farlo bene, non prendere scorciatoie», ribadisce Dusart. Anche per questo, quasi tutte le basi sono ad acqua (quindi tecnicamente parliamo di sorbetto), pensate per valorizzare il cioccolato e la frutta secca senza interferenze, e allo stesso tempo rendere il prodotto fruibile anche da chi ha intolleranze o preferenze alimentari diverse. «Mi interessa molto la texture. Ho lavorato perché il gelato fosse cremoso ma non grasso, con una scioglievolezza precisa. Anche la parte esterna dello stecco deve avere uno spessore misurato, né troppo sottile né troppo dura», dice sulla parte tecnica. Il risultato è un gelato che conserva cremosità, consistenza e scioglievolezza, ma con formule pulite, senza nulla di superfluo. «Non voglio mai che in una coppetta, in uno stecco o in un bon bon un gusto sovrasti l’altro – dice -. Cerco l’equilibrio: il mio punto di arrivo è quando tutto è armonico».

Dalla parola “coco” a una boutique a Milano

La prima parola pronunciata da Dusart è stata “coco”: così chiedeva il cioccolato al papà. Un dettaglio che, col senno di poi, ha il sapore di una premonizione. Charlotte Dusart non ha sempre fatto la maître chocolatier: è cresciuta in una famiglia di accademici, ha lavorato come account manager in un’azienda di alcolici. Ma nel tempo libero comprava cioccolato, frequentava laboratori. «A un certo punto ho capito che era quello che volevo fare davvero», racconta. Dai corsi serali all’apprendistato senza scorciatoie. «Il cambio è stato radicale, ma ne è valsa la pena», dice Dusart. Dal primo impiego da Wittamer, storica cioccolateria di Bruxelles, al trasferimento a Milano, nel 2018, con il compagno e la figlia di dieci mesi. Lavora da Cioccolatitaliani, impara l’italiano al banco, affina lo sguardo: «È lì che ho capito cosa che cioccolato piace davvero agli italiani: io non avrei mai fatto i cremini». Ma quelli in vendita in via Eustachi sono buonissimi. E comincia una nuova fase del racconto.

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