Il piccolo ma essenziale segreto del Gumbo, la zuppa simbolo della Louisiana

Il Gumbo è il piatto simbolo della Louisiana, un mosaico di influenze francesi, africane e caraibiche. È una zuppa densa che di norma si serve con un contorno di riso al vapore aggiunto al piatto solo al momento del servizio. Il Gumbo è composto da vari elementi tra cui carne, pesce e verdure, tanti quanti le culture che l’hanno influenzato. A New Orleans non esistono due ricette identiche, ogni famiglia ha la sua versione, ma c’è un ingrediente che non manca mai: il tempo. Il Gumbo, infatti, richiede lentezza.

La ricetta che insegna la pazienza

La storia del Gumbo è legata a filo doppio con quella della Louisiana stessa, terra di mescolanze culturali e gastronomiche. Grazie alle varie culture e cucine prese in prestito dalle popolazioni di passaggio o in schiavitù, la zuppa prevede ingredienti come frutti di mare e crostacei, tra cui crawfish (gamberi di fiume) oppure scampi e granchi del Golfo del Messico; carni bianche come pollo, anatra o fagiano, e andouille, una salsiccia affumicata dalle chiare origini francesi.

Alla base aromatica della zuppa figurano il filé powder, polvere ottenuta dalle foglie essiccate del sassofrasso, che conferisce un sapore profondo, erbaceo e talvolta pepato con un leggero sentore di root beer, e l’okra, pianta di origine africana che serve anche da addensante. Importante elemento che nel Gumbo non può mancare è il roux: farina e olio di semi rimestati a fiamma bassa per 30-40 minuti fino ad assumere il colore e la consistenza del caramello. È un passaggio delicato, che richiede attenzione costante.

«Se il roux brucia, bisogna ricominciare da capo», spiega Haley Bitterman, executive chef del ristorante Brennan’s di New Orleans. È la struttura del piatto: non ammette scorciatoie.

La lentezza è parte integrante del sapore

Dopo un’ora abbondante di cottura del roux, entrano in scena cipolla, sedano e peperone, il soffritto che definisce la cucina cajun e creola. Si aggiungono poi la salsiccia tagliata a rondelle e rosolata, le carni e i pesci cotti separatamente, un pizzico di pepe di Cayenna, e si allunga tutto con brodo di crostacei. A quel punto comincia il vero lavoro del tempo: la zuppa deve sobbollire a fuoco bassissimo per ore, durante le quali i sapori legano e la consistenza diventa vellutata. Con un paio d’ore il risultato è già discreto, ma sono le quattro ore di cottura lenta a trasformare il Gumbo in un piatto complesso e stratificato.

Il tempo che rende superlativo il Gumbo della Louisiana, però, non finisce al momento del servizio. Infatti il piatto migliora anche nei giorni successivi, riposando in frigorifero, guadagnando profondità mentre gli aromi trovano equilibrio. È una caratteristica che lo avvicina a certi stufati europei, che rivelano il meglio solo dopo una notte di riposo. Forse è proprio questo il segreto della sua longevità. In una città che vive di contaminazioni e cambiamenti, il Gumbo continua a insegnare che la fretta non porta gusto.