L’Italia è il regno della pasta, sia fresca sia secca, con o senza uova, lunga o corta, ogni formato racconta una storia, una regione, una città. C’è un formato in Emilia-Romagna la cui tradizione e conservazione della cultura storica è molto sentita, parliamo dei maccheroni al pettine.
Si tratta di maccheroncini lavorati artigianalmente, ancora oggi, da sfogline di vari paesi, da Mirandola fino da Pieve di Cento in provincia di Bologna. Tradizionalmente si preparano avvalendosi di un piccolo telaio di legno, o di bambù, e un bastoncino di legno, arnesi usati in passato per tessere la canapa e il lino. Da sempre, infatti, l’Emilia-Romagna è stata terra di coltura della canapa, almeno fino agli anni Cinquanta, e nelle case dei contadini, o di eredi di contadini, non può mancare un piccolo telaio in dotazione. Se non sono presenti in casa, si va a caccia in qualche mercatino dell’usato, questo perché senza telaio non si avranno mai dei maccheroni al pettine perfetti, nonostante il processo di realizzazione sia stato meccanizzato negli anni Sessanta per mano di un mirandolese Mario Ferrari che brevettò una macchina automatica.
Antica lavorazione maccheroni al pettine. Foto @Palio del Pettine
Rispetto ad altri maccheroni, quelli al pettine hanno la caratteristica di essere perfettamente cilindrici, non avere punte, perché in quel caso ci troveremmo di fronte a un altro formato simile chiamato garganello, come riporta il sito ufficiale dei maccheroni al pettine delle valli mirandolesi, La forma perfettamente squadrata è data dalla lavorazione con il bastoncino che arrotola la pasta in maniera non trasversale. Si parte da rettangolini di sfoglia di circa 4-5 cm tirata fina che vengono poi avvolti attorno al bastoncino dal diametro di circa 1 cm, e in seguito passati sul telaio per creare le classiche e note striature esterne. Un vero maccherone delle valli mirandolesi ha i solchi che si distanziano fra loro di 2 millimetri, pesa 8 grammi e per farne un chilo occorrono circa 70 minuti di lavorazione.
I maccheroni al pettine, in genere vengono cotti con una serie di sughi, come il classico ragù alla bolognese, ragù di salsiccia o ragù di galletto, ricetta tipica della bassa modenese. Fra le altre ricette tipiche, c’è quello alla Pievese, tradizionale di Pieve di Cento, dove il ragù è a base di cotechino. L’origine di questo formato di pasta non è del tutto noto, la leggenda più diffusa è quella che vede protagonista una cuoca di una locanda a Mirandola che nel 1742 si vide piombare nella sua osteria il re di Sardegna e il suo alleato Otto Ferdinand von Traun. Si narra che la cuoca dovette organizzare un pranzo con gli ingredienti che aveva: tirò una sfoglia con farina e uova e creò dei maccheroncini. Per renderli più appetibili, li passò sul telaio per la canapa caratterizzandoli con le note rigatura rimaste poi nella storia. Realizzò, come condimento, un gustoso sugo di galletto.
Foto @Palio del Pettine
A Mirandola, in provincia di Modena, da undici anni si tiene il Palio del Pettine, una gara tra frazioni che si contendono il titolo di miglior maccherone al pettine. L’undicesima edizione si è tenuta a maggio durante la Fiera di Mirandola. A partecipare sono le frazioni di Cividale, Gavello, Mortizzuolo, Quarantoli, San Giacomo Roncole e San Martino Spino. Ogni squadra prepara i suoi maccheroni con il sugo che ritengono migliore e il loro piatto viene passato al vaglio di una giuria composta da esperti gastronomici e da una giuria popolare composta dai partecipanti all’evento. A Mirandola la tradizione di questo formato di pasta è molto sentita, tant’è che ha ottenuto la certificazione “Tradizioni e Sapori di Modena” rilasciata dalla Camera di Commercio di Modena, come prodotto tipico denominato, nello specifico, maccheroncino al pettine delle valli mirandolesi. Ci sono, poi, una serie di sagre ed eventi che celebrano il maccheroncino al pettine, come quella di Pieve di Cento, in provincia di Bologna, che si è tenuta tra fine giugno e inizi di luglio.
Foto di apertura @Palio del Pettine
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