Tra scaffali gourmet e grigliate estive all’estero, l’halloumi è diventato un piccolo fenomeno. Lo si trova ovunque: nei panini delle catene fast casual, tra i piatti vegetariani dei bistrot nordici, persino nella grande distribuzione. E in Italia? Pochi lo conoscono, ancora meno lo comprano. Eppure, non si tratta di una novità. L’halloumi è un formaggio antico, originario di Cipro e radicato nella tradizione alimentare mediorientale. La sua storia risale almeno al periodo bizantino: prodotto con latte di capra e pecora, è noto per la sua consistenza soda e per una caratteristica poco comune nei formaggi freschi: non fonde in cottura. Questa peculiarità ha determinato il suo successo.
Resta compatto, sviluppa una crosticina dorata, mantiene la sua forma. È perfetto per chi cerca un’opzione proteica senza carne, per le cucine veloci, per piatti che giocano sulla texture: nelle insalate, in panini caldi, con hot honey, o anche servito a cubetti con l’anguria. Nel Regno Unito è diventato un sostituto del bacon nelle colazioni vegetariane. In Germania è tra i formaggi più venduti nella GDO durante l’estate. Nel 2021 ha ottenuto la DOP dall’Unione Europea, riservata al formaggio prodotto interamente a Cipro, secondo un disciplinare che prevede l’uso esclusivo di latte ovino e caprino di razze locali. Ma la produzione è esplosa anche altrove, con versioni similari realizzate nel Regno Unito, in Bulgaria o in Medio Oriente.
Negli Stati Uniti, l’halloumi ha conosciuto un’impennata di popolarità negli ultimi anni, grazie soprattutto all’esposizione sui social. Su TikTok, video che mostrano il formaggio sfrigolare in padella o trasformarsi in bastoncini croccanti hanno raccolto milioni di visualizzazioni. Content creator e food influencer lo propongono in ricette semplici e scenografiche: tacos vegetariani, halloumi “fries”, sandwich o insalate ispirate al Mediterraneo. La consistenza unica e la resa visiva in cottura lo hanno fatto diventare un ingrediente virale. Anche per questo, catene come Trader Joe’s, Whole Foods e Costco lo hanno stabilmente inserito in catalogo, contribuendo a consolidarne la presenza nel mercato statunitense.
A spingere la domanda sono soprattutto i consumatori flexitariani: l’halloumi è visto come un ponte tra gusto e salute, senza rinunciare a una preparazione soddisfacente. A livello nutrizionale, infatti, 100 grammi di prodotto forniscono circa 320 kcal, con un contenuto proteico medio di 20-22 grammi, anche se con una quantità di sale elevata (fino a 2,5 g), dovuta alla conservazione in salamoia.
Ma perché nello Stivale, l’halloumi resta ai margini? Il motivo è molteplice. Da un lato, la cultura gastronomica italiana è fortemente patriottica nei confronti dei propri formaggi. Dall’altro, il prodotto ha un prezzo elevato e una consistenza che può non convincere al primo assaggio: gommosa, elastica, quasi “squillante” al morso. C’è poi la concorrenza di altri formaggi mediterranei già ben radicati.
La feta, ad esempio, è entrata stabilmente nell’immaginario estivo italiano, anche grazie all’influenza della cucina greca e ai suoi usi più familiari in insalate o paste fredde. È vero che l’halloumi compare sporadicamente nei menu di ristoranti specializzati in cucina mediorientale autentica, come Arabesque a Milano o Shawarma Station a Roma, oppure in alcuni locali vegetariani o fusion che attingono a influenze levantine, ma resta assente dalla ristorazione mainstream.
Per ora, resta un caso interessante di successo internazionale che non parla (ancora) italiano.
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